Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Dopo mesi di riservatezza assoluta (e vi assicuro che mantenere un segreto del genere l'è dura) è finalmente in tutte le librerie il libro inchiesta sulla "madre di tutte le stragi", ovvero la strage del 12 dicembre 1969 che uccise 17 persone e che ne portò altre due come quella dell'anarchico Pinelli e del commissario Calabresi. Settecento pagine di inchiesta, una enormità, soprattutto se si pensa che 300 pagine infarcite di virgolettati presi dai libri sono le inchieste alle quali siamo abituati. Un'opera colossale, da studiare con attenzione ed umiltà uscita dal genio di Paolo Cucchiarelli. Un lavoro da affrontare con grande umiltà perchè non deve essere preso come l'ennesima tesi di comodo (o accomodante) ma come il risultato di uno studio lungo e di un lavoro sul campo, analizzando i dati ed i fatti ed ascoltando tanti protagonisti ed osservatori privilegiati. Tante novità, come quella ripresa da tutte le agenzie che riguarda la presenza di due bombe, una di matrice anarchica (ad effetto dimostrativo) ed una fascista (Ordine Nuovo, per uccidere). Io non ho ancora letto il libro ma le anticipazioni accennatemi da Cucchiarelli lasciano immaginare uno scenario davvero devastante per le conoscenze acquisite in 40 anni di depistaggi. Cucchiarelli dimostra come il principale obiettivo politico di tutta l’operazione fosse Aldo Moro, che, nel novembre del 1968, aveva varato la “strategia dell’attenzione” nei confronti del Pci. Con le loro bombe i neofascisti tentarono di far ricadere tutta la colpa della strage sugli anarchici e sull’editore di sinistra Giangiacomo Feltrinelli. Ecco perché, da molti mesi, nelle presentazioni del mio libro sto proponendo una proporzione suggeritami da Cucchiarelli e che, a prima vista, poteva sembrare azzardata e illogica: "piazza Fontana sta a Moro come via Fani sta a Moro". Insomma, di materiale nuovo e di grande qualità ne abbiamo abbastanza e abbiamo tutto il tempo per studiarlo e fare le nostre analisi. Vorrei che tutti ci prendessimo un impegno. Studiare con attenzione i contenuti e poi parlarne, rifletterci su, condividere o confrontarci sulle differenze. Una sola preghiera: leggiamo il libro, prima di tutto.
Non è neanche un giorno che si parla dell'inchiesta di Paolo Cucchiarelli su piazza Fontana che già si sono scatenati " i dilettanti allo sbaraglio", cioè quella categoria di persone che, dall'alto della loro saccenza, pensano di poter irridere un lavoro di 10 anni, solo perchè da un articolo su un quotidiano, hanno capito tutto. Non so chi sia materialmente l'estensore del post tratto dal blog BlitzQuotidiano che pubblico qui sotto, ma di chiunque si tratti devo dire che lo prenderò ad esempio sul come non fare giornalismo e sul come non trattare un argomento come lo stragismo e tutti i morti che si è portato dietro. Dunque, a questo link, trovate la seguente "perla".
Terrorismo/ Chi mise la bomba a Piazza Fontana? Risposta del “Corriere”: fascisti e anarchici, le bombe erano due. E il dramma diventa commedia |
Chi mise la bomba nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura il 12 dicembre del 1969? Chi uccise e ferì, chi organizzò la strage? I fascisti o gli anarchici, la destra o la sinistra eversiva? Da 40 anni si rincorrono opinioni, ricostruzioni, processi. Ora un’inchiesta del Corriere della Sera risolve salomonicamente la questione e applica la “par condicio” della bomba. Insomma, chi la mise? Elementare Watson, la misero tutti perchè le bombe erano due, una fascista e una anarchica. La prima fece scoppiare la seconda. Come e perchè le due bombe si sono date appuntamento lo stesso giorno nella stessa banca non risulta chiarissimo. Chiarissimo è invece che con la trovata delle due bombe due la storia diventa finalmente revisionata ed equanime: una bomba per uno non fa male a nessuno. Una pagina intera di giornale per sostenere tutti colpevoli: Freda e Ventura ma anche Valpreda e Pinelli. Una pagina intera per raccontare un dramma italiano come fosse una commedia, una commedia all’italiana. Se non ci fossero quei poveri morti di mezzo, lo sceneggiatore del nuovo copione potrebbe essere la premiata coppia dei fratelli Vanzina. |
Possiamo dire che è un "pezzo da manuale"? La paternità dell'inchiesta viene attribuita al "Corriere della Sera", la tesi delle due bombe è definita "salomonica", quindi nata con l'obiettivo di posizionarsi come giusta ed imparziale, poco chiaro risulterebbe come le due bombe sarebbero arrivate nella stessa banca. Alla certezza che l'autore del post non ha letto il libro, si aggiunge il sospetto (neanche troppo infondato) che non abbia neanche letto l'articolo del Corriere. La cosa più sconvolgente è l'idea che questa persona si è fatta di inchiesta giornalistica. Che sarebbe possibile, cioè, sintetizzare un'inchiesta come quella per una strage che fa 17 morti, in una pagina di quotidiano (anzi, per l''autore una pagina intera sembrerebbe anche troppa per le tesi riportate...). Neanche il Commissario Basettoni riuscirebbe a condensare un'inchiesta sul colpo grosso a Topolinia in una sola puntata di Topolino. Ma secondo l'autore del post (del quale mi piacerebbe davvero conoscere il nome) il Corriere sarebbe riuscito ad arrivare alla verità in un'inchiesta dove si sono arenati 11 processi, e riassumere i risultati in una sola pagina. Forse è vero che "una bomba per uno non fa male a nessuno". Ma articoli come questo fanno male alla storia ed al giornalismo. Un'aggiunta del 29 maggio, per la cronaca. Dopo il mio post di ieri, gli autori dell'articolo in questione hanno modificato il testo rettificando sia la fonte che ha prodotto l'inchiesta sia aggiungendo delle formattazioni al testo.
