Il
20 maggio 1999 ebbi una giornata molto travagliata e fui “fuori servizio” per 24 ore.
La mattina seguente la radiosveglia, sintonizzata sul GR1 delle 7.00, mi riportò nel mondo con la notizia dell’uccisione di
Massimo D’Antona, per mano delle BR. Dopo aver escluso un viaggio nella
DeLorean di Marty McFly e Doc Brown e il fatto che si potesse trattare di materiale di archivio, dire che rimasi esterrefatto è voler minimizzare lo stato d’animo che mi accompagnò per tutta la giornata.
Fino all’arresto della Lioce (la morte del suo compagno Galesi e dell’agente Petri) e con un altro omicidio di mezzo, quello del consulente Marco Biagi (collega di D’Antona), si è stati tutti assaliti dallo stesso interrogativo: “Chi sono questi e chi c’è dietro?”.
Solo la Commissione Stragi aveva colto nel segno scovando un
fil rouge con l’ultima fase di attività brigatista prima della “ritirata strategica”. Il cosiddetto filone fiorentino.
Poi gli altri arresti (Mezzasalma, Morandi, Saraceni, Banelli, Broccatelli, ecc.), i processi e le condanne, il pentimento della Banelli.
Poi una nuova ondata di arresti nel febbraio del 2007 (ben 15 tra cui i cinquantenni Davanzo,Latino e Ghiradi ma anche giovani ventenni come Mazzamauro e Salotto) con i quali sarebbero state sventate possibili nuove azioni militari.
Le recenti polemiche dovute alle mancate estradizioni di Marina Petrella e Cesare Battisti da parte del Governo francese e quello brasiliano hanno contribuito ad arroventare il clima sociale già fin troppo acceso. Gli ultimi fatti delle proteste studentesche di Roma (l’Onda) contro il decreto Gelmini e i conseguenti scontri con gli studenti di destra di Blocco Studentesco, ed il disordine seguito al tentativo di forzare i blocchi della polizia a Torino in occasione del G8 University Summit hanno definitivamente allontanato ogni possibilità di dialogo perché, in un clima da strategia della tensione, cercare di comprendere anni passati o conflitti presenti comporta l’essere etichettati come “pericolosi sovversivi”.
E, sempre di questi giorni, l’imbrattamento della lapide dedicata alla memoria del Commissario Luigi Calabresi con la scritta “Calabresi assassino” probabilmente per opera di chi nel 1972 non era ancora nato o aveva da poco tolto il pannolino.
Arresti e disordini di piazza possono essere il segno che il rischio di un ritorno del terrorismo, ma più precisamente della lotta armata, sia ancora elevato nel nostro Paese?
Ecco alcune recenti dichiarazioni in merito:
Roberto Maroni «C'è chi parla del terrorismo e della violenza degli anni '70 come di una stagione chiusa, ma ci sono segnali inquietanti da indagini nelle scorse settimane, che indicano che non possiamo stare così tranquilli, segnali che ci fanno considerare che l'attenzione nei confronti di questo fenomeno non può essere abbassata. Abbiamo altri appuntamenti significativi come il G8 dell'Aquila e ci attrezziamo per affrontarli, ma temo che episodi di violenza come quello di oggi a Torino potranno ripetersi». (19 maggio ANSA)
Massimo D’Alema «O il ministro degli Interni ha degli elementi, e quindi deve informare il Parlamento, oppure dovrebbe usare una maggiore cautela» (19 maggio ADNKronos)
Valter Veltroni «C'è un clima d'odio che rischia di degenerare, nella società italiana si sta facendo di nuovo strada una certa deriva giustificazionista della violenza. Sono cose che non possono essere tollerate. «Non consideriamo mai concluso una volta per sempre il rischio del terrorismo, non dobbiamo sottovalutare che quando emerge una crisi sociale c'è il rischio della violenza» (19 maggio ADNKronos)
Olga D’Antona «Non si può abbassare la guardia in questo Paese dove il terrorismo sembra entrare in immersione ma poi come un fenomeno carsico riemerge. Non si può solo seguire l’emergenza ma ci vuole un’azione di prevenzione»
Paolo Ferrero «Grazie a Dio oggi mi pare il terrorismo in Italia non ci sia, e questo è assolutamente un bene. Non bisogna mettere insieme le contestazioni anche quelle dure che non condivido per nulla, e il terrorismo. Sono due cose diverse e penso che sia sano tenerle distinte» (20 maggio ANSA)
Armando Spataro «Io penso che sia allarmismo, devo essere sincero ed onesto. E’ ovvio che non si può minimamente abbassare la guardia e anche questo tipo di antagonismo che teorizza la violenza vada tenuto sotto controllo. Ogni democrazia avanzata deve fare i conti, quasi fisiologicamente, con manifestazioni di violenza di questo tipo. Ma attenzione a lanciare allarmi che gli addetti ai lavori sanno tenere nella giusta dimensione ma che potrebbero essere non solo infondati ma favorire fughe verso la rinuncia dei propri diritti pur di sentirsi garantiti sul piano della sicurezza. E’ una vecchia storia». (19 maggio TG2 Punto di Vista)
Ora io non sono un esperto e non sono nemmeno un addetto ai lavori.
Ma il gioco cui stiamo assistendo, non mi piace per niente. Il fatto di sapere che un giorno siamo sotto la minaccia del ritorno degli anni di piombo e l’altro potrebbero esserci i presupposti per una riappacificazione con il passato mi sembra tanto il gioco delle tre carte dove, magari, per pura combinazione una volta ti può anche capitare di vincere ma alla fine è sempre lo Stato che sbanca. Ho detto Stato? Scusate, volevo dire il banco…