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Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato

George Orwell
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Di Manlio  10/07/2008, in Attualità (1899 letture)
Al traguardo degli 80 anni, il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga, che i più ricorderanno per la brillante gestione del Ministero dell’Interno all’epoca del caso Moro, è diventato un loquace interlocutore del giornalista Aldo Cazzullo al quale nel giro di poco più di sei mesi ha concesso ben due interviste incentrate sul periodo più buio della nostra storia contemporanea: i cosiddetti anni di piombo.
Nella prima intervista si ricordano “i mille comunisti che conoscevano la prigione di Aldo Moro”, la convinzione che “il falso comunicato del Lago della Duchessa fu una mossa per salvare Moro”, e che “Igor Markevic, il musicista, ospitò probabilmente nella sua casa di Firenze la riunione in cui fu decisa la morte di Moro”. E questo solo per citare le principali esternazioni dell’ex ‘picconatore’.



In questa nuova intervista, invece, al caso Moro è dedicata solo una riflessione con la quale, in maniera netta e per l’ennesima volta, Cossiga non smentisce le dichiarazioni di Steve Pieczenik (senza tuttavia confermarle esplicitamente).
Ma l’Emerito si spinge a riflessioni importanti anche su altre vicende. Tangentopoli che sarebbe stata innescata con la complicità di USA e Cia. A dire il vero un’analisi molto seria che attribuirebbe agli americani l’innesco dello scandalo per favorire il ricambio di una classe politica che ormai si reggeva sul sistema del finanziamento ai partiti, non più utile all’alleato in un’ottica post caduta del ‘Muro’ l’avevo già letta e, pertanto, non parrebbe neanche una novità assoluta.

La strage di Bologna attribuita ad un errore dei palestinesi ma escludendo il ruolo degli americani ipotizzatoinvece da Carlos in una recente intervista all’ANSA . La stima per D’Alema e l’inconsistenza di Veltroni, per concludere ai figli attivi in politica, uno di sinistra e l’altro di destra al quale si dichiara più vicino.

Mi sorge una domanda, anzi due.
Perché Cossiga sta togliendo dal cellophane, in diversi momenti, piccoli pezzi di antiquariato senza far capire esplicitamente se si tratta di un originale Luigi XVI o più modestamente di una vecchia sedia in legno massiccio come tante ancora si trovano nella casa della vecchia nonna?
L’Emerito sta mandando piccoli messaggi per far intendere ai destinatari che tra un po’ saranno travolti dai loro stessi segreti e lui potrà fregiarsi della classica “io l’avevo già detto”? Oppure, al contrario, sta contribuendo a “mischiare sempre lo vero con lo falso acciocchè nessuno sappia più quale è lo vero e quale è lo falso”?

Non ci resta che aspettare la prossima puntata. Sperando di non dover attendere altri sei mesi…
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Di Manlio  14/07/2008, in Interviste (4372 letture)
Nicola Biondo e Massimo Veneziani hanno, probabilmente, aperto una vera e propria voragine all'interno dei "meccanismi operativi occulti" che hanno caratterizzato il "Palazzo" durante i 55 giorni del rapimento di Aldo Moro. Scrivendo un libro sulla figura di Tony Chichiarelli che ha, tra gli altri, due grandissimi pregi:
- l'aver scavato attorno ad una figura volutamente sino a questo momento trascurata
- l'aver messo insieme una ricostruzione della sua vita che dimostra che il falsario non ha solo prestato la sua manovalanza agli apparati dello Stato, ma in più di un'occasione, ha intersecato attivamente non solo il caso Moro ma anche altri delitti politici avvenuti nel nostro Paese.

Un atto di coraggio, quello di Biondo e Veneziani. Una vera e propria iniziativa politicamente "scorretta", che va al di fuori delle righe proprio perché oltre le cose già scritte spesso si celano molte risposte o, più semplicemente, la possibilità di porsi le stesse domande sotto un altro punto di vista.
Il falsario di Stato (edizioni Cooperfiles) è un libro da "gustare". Perché si legge tutto d'un fiato, perché non è un romanzo ma un tentativo, riuscitissimo, di raccontare una storia vera, partendo dalle fonti, ma senza le pretese di dover dimostrare qualcosa. Semplicemente, mostrare.
In questa intervista, alla quale gli autori hanno risposto congiuntamente, ho cercato di approfondire i "dietro le quinte" e di offrire al lettore uno strumento in più per conoscere meglio la storia di un falso delinquente.

