Nicola Biondo e Massimo Veneziani hanno, probabilmente, aperto
una vera e propria voragine all'interno dei "meccanismi operativi occulti" che
hanno caratterizzato il "Palazzo" durante i 55 giorni del rapimento di Aldo
Moro. Scrivendo un libro sulla figura di Tony Chichiarelli che ha, tra gli
altri, due grandissimi pregi:
- l'aver scavato attorno ad una figura volutamente sino a questo momento
trascurata
- l'aver messo insieme una ricostruzione della sua vita che dimostra che il
falsario non ha solo prestato la sua manovalanza agli apparati dello Stato, ma
in più di un'occasione, ha intersecato attivamente non solo il caso Moro ma
anche altri delitti politici avvenuti nel nostro Paese.
Un atto di coraggio, quello di Biondo e Veneziani. Una vera e propria iniziativa
politicamente "scorretta", che va al di fuori delle righe proprio perché oltre
le cose già scritte spesso si celano molte risposte o, più semplicemente, la
possibilità di porsi le stesse domande sotto un altro punto di vista.
Il falsario di Stato (edizioni Cooperfiles) è un libro da "gustare". Perché si
egge tutto d'un fiato, perché non è un romanzo ma un tentativo, riuscitissimo,
di raccontare una storia vera, partendo dalle fonti, ma senza le pretese di
dover dimostrare qualcosa. Semplicemente, mostrare.
In questa intervista, alla quale gli autori hanno risposto congiuntamente, ho
cercato di approfondire i "dietro le quinte" e di offrire al lettore uno
strumento in più per conoscere meglio la storia di un falso delinquente.
1) In tanti anni nessuno è andato a fondo nella conoscenza del
“personaggio” Chichiarelli. Semplice sbadataggine o volontà di non approfondire
una storia “scomoda”?
"Il falsario di stato" è la prima biografia su Tony Chichiarelli. Altri
studiosi si sono interessati a questo incredibile personaggio, finanche
Giancarlo De Cataldo nel suo Romanzo Criminale ne individua il ruolo di
frontiera a metà tra apparati dello Stato, Br e banda della Magliana. Noi
abbiamo acceso un riflettore su Chichiarelli perché siamo convinti che la sua
storia andava raccontata: perché interseca alcuni tra i più gravi delitti
politici del nostro paese e poi perché la vita e la morte di Chichiarelli sono
in un certo modo indicative della commistione tra mondo legale e illegale. E’ un
perfetto personaggio da romanzo criminale, un eccezionale e dimenticato
protagonista del nostro far west contemporaneo. Tony è un ragazzo sveglio,
ambizioso e generoso che nasconde nello stesso tempo una personalità contorta e
una mente votata al crimine: dalla seconda metà degli anni ’70 si lega ad alcuni
personaggi che daranno vita alla banda della Magliana, come Danilo Abbruciati,
ad estremisti di destra a confidenti dei servizi segreti e lui stesso inizia a
definirsi un fiancheggiatore delle Brigate Rosse. Certo, ci sono degli esempi
negativi: quelli di alcuni “studiosi” che affrontando il caso Moro e più in
generale gli anni di piombo hanno appena sfiorato il personaggio Chichiarelli,
evitando attentamente di parlarne. Queste amnesie non ci meravigliano provenendo
da personaggi che nella loro ricerca si pongono un obiettivo a prescindere,
quello di dimostrare che tutto è chiaro nella storia italiana e ciò che non lo è
semplicemente lo ignorano, lo fanno scomparire. Il Falsario di Stato è la storia
di uomini piccoli piccoli i cui nomi non compariranno mai nei manuali dei Licei
e delle Università. Ed è un peccato, perché senza di loro, senza i loro gesti,
molto della storia ufficiale, perde il suo senso profondo: diventa incompleta,
ripulita e parziale..
2) Appare chiaro, dal vostro libro, che Chichiarelli disponesse di
complicità “molto in alto” e che potesse permettersi, nelle sue azioni, un
atteggiamento molto spregiudicato e che, per contro, non ritenesse di dover
correre rischi particolari. Come mai?
Chichiarelli è insieme un bandito e un soldato. Un bandito che vive nel
sottobosco criminale romano e un soldato che lo Stato usa per alcuni lavori
sporchi. Sapeva di correre dei rischi altissimi e nello stesso tempo che in
virtù dei suoi incarichi riservati era un intoccabile. Chi lo ha protetto
possiamo solo provare ad immaginarlo. Noi abbiamo invece individuato i nomi di
alcuni esponenti delle forze dell’ordine che, pur avendo elementi schiaccianti
sulla sua condotta criminale, non lo hanno mai fermato. Documenti importanti
sulla carriera criminale di Chichiarelli sono scomparsi. La stessa indagine
sulla sua morte è stata archiviata: il giudice che ha indagato ha scritto “le
zone d’ombra sono rimaste”.
