1) Marco, ci può ricordare, brevemente, il percorso politico di suo padre Benito
Cazora?
Durante la 2° guerra come diversi bambini credo, distribuisce
clandestinamente il giornale della D.C.. Decimo di undici figli e a 8 anni
orfano di padre, inizia molto presto a lavorare coltivando intanto la passione
per la politica. Iscritto alla D.C. diventa segretario di sezione, poi
consigliere comunale a Roma, quindi assessore ed infine parlamentare sino al
1985.
2) In che rapporti era suo padre con Aldo Moro?
Dobbiamo ricordare che un tempo (sembra ormai lontanissimo lo scioglimento
della Democrazia Cristiana) il partito era diviso in correnti e questo non
permetteva grandi rapporti con i leader di correnti diverse. Di conseguenza
tutto si “limitava” ad una forma di stima e di grande rispetto che portava mio
padre, per esempio, a dare del Lei a persone del calibro di Moro o Fanfani. Ho
l’impressione che oggi tutto sia molto diverso.
3) Nel tempo sono emersi due importanti episodi che, nell'arco dei tragici 55
giorni, hanno visto protagonista Benito Cazora. In primo luogo l'intercettazione
telefonica con il segretario di Moro Freato nella quale suo padre racconta di un
esponente della malavita calabrese che lo contattò per tentare di recuperare
delle foto scattate in via Fani. E poi c'é la soffiata proveniente sempre da un
esponente della 'ndrangheta che lo esortava a cercare la prigione di Moro nella
zona della Cassia (nei pressi di via Gradoli). Ce li può raccontare meglio?
A questo proposito ci tengo a precisare, che la frase spesso pubblicata “l’
On. Benito Cazora incaricato dalla D.C. di sondare gli ambienti della malavita”
non corrisponde al vero. Certo è che all’epoca non coincisero molto i tentativi
di mio padre con quelli del partito.
Le trattative intercorse con esponenti della ‘ndrangheta all’inizio non
furono ovviamente diretti.
Mio padre fu contattato da una persona qui a Roma che disse di essere un suo
elettore e di essere in grado di fare qualcosa riguardo il tentativo di salvare
l’ On. Aldo Moro. Ci fu un incontro per cercare di capire quanto questo
personaggio fosse attendibile, ma poi bisognava prendere dei rischi e provare
qualunque azione. Fu tutto terribilmente veritiero e così nacquero i rapporti
con il fantomatico calabrese, rapporti che durarono fino alla scoperta del
cadavere dell’On Moro.
Nel trascorrere di quei 55 giorni ci furono altri fatti oltre a quelli da Lei
citati che portarono mio padre a sperare in una soluzione diversa. Ma i timori
nel muoversi in acque tanto torbide furono molti.
Soffermandomi sui 2 episodi, mi sento portato a queste considerazioni: non si
ipotizza forse che fossero troppo pochi i membri del commando per una simile
operazione? Inoltre non si è giunti negli anni ad avanzare altrettante ipotesi
inerenti al ruolo dei servizi “segreti”? Di conseguenza era probabile la
presenza di personaggi noti ai calabresi? Ma come verificare sin da subito se
quanto raccontato era vero? Curiosamente, con tempismo eccezionale, il rullino
sparì e chi ne era responsabile non fu rimosso immediatamente dalle indagini,
cosa che ci si aspetterebbe da un Paese “normale”. Occorre prendere atto che,
invece, lo stesso le portò a termine con la solerzia ed il risultato che tutti
gli riconosciamo. Per quello che riguarda Via Gradoli poi, oltre a quanto
riferito da mio padre, dobbiamo ricordare l’espediente della seduta spiritica.
Risulta evidente, pertanto, che non fu il solo stranamente ad indicarla. Ma poi
fu scoperto un covo in Via Gradoli? Cosa rispose Cossiga alla moglie di Moro
riguardo una via Gradoli a Roma e non un paese?
4) Per essere più precisi. Cosa intende con "fu tutto terribilmente veritiero"?
Fu veritiero per due ordini di motivi.