Ultimo dettaglio non da poco, il libro è in corsa per il premio Scerbanenco per il miglior noir edito. Credo sia importante per tutti coloro che si occupano di queste vicende che un lavoro di questo tipo possa ricevere un premio che merita e possa portare attenzione su una figura come quella di Tony Chicchiarelli sulla quale ci sarebbe ancora molto da scoprire... Per chi lodesidera, questo è il link dove votare
http://www.noirfest.com/cerba.asp

1) In tanti anni nessuno è andato a fondo nella conoscenza del “personaggio” Chichiarelli. Semplice sbadataggine o volontà di non approfondire una storia “scomoda”?
"Il falsario di stato" è la prima biografia su Tony Chichiarelli. Altri studiosi si sono interessati a questo incredibile personaggio, finanche Giancarlo De Cataldo nel suo Romanzo Criminale ne individua il ruolo di frontiera a metà tra apparati dello Stato, Br e banda della Magliana. Noi abbiamo acceso un riflettore su Chichiarelli perché siamo convinti che la sua storia andava raccontata: perché interseca alcuni tra i più gravi delitti politici del nostro paese e poi perché la vita e la morte di Chichiarelli sono in un certo modo indicative della commistione tra mondo legale e illegale. E’ un perfetto personaggio da romanzo criminale, un eccezionale e dimenticato protagonista del nostro far west contemporaneo. Tony è un ragazzo sveglio, ambizioso e generoso che nasconde nello stesso tempo una personalità contorta e una mente votata al crimine: dalla seconda metà degli anni ’70 si lega ad alcuni personaggi che daranno vita alla banda della Magliana, come Danilo Abbruciati, ad estremisti di destra a confidenti dei servizi segreti e lui stesso inizia a definirsi un fiancheggiatore delle Brigate Rosse. Certo, ci sono degli esempi negativi: quelli di alcuni “studiosi” che affrontando il caso Moro e più in generale gli anni di piombo hanno appena sfiorato il personaggio Chichiarelli, evitando attentamente di parlarne. Queste amnesie non ci meravigliano provenendo da personaggi che nella loro ricerca si pongono un obiettivo a prescindere, quello di dimostrare che tutto è chiaro nella storia italiana e ciò che non lo è semplicemente lo ignorano, lo fanno scomparire. Il Falsario di Stato è la storia di uomini piccoli piccoli i cui nomi non compariranno mai nei manuali dei Licei e delle Università. Ed è un peccato, perché senza di loro, senza i loro gesti, molto della storia ufficiale, perde il suo senso profondo: diventa incompleta, ripulita e parziale..

2) Appare chiaro, dal vostro libro, che Chichiarelli disponesse di complicità “molto in alto” e che potesse permettersi, nelle sue azioni, un atteggiamento molto spregiudicato e che, per contro, non ritenesse di dover correre rischi particolari. Come mai?
Chichiarelli è insieme un bandito e un soldato. Un bandito che vive nel sottobosco criminale romano e un soldato che lo Stato usa per alcuni lavori sporchi. Sapeva di correre dei rischi altissimi e nello stesso tempo che in virtù dei suoi incarichi riservati era un intoccabile. Chi lo ha protetto possiamo solo provare ad immaginarlo. Noi abbiamo invece individuato i nomi di alcuni esponenti delle forze dell’ordine che, pur avendo elementi schiaccianti sulla sua condotta criminale, non lo hanno mai fermato. Documenti importanti sulla carriera criminale di Chichiarelli sono scomparsi. La stessa indagine sulla sua morte è stata archiviata: il giudice che ha indagato ha scritto “le zone d’ombra sono rimaste”.