3) Contatti con la Banda della Magliana, con i servizi, con informatori
dei servizi, ed anche con personaggi coinvolti nel Golpe Borghese. Autore di due
comunicati (il falso n. 7 ed il falso n. 10), si autodefinisce simpatizzante
delle stesse Br. E forse entra addirittura in contatto con il memoriale.
Potrebbe lo stesso Chichiarelli aver avuto un ruolo “cerniera” nella vicenda
Moro?
Che abbia avuto un ruolo non c’è alcun dubbio. E non solo quello di abile
falsario: Chichiarelli è un uomo d’azione che compra e vende armi, che frequenta
ambienti dell’estrema sinistra romana, il bacino di reclutamento delle Br, e
nello stesso tempo è in ottimi rapporti personali con uno dei capi della
Magliana, quello che più di altri boss ha avuto un ruolo in molte faccende
“politiche”, Danilo Abbruciati. E’ possibile solo coltivare l’ipotesi che
Chichiarelli avesse rapporti diretti con alcuni brigatisti. Rimane il fatto che,
secondo alcune nostre fonti nell’entourage del falsario, questi abbia avuto
effettivamente contatti con le Br.
4) Nel 2004 Andreotti ha dichiarato che, durante la trattativa Vaticano-Br,
il contatto delle Br cercò di accreditarsi preannunciando la pubblicazione del
falso comunicato della Duchessa. E' possibile che Chichiarelli abbia giocato un
ruolo anche in questa partita? Se sì, per conto di chi e con quale fine?
L’idea di legare il falso comunicato alla disponibilità della Santa Sede al
pagamento di un riscatto in cambio della vita di Moro è stata di Andreotti.
Sicuramente il Presidente ha buoni motivi per farlo. Un dato però è certo: il
Presidente ha sempre taciuto un particolare e cioè di aver ricevuto il giorno
prima della beffa del Lago della Duchessa una telefonata che preannunciava come
un bluff quello che sarebbe stato il comunicato numero 7 scritto da Chichiarelli.
Questo particolare viene alla luce solo per bocca dello stesso senatore a vita
nel 2004. Per quanto riguarda la fazione che Chichiarelli ha servito nel
redigere il falso comunicato è ormai noto che il padrino di quell’operazione è
Steve Pieczenick, l’esperto americano chiamato da Francesco Cossiga al Viminale
durante il sequestro Moro. L’americano ha affermato che quel comunicato fu una
sua idea con l’obiettivo – dice –“ di lasciare che Moro morisse con le sue
rivelazioni”. Se Pieczenick ammette di essere stato l’ideatore, Tony
Chichiarelli ne è stato l’esecutore.
5) Secondo una perizia riportata nel libro, il primo comunicato in codice
e il settimo comunicato Br (quello vero, non quello falso) sono opera della
stessa mano. Questo fa immaginare che Chichiarelli possa aver svolto un ruolo
tutt'altro che marginale nel caso Moro. Si può ipotizzare un Chichiarelli
addirittura interno alle Br e non un "disturbatore" esterno?
Le perizie sono prodotti umani e come tali passibili di critiche e di errori.
Tony ha svolto un importante ruolo nel caso Moro: solo la manifesta timidezza
intellettuale di alcuni nega questo dato di fatto. Non abbiamo certezze assolute
sul fatto che Chichiarelli fosse “interno” alle Br. Alcuni indizi porterebbero a
questa conclusione ma non bastano. Tony firma svariati documenti brigatisti,
alcuni dei quali minacciano di rendere noto il memoriale e le modalità della
scoperta del covo di via Gradoli. Segue e probabilmente conosce Mino Pecorelli,
fa ritrovare una serie di documenti su alcuni progetti di attentato a note
personalità, vende armi a destra e a manca, compie la più grande rapina mai
realizzata in Italia e la firma con la stella a cinque punte: tutto questo lo fa
su ordine di qualcuno. E’ scaduto il tempo per conoscere nomi e cognomi dei suoi
padroni, dei mandanti. Possiamo solo collegare i fatti e cercare di
interpretarli. Chichiarelli è stato un soldato che ad un certo punto doveva
morire, forse perché aveva esaurito il suo lavoro e poteva ricattare qualcuno.
