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Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato

George Orwell
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Si è parlato molto del libro che il giornalista francese Emmanuel Amara ha scritto sul caso Moro e che è stato pubblicato in Francia lo scorso anno.
Tutti hanno riportato la notizia più importante. O almeno quella che si è sempre ritenuta essere la più importante.
Pieczenik avrebbe ammesso di essere l'ispiratore del falso comunicato n. 7 che annunciava la morte di Moro e di aver deciso che sarebbe stato meglio per tutti se Moro non fosse uscito vivo dalla prigione delle BR.
Affermazioni sconcertanti, non c'è che dire e che da sole varrebbero il prezzo del libro che sta per uscire in Italia.
Ma la notizia più sconcertante che il consulente Steve Pieczenik offre al popolo italiano, secondo me, è un'altra e di tutt'altro spessore per chi è interessato ad approfondire la storia dell'Italia degli anni '70.

Scopriamo cosa ci rivela lo psichiatra americano, consulente personale del Ministro Cossiga nelle prime settimane del rapimento di Aldo Moro:

"Poco dopo il mio arrivo in Italia che mi resi conto del caos che vi regnava, specialmente dopo che Aldo Moro era stato sequestrato. Non passava giorno senza che ci fossero delle manifestazioni. C’erano scioperi continui. E, cosa ancora più grave, si era da poco verificato un chiaro tentativo di colpo di stato organizzato da alcuni esponenti dei servizi segreti e della loggia massonica Propaganda due, la cosiddetta P2"



Scusi, Pieczenik, potrebbe ripetere con calma (magari ci faccia lo spelling) questa sua affermazione? E a lei, Emerito Presidente Cossiga, la notizia è sfuggita? In tal caso, le dispiacerebbe fornire al Paese intero, cortese smentita?
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Proprio oggi, emerge dall'ANSA, un particolare legato all'ormai famosa vicenda della seduta spiritica del 2 aprile '78 dalla quale emerse il nome di Gradoli come possibile luogo di prigionia di Aldo Moro e che diede vita, il successivo 6 aprile, ad una massiccia operazione di polizia nell'omino paese del viterbese tralasciando, invece, la possibilità che vi fosse una via Gradoli nel comune di Roma.
Il Presidente Giovanni Pellegrino nell'audizione del 23 giungo '98 in cui la Commissione Stragi ascoltò il Prof. Alberto Clò (padrone di casa il 2 aprile '78) ricorda perfettamente la spettacolarità dell'episodio:

PRESIDENTE
. Ma il 6 aprile però avrà saputo che si è fatta l'irruzione a Gradoli paese.
CLO’.
Assolutamente no.
PRESIDENTE.
Ne è stata data notizia su tutte le televisioni, ne ho ancora negli occhi le immagini.
CLO’.
Lo seppi quando scoprirono il covo.
PRESIDENTE.
No, mi riferisco al fatto che il 6 aprile la televisione trasmise le immagini dell'irruzione militare nel paese di Gradoli: serbo un ricordo molto preciso, ricordo ancora le tute mimetiche e questo paesetto con le sue casette dove si vedevano gli uomini che entravano con il mitra e facevano una perquisizione; un intero paese fu perquisito. Se qualche collega ritiene che il mio ricordo sia sbagliato, lo dica.

Nessun commissario smentì il Presidente. L'unico dubbio sul suo ricordo è che possa riferirsi al film "Il caso Moro" di Giuseppe Ferrara nel quale, effettivamente, si osserva quanto descritto dal Presidente Pellegrino oppure che Pellegrino abbia potuto vedere, in un momento successivo, immagini di repertorio.

Ora, a distanza di 30 anni, emerge una nuova "verità". Carlo Infanti ha realizzato un fil documentario nel quale ha intervistato gli amministratori locali del paesino Gradoli, in carica nel '78. Il vice sindaco Franco Lorenzoni ha ricordato come "l'unica cosa che si vide furono due posti di blocco nei due bivi di ingresso nel paese. Ma dentro Gradoli non vi fu nessuna ispezione, nè perquisizione. Niente. Le uniche cose che abbiamo saputo, in seguito, è che perquisizioni furono fatte in alcune grotte nelle vicinanze del paese e in casali abbandonati nella campagna, noi non sapevamo niente. Quello che poi è stato fatto successivamente vedere, anche in alcuni film di perquisizioni all'interno del paese sono cose tutte completamente false: non esistono"



Una veduta del paese di Gradoli (VT)

E' davvero incredibile che a tanto tempo di distanza vi siano ancora dubbi su fatti apparentemente scontati come la perquisizione del 6 aprile. Se si trattò di una montatura, ritengo saremmo di fronte ad una cosa molto grave.

Sui giornali del 7 aprile '78, in effetti, non uscì alcuna notizia riguardo l'operazione di rastrellamento. E neanche l'ANSA riportò nulla di simile.
Allora mi chiedo, se più che depistaggio si trattò di un insabbiamento (perché è evidente che, dopo la seduta spiritica, si evitò di tornare in via Gradoli...). L'asse Prodi-Cavina-Zanda Loi che percorse la notizia, evidentemente fu tenuto riservato fino al 18 aprile, quando la scoperta della base di via Gradoli fece emergere anche l'informazione raccolta dal Prof. Prodi. In quel momento, forse, si rese necessario far credere che all'informazione si diede seguito, ma ci si recò nel paesino e non nella via romana.

Se confermato, si tratterebbe di un episodio certamente grave. Non cambierebbe la sostanza delle cose, ma sicuramente la forma. Il depistaggio risulterebbe evidente e non motivato dal fatto che le indicazioni provenienti dalla "seduta spiritica" parlavano di "Gradoli - Bolsena - casa isolata con cantina".
Fu un fatto voluto.

Perché? Per tutelare i brigatisti? Per tutelare le proprietà immobiliari risalenti ai servizi? Oppure per tutelare una trattativa delicata che con una perquisizione in via Gradoli avrebbe potuto interrompersi prematuramente?
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