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Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato

George Orwell
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Quinto appuntamento con la rassegna "Riparliamo degli anni '70" dedicato al bel libro di Gabriele Paradisi "Periodista, di la verdad!".

Partendo da un blog nel lontano 2005, Paradisi ha realizzato un lavoro di analisi dell'informazione relativamente alla vicenda di Litvinenko, la cui morte a causa dell'avvelenamento da Polonio, ha rappresentato l'opportunità per i mezzi di informazione per "colpire" i lavori della Commissione d'Inchiesta sull'archivio Mitrokhin e sul suo presidente Paolo Guzzanti.

Una serata molto intensa, che dopo un'attenta lettura dei fatti narrati nel testo, si è arricchita con molti interventi del pubblico, alcuni anche molto critici nei confronti dell'autore e della reale esistenza di una campagna "non basata sui fatti" di denigrazione della validità dell'operato della Mitrokhin.

Paradisi ha condiviso con i presenti molte riflessioni e tutti noi abbiamo avuto la possibilità di conoscere il metodo che lo ha portato a vedere quelle piccole crepe nell'informazione che, se si ha il coraggio di scrutare da vicino, sono in grado di allargarsi e rivelare veri e propri misfatti accuratamente cammuffati e fatti passare come fatti indiscutibili.

Credo che tutti abbiano apprezzato i contenuti profondi e piacevoli se l'incontro è durato oltre due ore e mezza. Purtroppo, l'ultima mezz'ora il mio MP3  ha deciso che lo spazio su disco era terminato. Ma le oltre due ore "on the air" potete "gustarle" come i prodotti brindisini che al termine di queste serate abbiamo avuto il piacere di condividere con i nostri ospiti.


Per scaricare il file MP3, qui
















































































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Di Manlio  11/05/2009, in Eventi (1933 letture)
Quarto appuntamento con la rassegna "Riparliamo degli anni '70" dedicato al caso Moro. Il pretesto è stato quello di parlare di Vuoto a perdere nell'anniversario della morte dello statista democristiano e della seconda giornata dedicata alle vittime del terrorismo.

In realtà è stata l'occasione per ascoltare due punti di vista diversi: quelli di Marco Cazora (figlio dell'On. democristiano Benito) e di Alessandro Forlani (giornalista RAI che per il GRParlamento ha curato molte interviste sia in occasione del 25° che del 30° anniversario della vicenda Moro.

Di fronte ad una platea molto attenta, come già è stato per le precedenti occasioni, il collegamento audio con Roma è stato il centro della serata. Cazora ci ha parlato delle informazioni raccolte dal padre ed offerte agli inquirenti e al ministro dell'Interno Cossiga, informazioni precise e inedite che però furono sottovalutate e messe da parte. Non sapremo mai se per superficialità o dolo. Forlani, invece, ci ha fornito un importante quadro cronicistico per approcciarsi alla vicenda e per lavorare sui fatti e sulle ipotesi.

Insomma, una serata diversa, nella quale non si è parlato di misteri e di aspetti "tecnici" ma si è cercato di fornire dei punti di vista più complessivi che riguardano le trattative e le difficoltà per la ricerca di quei pezzi di verità cui tutti chiedono ma per i quali in molti non muovono un dito pur potendo...

Spero che la scelta di non parlare del libro (se non nei brevi momenti di "caduta della linea per problemi tecnici")  e di non allinearsi al coro dei misteri o presunti tali sia stata apprezzata dai presenti e da coloro che ascolteranno il tutto online.

Colgo l'occasione per ringraziare molto l'amico Pino De Luca che sta rendendo queste serate più interessanti grazie al suo punto di vista ed alle sue graffianti osservazioni. Non è l'età, caro Pino, che ci rende differenti (come tu dici nel tuo blog) nei punti di vista e nelle "etichette". Credo che la cosa sia molto più complicata e spero di poterne parlare con te molto presto. Se poi in presenza anche di altri nostri amici, ancora meglio. Comunque grazie, e anche se ti definisci rompic*****ni ti assicuro che la tua presenza è quella necessaria dose di additivo per rendere tutto più stimolante.












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Per scaricare il file MP3, qui

Per chi volesse approfondire la vicenda politica e professionale di Benito Cazora, può ascoltare la trasmissione Pagine in frequenza di Alessandro Forlani (qui) del 18 aprile 2008
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Nel gennaio del 2007 andai ad assistere ad una presentazione che Renato Curcio tenne nell’Università di Lecce del suo libro sulle carceri speciali. C’era una folla inaspettata, le TV di mezzo mondo (persino Sky) e fummo testimoni anche di un tentativo di aggressione di un gruppo di contestatori che iniziò ad urlare davanti alla porta dell’aula ove si teneva il dibattito ma fu, fortunatamente, subito allontanato da poliziotti in borghese.