Il primo è legato a quanto avvenuto in quei 55 giorni, il secondo per quanto
conosciamo oggi a distanza di 30 anni. Le trattative intercorse tra mio padre e
le persone di quell’ambiente non le possiamo racchiudere nell’ ambito delle foto
e di Via Gradoli, anche se entrambi sono estremamente significativi. E'
opportuno ricordare; perchè ai più non è noto; che quei due “suggerimenti” altro
non furono che un segnale di disponibilità e conoscenza che sarebbe andato ben
oltre se i cosiddetti interlocutori istituzionali avessero accettato di metterli
in condizione di “agire” sul territorio con la libertà di cui in quel momento
non disponevano. Ad esempio posso dire che un incontro avvenne nel carcere di
Rebibbia.
Con il passare degli anni inoltre, attraverso le nuove acquisizioni, ci
possiamo rendere conto di quanto sia verosimile la presenza di altri componenti
estranei alle BR e come sia possibile pensare ad un disegno più ampio, forse
allora impensabile, perchè convinti ingenuamente dell’esistenza di brutali ma
genuine frange armate di destra e di sinistra. E nulla di più.
5) Per tornare a via Fani, quindi, considerando che le foto furono scattate da
Nucci al termine dell'agguato e non potevano riprendere gli attentatori
all'opera, è possibile che potesse trattarsi di malavitosi calabresi legati ai
servizi la cui presenza in via Fani sarebbe stata difficile da giustificare?
E’ possibile. Dovremmo chiederci a questo punto cosa significhi la presenza
dei servizi.
Non avremo mai la risposta definitiva non solo perchè esiste il segreto di
stato, ma soprattutto perchè siamo di fronte alla "ragion di Stato". Avrà mai
qualcuno il coraggio di dirci di quale "ragione di Stato" esistesse all’ epoca?
E quale prima? E, di conseguenza, quale è oggi? O se, in fondo, rimane sempre la
stessa?
La realtà è che la ricerca della verità richiede un più ampio respiro anche
se poi arrivandoci rischieremmo di rimanere senza fiato.
Anche se rischia di sembrare offtopic, vorrei fare un esempio concreto. C'è
sempre stato un ampio diattito, nel nostro Paese, su quali siano stati, da
sempre, i rapporti tra la politica e la mafia e, soprattutto, tra servizi e
mafia. A volte si ha l’ impressione che le forze di polizia, la magistratura non
siano in grado di ottenere i risultati sperati ma che quando finalmente si
giunge alla cattura di un importante boss ci si sia arrivati perchè qualcuno ha
ritenuto che fosse arrivato il momento giusto. Se così è, la domanda opportuna
da porsi è chi ha il potere di decidere quale sia il momento giusto e,
soprattutto, perchè. Una risposta che mi sono dato è "se quando cambiano i
governi generalmente cambiano anche i vertici istituzionali (ripensiamo alle
nomine degli enti nell’Italia parastatale), allora perchè non pensare ad un
cambio ai vertici di quella che “oggi” si scopre essere la più grande “azienda”
italiana? Insomma è davvero pensabile che in 60 anni tutto sia rimasto così
com’era o sarebbe più opportuno riflettere sul significato di una presenza che
verosimilmente non sopravviverebbe a se stessa se non per il volere di qualcosa
molto più grande?
Per tornare al caso Moro, non ci stupiremmo se in Via Fani si scoprisse che
ci sono stati anche calabresi o membri dei servizi stessi chi riuscirebbe a
definire con esattezza quale confine li separi? Non ci stupiremmo ma magari
potremmo schifarci. E’ giusto dire a chi muore per lo stato per quale stato
muore.
6) Come mai il nome di Benito Cazora è sempre stato associato a boss o presunti
boss malavitosi?
Le iniziative intraprese erano spesso del tutto personali ed era difficile
pensare a qualcosa di diverso dal cercare soluzioni in ambienti contigui o
comunque in grado di avvicinare le BR. Per il sequestro di Cirillo ci furono
trattative con la camorra? Perchè poi con la camorra visto che i sequestratori
erano brigatisti?