3) Contatti con la Banda della Magliana, con i servizi, con informatori dei servizi, ed anche con personaggi coinvolti nel Golpe Borghese. Autore di due comunicati (il falso n. 7 ed il falso n. 10), si autodefinisce simpatizzante delle stesse Br. E forse entra addirittura in contatto con il memoriale. Potrebbe lo stesso Chichiarelli aver avuto un ruolo “cerniera” nella vicenda Moro?
Che abbia avuto un ruolo non c’è alcun dubbio. E non solo quello di abile falsario: Chichiarelli è un uomo d’azione che compra e vende armi, che frequenta ambienti dell’estrema sinistra romana, il bacino di reclutamento delle Br, e nello stesso tempo è in ottimi rapporti personali con uno dei capi della Magliana, quello che più di altri boss ha avuto un ruolo in molte faccende “politiche”, Danilo Abbruciati. E’ possibile solo coltivare l’ipotesi che Chichiarelli avesse rapporti diretti con alcuni brigatisti. Rimane il fatto che, secondo alcune nostre fonti nell’entourage del falsario, questi abbia avuto effettivamente contatti con le Br.

4) Nel 2004 Andreotti ha dichiarato che, durante la trattativa Vaticano-Br, il contatto delle Br cercò di accreditarsi preannunciando la pubblicazione del falso comunicato della Duchessa. E' possibile che Chichiarelli abbia giocato un ruolo anche in questa partita? Se sì, per conto di chi e con quale fine?
L’idea di legare il falso comunicato alla disponibilità della Santa Sede al pagamento di un riscatto in cambio della vita di Moro è stata di Andreotti. Sicuramente il Presidente ha buoni motivi per farlo. Un dato però è certo: il Presidente ha sempre taciuto un particolare e cioè di aver ricevuto il giorno prima della beffa del Lago della Duchessa una telefonata che preannunciava come un bluff quello che sarebbe stato il comunicato numero 7 scritto da Chichiarelli. Questo particolare viene alla luce solo per bocca dello stesso senatore a vita nel 2004. Per quanto riguarda la fazione che Chichiarelli ha servito nel redigere il falso comunicato è ormai noto che il padrino di quell’operazione è Steve Pieczenick, l’esperto americano chiamato da Francesco Cossiga al Viminale durante il sequestro Moro. L’americano ha affermato che quel comunicato fu una sua idea con l’obiettivo – dice –“ di lasciare che Moro morisse con le sue rivelazioni”. Se Pieczenick ammette di essere stato l’ideatore, Tony Chichiarelli ne è stato l’esecutore.

5) Secondo una perizia riportata nel libro, il primo comunicato in codice e il settimo comunicato Br (quello vero, non quello falso) sono opera della stessa mano. Questo fa immaginare che Chichiarelli possa aver svolto un ruolo tutt'altro che marginale nel caso Moro. Si può ipotizzare un Chichiarelli addirittura interno alle Br e non un "disturbatore" esterno?
Le perizie sono prodotti umani e come tali passibili di critiche e di errori.
Tony ha svolto un importante ruolo nel caso Moro: solo la manifesta timidezza intellettuale di alcuni nega questo dato di fatto. Non abbiamo certezze assolute sul fatto che Chichiarelli fosse “interno” alle Br. Alcuni indizi porterebbero a questa conclusione ma non bastano. Tony firma svariati documenti brigatisti, alcuni dei quali minacciano di rendere noto il memoriale e le modalità della scoperta del covo di via Gradoli. Segue e probabilmente conosce Mino Pecorelli, fa ritrovare una serie di documenti su alcuni progetti di attentato a note personalità, vende armi a destra e a manca, compie la più grande rapina mai realizzata in Italia e la firma con la stella a cinque punte: tutto questo lo fa su ordine di qualcuno. E’ scaduto il tempo per conoscere nomi e cognomi dei suoi padroni, dei mandanti. Possiamo solo collegare i fatti e cercare di interpretarli. Chichiarelli è stato un soldato che ad un certo punto doveva morire, forse perché aveva esaurito il suo lavoro e poteva ricattare qualcuno. La sua è una storia nera, di un ragazzo a suo modo romantico e generoso che attraversa come una meteora alcune tra le pagine più oscure della nostra storia. E’ rimasto sullo sfondo perché in fondo è rimasto un perdente, un servitore delle logiche distorte del Potere: ha contributo a scrivere un pezzo importante della nostra buffa e crudele storia Patria e non è molto edificante per il potere che la sua storia venga conosciuta.