Mi auguro che la rettifica più importante, e cioè dell'attribuzione dell'inchiesta a Paolo Cucchiarelli, sia dovuta ad una rilettura più attente dell'articolo del Corriere e che questo possa suggerire maggiore attenzione le prossime volte nel riportare le notizie...
Si è parlato di riconciliazione, nelle settimane scorse. Si è invitato chi poteva parlare a dire quello che sapeva. Si è sollecitato chiunque, nel nome della riappacificazione storica, a contribuire affinchè la verità sulle principali tragedie italiane prevaricasse i piccoli interessi di bottega. Il 27 maggio (l’altro ieri) viene annunciato il primo libro della collana inchieste di Ponte alle Grazie, un lavoro immane sulla strage di piazza Fontana, la madre di tutte le stragi. Paolo Cucchiarelli era consapevole, prima dell’uscita del libro, che la sua tesi potesse risultare scomoda sia a destra che a sinistra. Ma i dati oggettivi della sua inchiesta hanno portato all’ipotesi delle due bombe. E lui ha avuto il coraggio di metterla sul tavolo per discutere, sperando che dagli “elementi dissonanti” della sua inchiesta qualcosa o qualcuno potesse inserire i tasselli mancanti (prevalentemente nomi e cognomi) che non spetta di certo ad un giornalista fare. E invece niente. Neanche la soddisfazione del preannuncio di una querela o un articolo in prima pagina che smonta ad una ad una le analisi di Cucchiarelli. Tempi duri, questi, per un giornalista d’inchiesta. Poche testate hanno riportato la notizia, qualcuna con una forma di diffidenza “a prescindere”. Pochi blog hanno dato risalto all’ipotesi, fosse pure per affossarla. Mi viene in mente il clamore che fece, a settembre, l’uscita della riedizione del libro dell’infame, che nulla conteneva di nuovo se non la notizia che Peci s’era beccato un tumore che diceva di aver sconfitto (la parola sconfitta, però, è da utilizzare con cautela in certe patologie). Paroloni, recensioni, urla. E, soprattutto, la presunzione di invitare tutti gli ex brigatisti a raccontare la verità, come aveva fatto Peci. L’ex, malaticcio, pentito da prendere ad esempio. Salvo il fatto che nel suo libro Peci non dicesse nulla di nuovo rispetto a quanto già non si sapesse e che dopo trent’anni le indicibili verità non possono ancora essere rivelate. Quando uno, invece, cerca seriamente di portare un contributo alla verità (magari migliorabile, per carità) cosa accade? Che piuttosto di scegliere il confronto si opta per la più comoda strada della non curanza. Non mi si venga a dire che in questo Paese c’è la volontà di riappacificazione, di voler voltare pagina. Io credo che ci sia una precisa strategia: quella di saltare le pagine che non fa piacere leggere e rileggere la storia sulla base di come si vorrebbe che queste fossero scritte. E’ destabilizzante, per il nostro Paese, che qualcuno dica che quelle pagine sono state scritte e sarebbe il caso che ci si prendesse la briga di leggerle. Sono passati 40 anni, sarebbe il caso, come dice Cucchiarelli, che la prassi della politica riprendesse ad essere fondata sul rispetto della verità. Alcuni link interessanti di approfondimento: Interviste dopo la conferenza stampa del 28 maggio 2009 a Milano Intervista di Alessandro Forlani per "Pagine in frequenza"Piazza Fontana: la giustizia alza bandiera biancaLa strage dai capelli bianchi 30 Giugno 2001: Tre ergastoli per Piazza Fontana Piazza Fontana 30 anni dopo
