Mario Moretti e Patrizio Peci. Due
capi brigatisti, entrambi marchigiani, che hanno determinato l’ascesa e la
sconfitta delle BR. In che rapporti erano i due all’interno dell’Organizzazione?
Generazione di fenomeno. Brigatista.
Diciamo che uno ha tirato la volata all'altro. Con analogie impressionanti:
tutti e due della provincia di Ascoli, tutti e due studenti sui banchi dell'Iti
Montani di Fermo, tutti e due leader, tutti e due con ruoli chiave: il primo di
grande regista, il secondo di attore e al contempo distruttore in qualità di
pentito. Una cosa è certa: quando Patrizio se la svignò dalle Marche, corse a
Milano dai compagni guidati dal conterraneo Moretti e di lì, ispirato dalle
gesta del capo di Porto San Giorgio, spiccò il volo per Torino, dove divenne uno
dei maiores della colonna piemontese. Tra l'altro, facendo un passo indietro, e
cioè negli anni del comitato marchigiano, specie nel '76, i contatti tra il
comitato esecutivo e gli organi periferici, come quello marchigiano, dovevano
essere frequenti. E quindi anche i rapporti tra Moretti e Peci. Per il resto non
doveva esserci dialettica, se non altro per il fatto che Moretti era un teorico,
mentre Peci una mano calda.
La vicenda del pentimento di Peci
è piuttosto controversa. C’è chi addirittura ha ipotizzato un “doppio arresto” e
quindi la storia di un pentimento “costruito a tavolino”. Possiamo dire di
sapere tutto, oggi, sul più illustre pentito delle BR?
No, non si sa ancora tutto. E quello
che si sa, non si ha il coraggio di dirlo. La storiografia del brigatismo e
degli anni di piombo accredita versioni di comodo, supportate da un giornalismo
superficiale e da indagini di studiosi poco inclini a scavare nella verità. Poi,
purtroppo, c'è la solita omertà di Stato. Nessuno, ultimamente, ha voluto
rivelare o scrivere. Quando si parla dell'argomento, si incontra un'ostilità
strana e a tratti inquietante. A livello nazionale e, soprattutto, marchigiano
Il Generale Bozzo in una recente
intervista radiofonica rilasciata ad Alessandro Forlani per il GRParlamento
della RAI, ha ricordato come Patrizio Peci fu individuato già nel ’77 perché
amico della figlia di un parlamentare che era controllata dai carabinieri. Le
foto degli incontri della ragazza giunsero a Milano e lì gli uomini del gruppo
di Dalla Chiesa, al momento non attivo, riconobbero Patrizio Peci tra le persone
immortalate. Poi però, secondo Bozzo, il contatto fu perso. Le sembra un
comportamento verosimile per chi faceva dell’antiterrorismo un’attività di
elevata professionalità?
Apprendo qui di questo episodio. Per
la risposta, vedi quella precedente…
Patrizio Peci ha scontato
pochissimo carcere e, dopo essere stato per un periodo all’estero, è stato
premiato con una nuova identità avendo la possibilità, non indifferente, di
potersi costruire una nuova vita. Attualmente possiede un’attività commerciale
in Piemonte. E’ stato l’unico dei pentiti a ricevere così tante agevolazioni.
Perché fu il primo, perché il suo contributo fu il più determinante, o per una
sorta di premio-indennizzo per una collaborazione più complessa del “semplice”
pentimento?
Credo proprio la terza ipotesi. E
credo anche che ci sia molto di più. E che quel di più, chi sapeva, se lo sia
portato nella tomba
Quale vendetta per le delazioni di
Patrizio Peci, le Br di Giovanni Senzani rapiscono e processano il fratello
Roberto. La vicenda rappresentò il tentativo di risposta mediatica con la quale
le Br volevano fornire la loro risposta allo Stato (denunciando le presunte
complicità dei nuclei anti-terrorismo di Dalla Chiesa con l’operazione
arresto-pentimento) e ad eventuali altri potenziali delatori (fornendo una prova
di cosa aspettava loro in caso di pentimento). Quale è la sua lettura del
rapimento e dell’uccisione di Roberto Peci?
La versione ufficiale è quella di una
vendetta trasversale. Mafiosa. Del tipo: tu parli, io uccido un tuo parente per
rappresaglia e così sei avvisato. La versione delle Br è quella di aver punito
il tradimento di Roberto, di annientare i cosiddetti agenti della
controrivoluzione. Il fatto curioso è che la campagna Peci nasce con certe
intenzioni e finisce con altre. Nasce cioè con l'intenzione di intimidire e non
di uccidere. E invece si chiude con un'esecuzione. Filmata, addirittura. Perché?