7) Suo padre si adoperò anche all'interno della DC per la salvezza di Moro?
Secondo lei aveva delle concrete possibilità di giungere ad una conclusione
positiva ma non fu ascoltato o, agli occhi dei compagni di partito, era solo in
possesso di deboli piste che furono sottovalutate?
Se c’era cautela da parte sua, ce ne era ancora di più da parte di apparati
di partito e non, che scettici, inoperosi, molto spesso rincuoranti e protervi
evitarono di dar seguito a quanto riferito.
8) Quindi non si sente di poter affermare che suo padre fu fermato? O si?
Non è facile dire se sia stato fermato o se, semplicemente, non gli si è
creduto.
Veda, nella vita molto spesso siamo circondati anche da persone intelligenti,
volenterose, ma non per questo le si ascolta. Soprattutto in determinati ambiti,
preferiamo affidarci anche a cialtroni pur di avere a che fare con qualcosa che
riteniamo attendibile, e se qualcuno non lo possiamo controllare, gestire,
diventerà automaticamente inaffidabile.
Questo credo sia valso non solo per mio padre (non ne farei pertanto una
questione personale) e se accade più spesso oggi rispetto a ieri, forse ne
intuiamo il perchè.
Certo è che il suo interferire in quella vicenda gli ha creato negli anni
sempre maggiori difficoltà politicamente ed all’interno del partito. Sarà
sicuramente una coincidenza ma sarei curioso di sapere se altri, ognuno nel
proprio ambito, solo per aver cercato di operare al di fuori dei canoni
convenzionali, hanno incontrato maggiori ostacoli nella propria professione.
Mi auguro che prima o poi qualcuno si dedichi a ricercare chi ha pagato e chi
ha guadagnato in termini professionali. Se ne potrebbero ricavarne delle
semplici casualità ma magari si potrebbe aggiungere un elemento di riflessione
in più che, qualcuno troverà sterile o capzioso, mentre io ritengo che osservare
negli anni quanto accaduto ci fornirebbe una visuale più ampia del disegno, del
raggiungimento degli obbiettivi e di chi ne furono gli attori principali, i
caratteristi e le comparse.
9) Immagino che, essendosi impegnato per evitare la sesta tragedia (dopo i
cinque agenti morti in via Fani), la notizia del ritrovamento del cadavere di
Aldo Moro lo dovette turbare non poco. Cosa fece dopo il 9 maggio? Cosa vi ha
detto dei suoi tentativi di salvare la vita di Aldo Moro?
Cosa fare dopo quel 9 maggio, se non riprendere la vita, viverla in una
prospettiva diversa, ricordare, meditare, considerare, soffrire? Ma nulla di più
era possibile. Ho sempre seguito mio padre sin da piccolissimo, ero affascinato
da lui, dal suo lavoro. Nel 1978 avevo 16 anni e come molti giovanissimi di
allora vissi quei 55 giorni in stato di sospensione, i Tg e le loro edizioni
straordinarie avevano preso il posto dei pensieri comuni di un adolescente.
I racconti avvennero durante (parziali) e dopo.
10) Che tipo di racconti le fece suo padre? Considerazioni generali sulla vicenda
o particolari sul suo ruolo?
Nulla di più di quanto si sappia.
Debbo dire che le considerazioni appartennero agli altri, di contro a lui
spettarono le constatazioni: da quel momento in poi ci fu sempre la sensazione
che il suo ruolo fosse stimato come inopportuno e di conseguenza molte cose
cambiarono.
In politica, per quanto si voglia mistificare la realtà, il popolo non segue
l’idea, segue il più forte e se l’idea, anche la più bella, viene emarginata, il
più forte fa la storia. E’ ancora viva in me, che per molti anni ho vissuto e
fatto politica, quella continua pesantezza dovuta al senso di diversità che i
potenti trasmettevano agli altri, contagiandoli.
Quale miglior modo di capire che sottile fastidio abbia sortito nella mente
del comando.
11) Secondo lei suo padre ha mai avuto il rimpianto di aver avuto la possibilità
di salvare, con un'iniziativa autonoma, la vita di Aldo Moro ma che non gli fu
possibile?