In questi giorni Curcio è tornato a Lecce per partecipare ad un’iniziativa di studi in commemorazione di George Lapassade, scomparso la scorsa estate, figura che ha ispirato non poco gli studi dello stesso Curcio e di un gruppo di studiosi di tutta Europa. Non potendo andare a Lecce, ho assistito al pomeriggio di studi tenutosi a Brindisi presso la sede Universitaria all’interno del vecchio ospedale “Di Summa”.

Iniziativa destinata agli studenti, ma di studenti ce n’erano pochi. Destinata ai nostalgici, ma non ve n’era traccia. Allora penso: “adesso arriveranno i contestatori!”. Macchè, neanche quelli. Tempi davvero magri

Questa volta tutto è filato liscio. O quasi.

A protestare per la presenza del fondatore delle BR è stato Saverio Congedo, consigliere regionale del PDL e che ha sottolineato tre aspetti:
  1. l’Università del Salento invita il fondatore delle BR, mai pentito
  2. lo fa in prossimità del 9 maggio, ricorrenza dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle BR
  3. secondo Congedo, resterebbero «un mistero i meriti accademici e le qualità culturali di Renato Curcio, che evidentemente merita tanto onore proprio per le prodezze che lo hanno reso noto alle cronache»


La prima osservazione è stata smentita dal Rettore La Forgia che attribuirebbe l’ideazione e l’organizzazione dell’evento al Prof. Fumarola (interessante il fatto che un prof. potrebbe organizzare in Università un evento al netto dei pareri dei consigli di Facoltà).
La seconda osservazione rappresenta già una variante. La prossimità con la data del 9 maggio e la conseguente non opportunità per uno come Curcio di apparire in pubblico.
Quindi suggerirei a Curcio di iniziare a pensare di fare un po’ di ferie arretrate e di concentrarle nel periodo 13 marzo-13 maggio onde evitare imbarazzanti sovrapposizioni con i 55 giorni più tragici della Repubblica.


Il prof. Piero Fumarola

Per la terza osservazione, però, direi che Congedo ha mostrato non poca ignoranza (nel senso di ignorare i fatti essenziali per avvalorare la propria dichiarazione).

Sospettare che i meriti di studio di Renato Curcio e Nicola Valentino siano un “risarcimento” per le prodezze che li hanno visti protagonisti vuol dire, essenzialmente, due cose: 1) che quello Stato (e io mi chiedo, perché non anche questo) ha foraggiato i crimini delle BR e dopo aver concordato delle pene poco congrue adesso restituisce delle indennità in cambio della fedeltà dei brigatisti 2) far finta di non sapere che Curcio è, sostanzialmente, un laureato in sociologia (ha rifiutato la tesi al contrario della moglie Mara Cagol che dopo la laurea salutò la commissione a pugno chiuso) e che ha compiuto studi commissionati da grosse aziende, che sono diventati libri riconosciuti all’interno delle facoltà universitarie.

Chi vuole può riascoltare l’intervento di Curcio e Valentino (la qualità è quella che è perché preso da un MP3 non professionale). Magari confermerà le accuse di Congedo, o magari si ravvederà. Non è un mio problema.
Io, da cittadino, osservo e pongo all’attenzione di altri cittadini come sia ancora, e sempre più possibile, utilizzare la storia comune degli anni ’70 (perché non dimentichiamoci che c’era anche una destra fascista e stragista) per strumentalizzare le divisioni di oggi.

Un'ultima cosa. Ho approfittato per chiedere a Curcio di raccontarmi l'episodio della sua "richiesta" di pensione. E lui mi ha risposto, lapidariamente: "Assolutamente falsa. Pura invenzione". Beh, a questo punto mi piacerebbe sentire cosa ne pensi il giornalista che l'ha raccolta. Magari potrebbe farci riascoltare la registrazione del suo MP3. Sempre se non l'ha inavvertitamente cancellata o se le batterie non si erano appena esaurite...



 















Renato Curcio e Nicola Valentino



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Di Manlio  02/05/2009, in Attualità (1551 letture)
Mario Sossi è uno dei casi in cui la celebrità arriva certamente più per merito di una disavventura personale che per i suoi trascorsi professionali. Chi tra i meno giovani non ricorda il suo rapimento da parte di un gruppo rivoluzionario denominato Brigate Rosse che ancora in tanti definivano sedicenti? E chi, tra quelli che hanno frequentato le posizioni più estremiste, non ricorda lo slogan “Sossi fascista sei il primo della lista”?

Tutte cose che a distanza di 35 anni dovrebbero far sorridere.
E, invece, l’irriducibile Sossi prima dichiara che non ha la minima intenzione di conoscere e stringere la mano al suo carceriere Franceschini, poi si candida con il movimento di Alessandra Mussolini. Ma non si ritiene soddisfatto perché ritiene che la deriva a sinistra del Pdl sia sotto gli occhi di tutti, e che Forza Nuova sia l’unica soluzione per tenere fede ai valori della vera destra.