E' passato una anno da quel 30 maggio in cui Grazia Di Donna, giornalista dell' ADNKronos è stata stroncata da un infarto a soli 49 anni. Persona speciale, davvero, per chi ha avuto il privilegio di conoscerla. Persona disponibile con tutti, al contrario di altri suoi colleghi che pur ricoprendo incarichi molto meno prestigiosi sono molto bravi nello sport nazionale del "chi se la tira di più". Ma quando telefonai alla redazione dell'ADNKronos, nella quale lei lavorava dal 1980 e dove ricopriva l'importante ruolo di caposervizio della redazione Interni, mi fu passata senza problemi e fu pronta ad ascoltarmi. Poi lesse il mio libro, appena uscito (era il 2007), le piacque, discutemmo di molti aspetti, ci confrontammo ed ebbi la sensazione che mi stesse mettendo al suo stesso livello. Lei, che di esperienza ne aveva davvero ed io, che ero l'ultimo arrivato e lo sono tutt'ora. Grazia e' stata per anni la cronista di punta dell'agenzia, seguendo i principali avvenimenti di cronaca giudiziaria e le maggiori inchieste sul terrorismo, (l'attentato al Papa, le Brigate Rosse, la strage di Ustica, Gladio, l'affaire Mitrokhin, l'inchiesta su Telekom Serbia, per citare solo le vicende più note al grande pubblico. C'eravamo sentiti pochi giorni prima, con Grazia, perchè stavamo valutando assieme alcune analisi. Poi i miei impegni lavorativi mi avevano costretto a rimandare alcuni propositi e quando nel novembre scorso decisi di ricontattarla, prima di chiamarla telefonicamente mi feci un giro online per vedere se aveva scritto qualcosa di nuovo che mi era sfuggito. Fu così che appresi la notizia e, ricordo, il mio pomeriggio lavortivo finì li. Il resto fu un girovagare di pensieri, ricordi (piccoli) e immagini. Il giorno dopo chiamai un amico comune per chiedere conferma e per sapere qualcosa di più. Non mi aveva avvisato perchè la cosa lo sconvolse molto a livello umano, era persona di cui si fidava e, mi disse "ora mi sento molto più solo". Fu allora che realizzai davvero cosa avevamo perso. E spero che da lassù possa provare un po' di quella felicità che per tutta la sua vita ha regalato alle persone che hanno avuto il dono della sua compagnia.
Ieri sera si è chiusa la rassegna " Riparliamo degli anni 70" con un appuntamento che ha incollato alle sedie gli intervenuti per oltre due ore e mezzo. Massimo Veneziani ci ha parlato di come è nato il libro, di come si è evoluto e anche alcuni retroscena legati alle critiche che il testo ha sollevato nella critica. Nicola Biondo non è riuscito a raggiungerci per impegni sopraggiunti e per il complicato spostamento Sicilia-Puglia che di certo non consente dei viaggi lampo. Al telefono abbiamo avuto il piacere di ascoltare tanti interessanti contributi. Aldo Giannuli ci ha raccontato della difficoltà di ricercare e muoversi tra i documenti Rita Di Giovacchino ha spiegato ci ha chiarito il ruolo che la Banda della Magliana ha giocato nella Roma degli anni '70. Stefania Limiti, infine, ha esposto con chiarezza la logica che ha contraddistinto una struttura clandestina dello Stato chiamata Anello con il compito di riferire esclusivamente al Presidente del Consiglio. A tutti e tre il mio infinito ringraziamento, anche per aver sottratto loro preziosi minuti di un sabato semi-estivo. Le mie scuse, invece, all'Avvocato Licia D'Amico che avrebbe dovuto sostituire l'intervento telefonico di Rosita Pecorelli che, purtroppo, ha dovuto rinunciare per un forte mal di gola. L'Avv. D'Amico ci avrebbe parlato della figura di Mino Pecorelli e della capacità del giornalista di acquisire informazioni a tutti i livelli caratteristica, questa, che probabilmente ne determinò l'uccisione. L'ultimo ringraziamento va a Brundisium.net e all'infaticabile Valerio Gatti (editore) che si è impegnato nella condivisione dell'iniziativa ed alla sua diffusione. Ad Oreste Pinto ed Angela Gatti, sempre dello staff di Brundisium.net. Ed al pubblico, che ha gradito gli argomenti ed i contenuti, ed ha seguito con grande interesse e partecipazione le serate. Un ciclo si è chiuso, ma non è che l'inizio. In autunno ne vedremo delle belle.
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