La sua è una storia nera, di un ragazzo a suo modo romantico e generoso che
attraversa come una meteora alcune tra le pagine più oscure della nostra storia.
E’ rimasto sullo sfondo perché in fondo è rimasto un perdente, un servitore
delle logiche distorte del Potere: ha contributo a scrivere un pezzo importante
della nostra buffa e crudele storia Patria e non è molto edificante per il
potere che la sua storia venga conosciuta.
6) Secondo voi a chi faceva realmente capo il falsario?
L’utilizzo di criminali da parte di uno stato in alcuni delicati affari è una
costante in questo Paese e non solo. Non troveremo mai le prove per rispondere a
questa domanda: l’importante è pero conoscere queste storie.
7) Ci sono degli elementi che pur essendo stati raccolti nella sua ricerca
non è stato possibile inserire nel libro? Per motivi di “documentabilità” o per
indicibilità?
Certo, capita a tutte le ricerche! Capita anche quando si scrive un romanzo,
dover tacere alcune cose. Nel nostro caso basta dire che sono stati smarriti
verbali di perquisizione nell’abitazione del falsario, è introvabile il testo
del suo interrogatorio fatto dalla Polizia e sono stati smarriti alcuni reperti
riguardanti il suo omicidio: abiti, proiettili e altro ancora.
8) Ritiene che Chichiarelli potesse lavorare non tanto per il servizio
italiano quanto per una “sovra-struttura” dei servizi, sostanzialmente occulta,
ed è per questo che non è stato possibile dare alla sua vicenda, nel corso degli
anni, la giusta importanza e condurre adeguate indagini?
Non lo so. Noi siamo riusciti a dimostrare che Chichiarelli è stato un
“falsario di Stato”. Questo è già un passo. La mia sensazione è anche che le
indagini sulla sua morte non sono state all’altezza della complessità del caso.
9) Se è acquisita la conoscenza del falsario come autore materiale del
falso comunicato n. 7, si è invece più volte ipotizzato che abbia potuto anche
essere l’autore delle due fotografie scattate a Moro durante la prigionia. E che
abbia mantenuto per se altri scatti originali. Cosa può esserci di vero in
questa ipotesi?
Tony fa ritrovare acclusa alla rivendicazione “brigatista” della rapina alla
Brink’s Securmark due frammenti di foto polaroid che ritraggono un drappo
brigatista. In precedenza nel 1979 fa ritrovare un borsello che conteneva tra le
altre cose una rivendicazione del delitto Pecorelli e due cubi flash per
Polaroid. E’ il suo "modus operandi": far ritrovare degli oggetti che rimandano
alla vicenda Moro. Io non credo che Tony sia stato all’interno della prigione
delle Br, credo invece che sia stato molto vicino ad alcuni brigatisti. Il
comunicato numero 7 poteva scriverlo qualsiasi normale falsario e in cambio
avrebbe avuto un compenso. Tony no, lui continua per anni a lasciare messaggi
minacciosi e sibillini come a dire: “io so come sono andate le cose a Moro, a
Pecorelli”.
Per tornare alle foto che lui fa ritrovare: nessuna perizia è mai stata fatta su
quei frammenti, non sono mai stati posti a confronto con le due fotografie che
le Br scattarono a Moro e inviarono ai giornali
10) Recentemente l’esperto americano Pieczenik si è attribuito l’idea di
dover realizzare un falso comunicato per far scattare la sua trappola alle Br.
Secondo voi quale può essere il legame tra l’ideatore e l’autore materiale del
comunicato?
Il legame è nei fatti. L’americano è l’ideatore di quell’operazione che Tony
porta a termine e che poi continua per anni. La più grande beffa politica,
quella del lago della Duchessa, ha nomi e cognomi. Che poi le reazioni politiche
e quelle degli studiosi e dei mass media siano vicine allo zero, non importa.
Speriamo che il nostro libro possa colmare in parte questa mancanza. Spesso
passano alla storia i grandi generali e dei soldati nessuno si ricorda più. Tony
è stato un soldato dimenticato di quella guerra, nobile e nerissima insieme, che
lo Stato ha ingaggiato contro l’eversione in Italia tra gli anni ’70 e ’80. Per
vincere quella guerra sono serviti anche i banditi, i criminali, i “pirati” come
Danilo Abbruciati, Tony Chichiarelli e molti altri.
Per le domande 4 e 5 ringrazio Antonino Iovino che, tra i lettori, ha risposto al mio invito di porre alcune domande all'ospite dell'intervista.