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Il mio Moro non ha segreti
Su «La Stampa» di ieri, con il titolo «Il Paese delle carte segrete», lo
storico Miguel Gotor ha denunciato che i documenti personali di Aldo Moro non
sono ancora consultabili dagli studiosi. Gli risponde il presidente della
Repubblica emerito Francesco Cossiga, mentre è in corso a Roma il convegno «Il
governo della società nel XXI secolo», dedicato allo statista assassinato dalle
Brigate rosse.
Caro professore,
ho letto con grande interesse, e con maggior meraviglia, non essere ancora
possibile consultare e studiare nella loro integrale e autentica versione
cartacea le carte dell’archivio di Aldo Moro. Lei ha ragione: la Storia si
scrive con le carte, quelle scritte sulla carta, e non quelle digitalizzate (si
pensi al valore e al significato del tratto della penna o delle correzioni o
delle cancellazioni o del modo nel quale siano apposte le annotazioni e le
interpunzioni!); e la Storia scritta senza le carte rischia di essere o
«invenzione» o «romanzo» o «dietrologia». L’archivio Aldo Moro, sono certo
(quando egli lasciò Palazzo Chigi, io passai a via Savoia, il suo studio
privato, interi pomeriggi a discorrere con lui, da solo o con i suoi più diretti
collaboratori Freato e Rana), contiene notizie preziose sulla Democrazia
cristiana, per sapere che cosa precisamente fosse per lui il «compromesso
storico», sulla politica estera del nostro Paese, e anche la conferma o la
smentita delle rivelazioni, di origine palestinese e italiana, fatte quest’estate
alla stampa sul così detto «Lodo Moro», e cioè sugli accordi di «non
belligeranza» che Aldo Moro avrebbe concluso con Al Fatah, con il Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina e con altri movimenti della
resistenza palestinese, attraverso il servizio segreto militare.
Nella mia veste di senatore, farò tutto quello che posso perché da queste
carte venga tolto il «segreto di fatto».
Io ho un archivio ben modesto che non è coperto da alcun segreto e da nessun
segreto sarà coperto neanche dopo la mia morte, perché ho dato istruzioni in
questo senso a mia figlia e a mio figlio. Le uniche carte interessanti che sono
in mio possesso sono un rapporto delle autorità tedesche, ma già reso noto da un
brillante giornalista italiano che non mi ha disvelato la fonte, sulla Rete
Internazionale Stay Behind, e appunti sui tragici 55 giorni: incontri, visite,
colloqui verbali e telefonici e altro; ma di essi non ho la libera disponibilità
perché vennero redatti con un mio collaboratore d’allora, oggi importante
parlamentare del partito d’opposizione: per il resto è sin d’ora a sua
disposizione. Un suo studio complessivo su quei tremendi 55 giorni servirebbe
anche a chiarire quale sia stata la posizione dei partiti in merito ad eventuali
trattative con le Brigate Rosse, dato che coloro che erano allora nel Partito
comunista italiano e quasi tutta la storiografia di sinistra negano che questo
partito fosse in linea generale per la mano dura nei confronti di Autonomia e
del terrorismo, e che in particolare fossero nel «caso Moro» per la così detta
«linea della fermezza», e che esso di malavoglia l’abbia sostenuta per
compiacere Zaccagnini, Andreotti e Cossiga.
Una sola precisazione: il problema, non limitato alle carte di Moro, riguarda
soprattutto i documenti raccolti dalla Commissione stragi conservati presso
l’Archivio storico del Senato. Sarebbe auspicabile concludere l’inventariazione,
consentire agli studiosi l’accesso diretto ai fondi anche se digitalizzati e
definire un regolamento, analogo a quello in vigore per gli archivi di Stato,
che consenta di chiedere la visione delle carte legittimamente giudicate
riservate dalle amministrazioni competenti. Auspico che Lei possa fare il
possibile nelle sedi istituzionali appropriate per favorire un simile risultato
che molto gioverebbe alla ricerca storica.
Miguel Gotor
La Stampa 18 novembre 2008
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