6) Secondo voi a chi faceva realmente capo il falsario?
L’utilizzo di criminali da parte di uno stato in alcuni delicati affari è una costante in questo Paese e non solo. Non troveremo mai le prove per rispondere a questa domanda: l’importante è pero conoscere queste storie.

7) Ci sono degli elementi che pur essendo stati raccolti nella sua ricerca non è stato possibile inserire nel libro? Per motivi di “documentabilità” o per indicibilità?
Certo, capita a tutte le ricerche! Capita anche quando si scrive un romanzo, dover tacere alcune cose. Nel nostro caso basta dire che sono stati smarriti verbali di perquisizione nell’abitazione del falsario, è introvabile il testo del suo interrogatorio fatto dalla Polizia e sono stati smarriti alcuni reperti riguardanti il suo omicidio: abiti, proiettili e altro ancora.

8) Ritiene che Chichiarelli potesse lavorare non tanto per il servizio italiano quanto per una “sovra-struttura” dei servizi, sostanzialmente occulta, ed è per questo che non è stato possibile dare alla sua vicenda, nel corso degli anni, la giusta importanza e condurre adeguate indagini?
Non lo so. Noi siamo riusciti a dimostrare che Chichiarelli è stato un “falsario di Stato”. Questo è già un passo. La mia sensazione è anche che le indagini sulla sua morte non sono state all’altezza della complessità del caso.

9) Se è acquisita la conoscenza del falsario come autore materiale del falso comunicato n. 7, si è invece più volte ipotizzato che abbia potuto anche essere l’autore delle due fotografie scattate a Moro durante la prigionia. E che abbia mantenuto per se altri scatti originali. Cosa può esserci di vero in questa ipotesi?
Tony fa ritrovare acclusa alla rivendicazione “brigatista” della rapina alla Brink’s Securmark due frammenti di foto polaroid che ritraggono un drappo brigatista. In precedenza nel 1979 fa ritrovare un borsello che conteneva tra le altre cose una rivendicazione del delitto Pecorelli e due cubi flash per Polaroid. E’ il suo "modus operandi": far ritrovare degli oggetti che rimandano alla vicenda Moro. Io non credo che Tony sia stato all’interno della prigione delle Br, credo invece che sia stato molto vicino ad alcuni brigatisti. Il comunicato numero 7 poteva scriverlo qualsiasi normale falsario e in cambio avrebbe avuto un compenso. Tony no, lui continua per anni a lasciare messaggi minacciosi e sibillini come a dire: “io so come sono andate le cose a Moro, a Pecorelli”.
Per tornare alle foto che lui fa ritrovare: nessuna perizia è mai stata fatta su quei frammenti, non sono mai stati posti a confronto con le due fotografie che le Br scattarono a Moro e inviarono ai giornali

10) Recentemente l’esperto americano Pieczenik si è attribuito l’idea di dover realizzare un falso comunicato per far scattare la sua trappola alle Br. Secondo voi quale può essere il legame tra l’ideatore e l’autore materiale del comunicato?
Il legame è nei fatti. L’americano è l’ideatore di quell’operazione che Tony porta a termine e che poi continua per anni. La più grande beffa politica, quella del lago della Duchessa, ha nomi e cognomi. Che poi le reazioni politiche e quelle degli studiosi e dei mass media siano vicine allo zero, non importa. Speriamo che il nostro libro possa colmare in parte questa mancanza. Spesso passano alla storia i grandi generali e dei soldati nessuno si ricorda più. Tony è stato un soldato dimenticato di quella guerra, nobile e nerissima insieme, che lo Stato ha ingaggiato contro l’eversione in Italia tra gli anni ’70 e ’80. Per vincere quella guerra sono serviti anche i banditi, i criminali, i “pirati” come Danilo Abbruciati, Tony Chichiarelli e molti altri.

Per le domande 4 e 5 ringrazio Antonino Iovino che, tra i lettori, ha risposto al mio invito di porre alcune domande all'ospite dell'intervista.
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