E perché, parallelamente, il sequestro Cirillo, ugualmente gestito dal Fronte
delle carceri, si chiude invece con la salvezza dell'ostaggio? In fondo la
vicenda dei Peci, forse molto più di quella Cirillo, poteva essere decisiva
nella partita tra Stato e Br. Come è possibile, quindi, che Cirillo sia stato
salvato e Roberto Peci no? Ruota qui attorno il mistero della campagna Peci. Una
verità processuale è stata già scritta, ma il resto…
In via Gradoli furono repertati
diversi documenti tecnici sulle attrezzature per la video registrazione. Del
resto lo stesso Buzzati seppe da Moretti che in occasione del sequestro Moro era
stato installato un impianto di videoregistrazione. In effetti, la forza
mediatica del “processo Peci”, fu enorme e immaginiamo cosa sarebbe stato il
sequestro Moro (in termini di spettacolo e quindi di propaganda per le Br) se
fossero stati divulgati “filmati della prigionia e dell’interrogatorio”. Ritiene
possibile che anche 3 anni prima le Br avessero puntato ad un’operazione
mediatica ma che, a differenza di Peci, furono costrette a rinunciare alla
pubblicazione del materiale video?
E' possibile. Eccome. Le analogie tra
i due sequestri, anche se a distanza di tre anni, sono evidenti. Ed è possibile
che alla testa di quelle operazioni si trovassero alcune stesse menti. Quello
che cambiava era il rischio rapportato all'ostaggio. Forse i sequestratori
ritennero che divulgare un filmato con Moro sarebbe stato troppo pericoloso per
l'Organizzazione. O forse chi voleva divulgarlo, allora, si trovò in netta
minoranza all'interno delle stesse Br. D'altra parte, tre anni più tardi, il
film con Roberto Peci fu ritenuto un'assurdità nell'Organizzazione. E gli stessi
brigatisti condannarono la spettacolarizzazione della morte
Cosa ne pensa della “denuncia” con
la quale Senzani tentò di far scoprire le carte ai carabinieri indicandoli come
responsabili di avere “comprato” l’infiltrazione di Patrizio Peci?
Senzani era uno stratega raffinato.
Conosceva a menadito i meccanismi dello Stato e i suoi apparati…
Peci era certamente un capo
brigatista sin dal ’79 e, con molta probabilità, lo era già dall’epoca del
sequestro Moro tanto che non sono pochi coloro che hanno ipotizzato un ruolo
attivo di Peci nella vicenda del rapimento del Presidente democristiano. Prova
ne è che erano nella disponibilità di Peci (notizia ANSA) scritti autografi di
Moro resi nel corso dei 55 giorni. Lei ritiene che Patrizio Peci possa aver
avuto un ruolo attivo nel sequestro Moro?
Può essere. E questo potrebbe aver
pesato, a mio avviso, nel suo successivo ruolo di 'delatore' speciale. So per
certo che persino alcuni fiancheggiatori considerati pesci piccolissimi ebbero
ruoli impensabili nell'operazione Fritz
Considerando che l’unico argomento
del quale Peci non ha mai parlato, se non per sommarie informazioni, è proprio
il sequestro Moro, lei ritiene che un suo eventuale coinvolgimento sia in
qualche modo legato al pentimento ed alle delazioni?
Potrebbe essere. Lo dicevo anche
prima
Da studiosi è difficile non notare
alcune incredibili somiglianze tra il caso Moro ed il caso Roberto Peci.
Entrambi i rapimenti durarono 55 giorni, entrambi i prigionieri furono
sottoposti a “processo popolare”, i comunicati delle Br di Senzani durante il
rapimento Peci furono 7 (e si sa che il 7 è un numero in relazione al caso
Moro), entrambi i prigionieri furono assassinati con 11 colpi al petto. Solo il
frutto di macabre coincidenze o messaggi trasversali ben precisi?
Se non messaggi trasversali, analogie
riconducibili a regie più o meno simili. Su quelle bisognerebbe indagare di più
Si parla di un suo prossimo
imminente lavoro che conterrà non poche novità su quelle vicende. Può darci
qualche anticipazione?
Dopo anni di ricerche, una fonte ha
iniziato a sgorgare. Speriamo che sia abbondante. E che nascano buoni frutti