vuoto a perdere

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  Un destino da "vuoto a perdere" 
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Documento inedito

 
Nel libro ho pubblicato la testimonianza di un collaboratore dell'ufficio in via Fani 109 di cui parla il Sig. Barbaro. Dal suo racconto emergono degli elementi nuovi sui quali nessuno ha ancora fatto chiarezza.
Sarebbe interessante poter approfondire con i protagonisti > leggi <



 

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Vuoto a perdere, l'ennesimo libro sul caso Moro?

Prima di leggere la mia risposta, ascolta cosa ne pensa una persona competente ed esperta in materia come Giovanni Pellegrino

Questo è il primo lancio di agenzia, dell'ADN-Kronos, del 22/07/2007 relativo alla prima edizione del testo.

«CASO MORO: L'ULTIMA IPOTESI, NON TUTTO IL MEMORIALE ARRIVO' A MONTENEVOSO NEL LIBRO 'VUOTO A PERDERE' IL GIALLO DELLE CARTE PIU' SCOTTANTI CHE FORSE NON SONO MAI GIUNTE NEL COVO MILANESE»
 

Il memoriale scritto da Aldo Moro nei 55 giorni di prigionia potrebbe essere tuttora incompleto. Parte di quei documenti, infatti, potrebbe non essere mai arrivata nel covo brigatista di via Montenevoso dove i carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fecero irruzione il 1° ottobre 1978. E' l'ipotesi che viene avanzata in un libro appena uscito sul caso Moro, 'Vuoto a perdere' (Besa Editrice, 2007), scritto da Manlio Castronuovo con la prefazione dell'ex presidente della commissione Stragi, Giovanni Pellegrino.
Nel capitolo dedicato al punto tutt'oggi più nebuloso della vicenda del sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana, quello del ritrovamento del memoriale nel covo Br di Milano da parte degli uomini della sezione anticrimine del generale Dalla Chiesa - nell'ottobre del '78 nominato da venti giorni a capo del Nucleo Antiterrorismo- l'autore non esclude che anche il materiale emerso dietro il pannello sotto la finestra della cucina il 13 ottobre 1990 possa considerarsi incompleto in quanto mai arrivato da Firenze, dove aveva sede la cabina di regia del sequestro Moro, a Milano. La ricostruzione di Castronuovo presenta un elemento di novità. Nelle 229 pagine del Memoriale di Aldo Moro ritrovate nel 1990, l'autore ricorda che in queste si fa riferimento a cose già dette in precedenza. Soltanto in tre casi, non esiste corrispondenza tra gli scritti rinvenuti, che riguardano due precisi argomenti come la strage di Piazza Fontana e la strategia della tensione.
"Forse non tutto il materiale - annota quindi Castronuovo- era pervenuto alla base di via Montenevoso nei giorni precedenti all'irruzione. Si era trattato solo di una prima tranche". Infatti, riflette, se qualcuno estraneo alle Br avesse sottratto o occultato parte degli scritti dall'appartamento di via Montenevoso, tra i brigatisti arrestati probabilmente almeno uno avrebbe effettuato lo stesso tipo di denuncia che nel '78 fecero i componenti del comitato esecutivo Lauro Azzolini e Franco Bonisoli sui soldi spariti dal covo.(segue)
Non solo: l'ipotesi che alcune carte possano essere state trattenute in altri luoghi, fa ritornare sulla frase pronunciata da Dalla Chiesa davanti alla commissione Moro. Il generale, domandandosi dove fossero gli originali, mai ritrovati, del Memoriale, disse: 'penso che ci sia qualcuno che possa aver recepito tutto questo'.
A condurre i Carabinieri in via Montenevoso è stata una traccia apparentemente insignificante: un borsello dimenticato su un autobus a Firenze il 27 luglio 1978 contenente una pistola, la fotocopia della carta di circolazione di un motociclo e la ricevuta di uno studio dentistico di Milano. All'interno del borsello anche alcuni appunti che consentirono di associare il proprietario all'eversione armata. Molti anni dopo, nel 2000, nella 'Relazione sul ritrovamento di un borsello a Firenze in data 27 luglio 1978 e sulla successiva scoperta del covo brigatista a Milano in via Monte Nevoso n. 8" il magistrato Silvio Bonfigli, ex consulente della commissione Stragi, spiegava come il covo brigatista di via Montenevoso a Milano, dove erano nascoste le carte di Aldo Moro, fu "scoperto" il primo ottobre del 1978 solo ufficialmente.
I carabinieri, rileva Bonfigli, sapevano della sua esistenza da almeno due mesi prima. Non solo: il rapporto giudiziario su Lauro Azzolini, membro del comitato esecutivo delle Br, che il Reparto operativo di Milano stese il 13 ottobre del '78 e consegnò al giudice Ferdinando Pomarici, non corrisponde al vero. Azzolini fu anch’egli individuato alla fine di luglio del '78. Nel ricostruire la storia della scoperta del covo di via Montenevoso, Bonfigli ha riesaminato tutti i rapporti stesi dai Reparti operativi dei carabinieri di Firenze e Milano. E ha scoperto che in realtà Lauro Azzolini, che insieme a Moretti, Micaletto e Bonisoli si riuniva a Firenze durante il sequestro Moro, viene individuato tre giorni dopo aver perso il borsello su un autobus che percorre la tratta Firenze-Castello. E cioè il 31 luglio del 1978 e non, come afferma il rapporto dei carabinieri dell’ottobre successivo, tramite pedinamento nella metropolitana di Lambrate, Milano. (segue)
A provarlo sono tre fonogrammi dei carabinieri di Firenze che portano la data del 28, 29 e 31 luglio 1978 e dai quali emergono elementi che legano il borsello alla città di Milano e a Lauro Azzolini. Il 3 agosto successivo, i carabinieri accerteranno anche che Azzolini è il proprietario del ciclomotore rosso il cui certificato era nel borsello di Firenze. Bonfigli rileva che "né all’epoca dei fatti, né successivamente, viene, da parte degli investigatori, comunicato alla magistratura il nome di Azzolini quale possessore del borsello e del suo contenuto". Tanto che la procura della Repubblica di Firenze aprirà un procedimento penale contro ignoti.
Il consulente della Commissione stragi sottolineava inoltre nella relazione consegnata alla commissione presieduta da Giovanni Pellegrino, che "i carabinieri già il 3 agosto 1978 arrivano in via Montenevoso, a Milano, addirittura effettuando un controllo su alcuni stabili siti in quella via". E si chiedeva quindi come mai non fossero arrivati al covo semplicemente pedinando il brigatista già individuato e non invece tramite lunghi e complessi controlli riferiti anche dal generale dei carabinieri Niccolò Bozzo.
L’intervento del primo ottobre 1978 in via Montenevoso, osservava ancora Bonfigli, è di pochi giorni successivo al trasferimento nel covo brigatista del fondamentale materiale documentale relativo ai verbali dattiloscritti degli interrogatori dell’onorevole Aldo Moro durante la sua prigionia.

