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Segreti di stato
Così Cossiga rievoca il patto scellerato tra l’Olp e il
Governo
di Dimitri Buffa
Il sospetto che i politici della Prima Repubblica come il compianto Aldo Moro
e il sempreverde Giulio Andreotti non l’avessero raccontata tutta, né giusta,
sui metodi sporchi di contenimento del terrorismo interno e internazionale c’era
sempre stato. Da domenica scorsa però abbiamo anche una testimonianza illustre.
Il sacco l’ha vuotato il “solito” Francesco Cossiga in un’intervista fiume a un
diffuso quotidiano israeliano, “Yedioth Ahronoth”, rilasciata al suo
corrispondente a Roma Menachem Gantz venerdì 3 ottobre (poi tradotta in italiano
dal sito Informazione Corretta domenica 5). Fino ad oggi tutti sapevano del
patto di non aggressione stilato per ordine di Aldo Moro dall’ex colonnello del
Sismi Stefano Giovannone già nei primi anni ’70 con l’ex Olp di Arafat.
Praticamente l’Italia diventava per i terroristi palestinesi una sorta di porto
franco in cui fare confluire armi e uomini che poi sarebbero stati usati in
agguati in Israele e in Europa contro obbiettivi dello Stato ebraico. In cambio
però avremmo evitato azioni di terrorismo. Oggi Cossiga aggiunge qualche altro
dettaglio veramente criminale di questo patto con Arafat: i cittadini italiani
di religione ebraica erano da considerarsi esclusi dall’accordo di non
aggressione.
E infatti il 9 ottobre del 1982 il piccolo Stefano Gaj Tachè perse la vita
nell’orrendo attentato davanti alla Sinagoga e il 27 dicembre 1985 all’aeroporto
di Fiumicino ci rimisero la pelle ben quindici tra cittadini italiani di
religione ebraica e israeliani tutti in partenza dallo scalo della El Al.
Cossiga addirittura ipotizza che nel caso dell’attentato alla Sinagoga i
palestinesi abbiano avvertito prima i nostri servizi, permettendo al Sismi di
fare richiamare le due volanti di guardia al luogo sacro degli ebrei. Insomma:
ci avrebbero permesso di salvare i poliziotti rendendoci complici della morte
del piccolo Stefano Gaj Tachè. Cossiga, per spiegare una simile nefandezza, fa
anche il paragone con l’uccisione del sospetto terrorista di Settembre Nero, lo
scrittore palestinese Adel Wahid Zuaitar, a Roma da parte del Mossad nel 1973 e
dice ammiccando a Gantz: “crede che gli italiani non sapessero chi fossero quei
due che hanno sparato? E’ ovvio che lo sapevano, ma in questioni del genere è
meglio non mettere le mani, ed è questa la linea che guidava il comportamento
dell’Italia”. Ma Gantz non lascia passare questo paragone “salomonico” sotto
silenzio. E domanda: “Lei paragona l’eliminazione di un terrorista
all’assassinio di un bambino di due anni all’uscita della Sinagoga?”. Cossiga
stavolta è veramente in difficoltà e risponde così: “No, assolutamente no.
Se avessi saputo che le volanti della polizia erano state istruite ad
andarsene quella mattina, nell’ambito di quell’accordo di cui mi hanno sempre
negato l’esistenza, forse tutto sarebbe andato diversamente”. Bene, così parla
un ex Presidente della Repubblica italiana. E così hanno operato ex presidenti
del consiglio come Aldo Moro, Giulio Andreotti e lo stesso Bettino Craxi, di cui
Cossiga rivela anche retroscena non edificanti di quell’episodio di Sigonella
che, chissà perché, in tanti credono essersi trattato di un atto eroico. E che
invece fu forse uno dei suoi più gravi errori politici. L’intervista di Cossiga
indubbiamente avrà ripercussioni anche sul ruolo internazionale dell’Italia. Ma
a livello più “terra-terra” la prima reazione che provocherà in molti di quei
cittadini che l’hanno letta (e non solo in quelli di religione ebraica) è un
profondo senso di vergogna e disgusto per gli uomini e le istituzioni che ci
hanno rappresentato e tuttora ci rappresentano.
L'Opinione delle Libertà (Opinione.it, 7 ottobre 2008)
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