Forza Nuova. Già. Formazione di estrema destra fondata nel 1997 da Roberto Fiore, personaggio che negli stessi anni in cui Franceschini rapiva e “processava” Sossi da sinistra, era tra i fondatori di Terza Posizione che agiva in opposizione (da destra) al MSI, la cui politica era ritenuta reazionaria.
Un’organizzazione speculare alle BR che contrastavano da sinistra il PCI in quanto portatore di una politica troppo prudente giudicata riformista.

Le notizie sono due. Una nuova ed una vecchia.
Quella nuova è che la prima parte dello slogan degli extraparlamentari non doveva essere tanto azzardata e che Sossi a forza di spostarsi a destra rischia di risbucare a sinistra (per la teoria sulla circolarità della politica).
Quella vecchia è che di questi tempi in cui in molti passano il tempo a contare le apparizioni in pubblico degli ex brigatisti, deve essere sfuggito il passato del fondatore di un partito che concorrerà alle elezioni europee e che nel 2008 era addirittura candidato alla Presidenza del Consiglio.
Trattasi di persona condannata per banda armata in primo grado a 5 anni e in secondo a 3 e mezzo. Che ha trascorso un lungo periodo di latitanza all’estero e che infine non è andato in carcere perché è arrivata la prescrizione. Che dichiara di essere stato “attivo in senso radicale” nella destra e che “c’era anche la spinta romantica di una gioventù alla ricerca di una verità”. In definitiva, secondo Fiore “non si può criminalizzare quel periodo”. Intervista sul Corriere della Sera

E, infatti, non sono i periodi ad essere criminalizzati ma, come dice lo stesso termine, i criminali, cioè chi commette dei reati. E la banda armata è un reato. Lo stesso reato che oggi rende complicato ad uno come Renato Curcio persino scrivere un libro. Figuriamoci se volesse presentarsi alle elezioni…

Che fine hanno fatto le associazioni delle vittime del terrorismo? E’ questo uno dei modi per ricordarne la memoria ed il sacrificio?

Qualcuno mi ha fatto notare che, intanto, andrebbe aggiornato lo slogan: “Sossi fascista, sei il secondo della lista”
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Di Manlio  01/05/2009, in Eventi (1877 letture)
Terzo appuntamento con la rassegna "Riparliamo degli anni '70".

Un nome, una garanzia: Giuseppe Ferrara, un sovversivo rompiballe per un potere che non vuol parlare dei suoi problemi (mafia, P2, storia irrisolta, affari loschi) ma preferisce farci credere che il grande dramma italiano siano gli extracomunitari (basta guardarli per essere derubati o stuprati) o il pericolo islamico.

Se Ferrara è sempre stato un sovversivo, la cosa ridicola (o tragica) è che lo è stato sia per i governi degli anni '70, sia per quelli degli anni '80-90, sia per quelli odierni, tanto da non far uscire un film come "Guido che sfidò le Brigate Rosse" forse perché, come dice Ferrara, "lo Stato sta dalla parte delle Brigate Rosse". Questo mi suona più strano e quasi quasi mi fa pensare che alla fine "la marca" può anche cambiare ma lo stabilimento di produzione è sempre lo stesso. Scusatemi il paragone markettaro (nel senso di persona di marketing...)

Ferrara ci ha fatto vedere l'ultima mezz'ora del film e l'atmosfera in sala è stata toccante. Un anziano spettatore (e per questo più saggio di noi) che è giunto a Brindisi da Matera (wow) non ha trattenuto le lacrime nonostante pensava dopo tanti anni  di poter guardare gli avvenimenti con maggiore freddezza.

Il dibattito è stato meno lungo del solito, anche perché il film è stato eloquente, ha dato molte risposte e il pubblico ha voluto approfondire le vicende artistiche di un Maestro come Ferrara. Peccato per la defezione all'ultimo momento di Leo Caroli, la sua presenza avrebbe portato un contributo diretto per capire meglio anche come il sindacato ha affrontato in questi anni la vicenda e come si pone di fronte ai nuovi simpatizzanti dei brigatisti di trent'anni fa (definirli eredi mi sembra davvero azzardato).

Ferrara ci ha parlato di un suo nuovo lavoro che definisce il "Gomorrino", perché parlerà di  camorra. E ne parlerà a modo suo come ha già fatto per la mafia in "Giovanni Falcone" e "Cento giorni a Palermo". Il film ha un solo problema. I finanziamenti. Certo per chi può contare sui contatti giusti, è facile trovare i soldi per realizzare un mediocre film su cose note e stranote (basta leggere i libri e le interviste dei protagonisti che quelle stesse persone che prendono i soldi per fare il film vorrebbero far zittire). Per uno come Ferrara, però, le cose sono diverse perché quando si è contro, si è contro.

Io sono pronto a scommettere che i soldi per il suo progetto sulla camorra non li troverà mai. E se li troverà succederà come per il film su Guido Rossa. Dovrà organizzarsi un suo giro di proiezioni, contanto su tanti (per fortuna) amici disposti a veicolare il suo verbo.

Anche questo è il nostro strano Paese.
































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