E questo, invece, è il lancio con il quale la principale agenzia stampa italiana, l'ANSA, ha recensito la seconda edizione di Vuoto a perdere il 01/03/2008:

«Vuoto a perdere». Uscito qualche mese fa da Besa.
Questo saggio ha avuto una attenzione costante da pubblico e critica grazie alla intelligente scelta dell'autore di offrire una sorta di «guida ragionata» dei diversi problemi, tesi, «dietrologie» e interpretazione delle diverse fasi del rapimento Moro.
L'autore, esperto di marketing, ha adottato infatti un modulo narrativo facile e al tempo complesso offrendo al lettore tutte le variabili e le possibili spiegazione senza una «chiusura» su questa o quella ma mettendo tutto sotto gli occhi del lettore che viene guidato all'interno di quello che è ormai un vero e proprio «arcipelago» in cui si continuano si scoprire ancora oggi isole sconosciute.

Allora, Vuoto a perdere è il solito libro sul caso Moro?

Si e no.

Si, nel senso che la bibliografia sull'affaire Moro è davvero sterminata e questo nuovo libro non sarà di certo neanche l'ultimo.

No, nel senso che Vuoto a perdere non è il classico libro sul caso Moro.

Cambia l'approccio, perchè il testo non tenta di illustrare l'ennesima ipotesi di ricostruzione soggettiva degli avvenimenti in quanto il mio obiettivo non è stato quello di partire da un teorema per dimostrarne la soluzione. Tanti testi, tante dichiarazioni spesso in contraddizione tra loro, tanti depistaggi hanno contribuito a diffondere una sensazione di estrema confusione e molti cittadini, che non hanno avuto la possibilità di riunire i differenti punti di vista, non conoscono la storia di uno degli avvenimenti più drammatici della storia repubblicana.

Ho tentato, perciò, di scrivere un testo divulgativo pensato per chi vuole approfondire l’argomento e trarre da solo le proprie conclusioni. Vuoto a perdere pertanto:

non illustra una tesi univoca, ma lascia al lettore la possibilità di valutare quali elementi siano credibili e quali no sulla base delle prove e delle risultanze che, per ciascuna tessera del puzzle, emergono dall'analisi;

non è scritto in un linguaggio tecnico, ma si sviluppa in forma molto discorsiva, per non annoiare il lettore e spingerlo in una spirale sempre più coinvolgente che lo trascina lungo gli eventi con la curiosità di scoprire il finale;

non è composto da interminabili capitoli ma presenta una struttura modulare che si articola in domande e risposte all'interno di un percorso fatto di sette atti, relativi alle fasi più caratterizzanti dell'affaire Moro.

Vuoto a perdere è il primo libro che ti accompagnerà pagina dopo pagina a conoscere tutto ciò che sino ad ora è emerso sul caso Moro per consentirti di costruire un tuo giudizio, personale e motivato.

Dimenticavo. Un po' di novità investigative nel libro ci sono, ma non voglio rovinare alcuna sorpresa.

Manlio Castronuovo

        

 

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