Credo di sì, anche se il trascorrere degli anni, la maggiore conoscenza degli
eventi, lo hanno portato ad una consapevolezza diversa. Cosa sarebbe accaduto
poi se fosse ancora in vita non è dato sapersi, ma forse sarebbe facilmente
intuibile.
Non sono in grado di conoscere quello che fu il suo percorso mentale negli
anni, ma posso certamente valutarlo essendogli stato accanto affettivamente e
professionalmente. Ha sofferto per sempre quell’esperienza anche perchè chi gli
è stato contro lo ha indotto, volente o meno, a non dimenticare. Ma c’è qualcosa
che accompagna sempre coloro che pagano prezzi alti per scelte che altri
reputano sbagliate: l’essere consapevoli di aver fatto la cosa giusta e non
pentirsene anche se tutto questo ha un costo. Molto elevato.
12) Benito Cazora non è stato un personaggio che ha voluto ergersi a star negli
anni a venire. Nessuna dichiarazione sui giornali, nessun libro, nessuna
intervista se si esclude un breve intervento del 1993 al TG2. Eppure il suo
contributo avrebbe potuto essere utile. Si é trattato di una sua volontà o di
una necessità?
Non si è mai tirato indietro, non è mai stato reticente o pigro nel
raccontare, non poteva autoinvitarsi ai diversi processi Moro o alle Commissioni
Parlamentari. Semplicemente ha risposto a chi glielo ha chiesto. Non era tipo da
libri, amava la politica, quella vera, attiva. E meno che mai avrebbe potuto
sentirsi una star.
Molto più semplicemente si sentiva un emarginato che non era riuscito a dare
un contributo concreto per qualcosa in cui aveva creduto e sperato
disperatamente.
13) Secondo lei, Marco, Aldo Moro si poteva salvare? E se si, perché non ci si é
riusciti?
Spero mi perdonerà se sarò lapidario. No, non si poteva salvare.
14) Lei é stato un osservatore privilegiato che ha potuto vivere, al fianco di
suoi padre, i fatti in diretta, più che le carte di storici, politici e
magistrati. Se è possibile conoscerla, quale é la sua opinione personale sul
caso Moro?
Dal ’78 ad oggi molte cose sono cambiate.
La nostra società, le nostre abitudini, i nostri consumi. Molti direbbero che
è cambiata anche la politica, ma forse così non è. Se partiamo per esempio da
Portella della Ginestra, passando via via sopra tutti i cadaveri che il nostro
caro Paese si è lasciato alle spalle sino ad oggi, ci accorgiamo che sono
trascorsi 60 anni. E i colpevoli?
E’ impossibile dimenticare quel “io so” di Pasolini, che pur senza prove
induceva a riflettere. E sono proprio i libri e gli sforzi degli studiosi che ci aiutano a comprendere il cammino nebuloso di questa Italia.
Forse cerchiamo troppe prove e le cerchiamo troppo lontano, e magari ci sono
così vicine. Quanto scoperto in 30 anni sul caso Moro fa rabbrividire. Senza
dubbio l’aspetto che mi inquieta di più è l’innumerevole elenco di persone
coinvolte: P2, massoneria, servizi “deviati”, malavita, liberi professionisti.
Che fine hanno fatto tante persone? E la loro carriera?.
E’ forse giunto il momento di rendere noi cittadini consapevoli di una verità
che non conosciamo? Dopo la liberazione ci siamo trasformati in colonia? Esiste
un vicerè?
L’“emerito” Cossiga durante il caso Moro da Ministro degli Interni ha gestito
tutto, con quale risultato? Gli è passata ogni cosa sotto gli occhi, dalla P2 in
poi. Ma quante illuminanti lezioni ci impartisce ancora oggi...
L’ Italia è proprio uno strano Paese, quando non viene trovato il colpevole
si riesce a premiare l’incompetente di turno con la sua carica più alta.
I giorni sono lunghi mentre gli anni se ne volano. Doveva andare così, deve
andare così, domani... domani.