Fine pena: mai e poi mai?
Riprendo un
articolo pubblicato sul Corriere della Sera sabato 20 ottobre (presente nella
sezione Articoli
Leggi)
nel quale vi è l'ennesima segnalazione relativa ad un ex brigatista (ma il
discorso vale per i militanti di tutte le altre organizzazioni) e ad un suo
incarico lavorativo presso un Ente Pubblico.
Anna Laura Braghetti, condannata all'ergastolo per il rapimento e l'uccisione
di Aldo Moro e per l'assassinio di Vittorio Bachelet, collabora con l'agenzia
del Ministero del Lavoro "Italia Lavoro" nell'ambito di un progetto denominato
"Pari" che ha l'obiettivo la ricollocazione lavorativa di ex detenuti.
La Braghetti guadagna 1.300 € al mese ed il contratto, avviato nel luglio del
2006, scadrà al termine del 2007.
Naturalmente, ciascuno ha approfittato della ghiotta occasione, per dare il
meglio di se. Da chi sostiene che chi ha combattuto lo Stato non può lavorare
per ciò che ha tentato di abbattere a chi invita a rinchiudere gli ex terroristi
in cella e a buttare la chiave.
Nessuno, e dico nessuno, che in queste occasioni colga l'opportunità per
distinguersi al di fuori del coro e ribadire un concetto importante:
"Il nostro Paese si è dato l'ordinamento delle leggi speciali, prima, e degli
"sgravi" giudiziari, poi, per tentare di chiudere un periodo buio e luttuoso
della nostra storia. Ma questo è servito ad una riconciliazione sociale
presupposto per la verità o è stato solo un tentativo frettoloso di rassettare
il copriletto lasciando in disordine le lenzuola? E se è stato così, quale ne è
stata la causa e, soprattutto, quale ne potrà essere la via d'uscita?"
Il commento di una persona intelligente ed informata come Giovanni Fasanella
(leggi la notizia dal suo Blog) è la semplificazione del problema.
"L'impunità in cambio del silenzio" infatti resta solo un gridare "al
lupo al lupo" quando il lupo è lontano un chilometro dal gregge facendo finta di
non vedere le mani del vicino che si aggirano furtive nei pressi del pollaio.
In queste occasioni mi sembra che siano davvero pochi coloro che si chiedono se i benefeci di cui i detenuti hanno
fruito, il loro reinserimento nel mondo del lavoro siano avvenuti nel
rispetto dei requisiti di legge. Perchè se così fosse, caro Fasanella, il
problema non si risolve impedendo agli ex di rivestire i panni di essere umano.
Si affronta andando ad approfondire chi ha scritto quelle leggi, cosa faceva in
quegli anni e cosa fa adesso.
Mi sorge il dubbio che questo tipo di notizie non "nascano" casualmente ma,
in qualche modo, facciano parte della strumentalizzazione Machiavellica "mischia
sempre lo vero con lo falso acciocchè nessuno sappia più quale è lo vero e quale
è lo falso". Perchè è uscita solo oggi? Se è relativa ad un contratto
del 2006 possibile che, con tutte le inchieste fatte e tutte le polemiche su
elezioni ed incarichi di ex terroristi in ambito pubblico (vedi casi D'Elia e Ronconi),
sia emersa solo in prossimità della sua scadenza? O è lecito
chiedersi se, forse, qualcuno abbia ritenuto l'attuale il momento più opportuno?
Giovanni Moro ha sollecitato, nel suo libro Anni settanta,
la chiusura di quegli anni approfondendo le responsabilità politiche al di là
delle responsabilità penali dei brigatisti. Quando sarà possibile tutto ciò?
L'Italia, si sa, non è la patria del coraggio e sperare nel gesto eroico ed
autonomo di qualche politico, storico, ex agente o ex brigatista, mi sembra
improbabile. Allora quale è la strada per arrivare a comprendere fino in fondo
le responsabilità collettive e fare un passo avanti nella chiusura di quegli
anni?
"Fine pena: mai". E' scritto sul fascicolo dell'ergastolano. Ma non "fine
pena: mai e poi mai e per nessuna ragione"