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Assassinati dalle Brigate Rosse - Risarcimento dopo 34 anni
I killer di Mazzola e Giralucci dovranno pagare 350mila euro ai parenti delle
vittime.
Tra gli altri è stata condannata la Ronconi poi consulente del
ministro Ferrero
«Hanno cercato di difendere con le unghie e con i denti proprio ciò per cui
dicevano di provare disprezzo: la proprietà, i beni materiali, il denaro. Queste
sono le Brigate Rosse che hanno ucciso mio papà e vorrei che emergesse con
chiarezza».
Aveva 26 anni Piero Mazzola e una carriera universitaria appena avviata quando
le Br gli uccisero il padre, il 17 giugno 1974.
Fu il battesimo di fuoco delle Br e sono trascorsi 34 anni dall’omicidio a
sangue freddo di due persone inermi, che si trovano nel posto sbagliato: la sede
Msi di via Zabarella a Padova. Graziano Giralucci, militante missino, tra i
fondatori del Cus Padova Rugby, aveva 30 anni e una figlia in fasce. Giuseppe
Mazzola, padre di Piero, ne aveva 60 e quattro figli. Carabiniere in pensione,
una carriera di benemerenze a attestati, scampò alla prigionia in Africa e
partecipò alla guerra di liberazione in Calabria. Non era iscritto al Msi, aveva
simpatie monarchiche. Dopo la sentenza della Corte di Cassazione, presieduta da
Corrado Carnevale, che il 1 luglio 1992 ha condannato il commando omicida —
Roberto Ognibene e Fabrizio Pelli, Martino Serafini, Susanna Ronconi, Giorgio
Semeria — e per concorso morale in duplice omicidio i leader storici delle Br,
Renato Curcio, Alberto Franceschini, e Mario Moretti, è calato il sipario anche
sulla causa civile.
I killer di Mazzola e Giralucci dovranno risarcire i danni morali ed
esistenziali alle famiglie: la sentenza del giudice Carla Zanellato stabilisce
infatti che a ciascuna a parte offesa siano liquidati 350mila euro. Ma non sarà
facile recuperarli. A oggi risulta siano state avviate le procedure di
pignoramento solo dei mobili di Serafini. Curcio, in libertà condizionata, è
socio della coop editrice Sensibili alle foglie, a Ognibene, semilibero, potrà
al massimo essere pignorato il quinto dello stipendio da geometra al comune di
Bologna, la Ronconi, da tempo è in libertà, lavora col Gruppo Abele, Pelli morì
di leucemia a San Vittore nell’agosto 1979.
«A noi non interessano quei soldi, sono euro che grondano sangue. Andrà tutto
in beneficenza all’Arma dei carabinieri», spiega Piero Mazzola. «Abbiamo già
recuperato una parte delle spese processuali per i giudizi penali ed è stata
devoluta senza toccare un solo centesimo».
Soddisfatto per la sentenza?
«Non si può proprio parlare di soddisfazione. La nostra ferita non si
rimarginerà mai, ma l’intera vicenda ha fatto emergere il vero spessore morale
dei brigatisti. Per loro la vita umana non aveva valore, ma i beni materiali sì,
e per difenderli si sono attaccati ai cavilli più nascosti delle leggi di quello
Stato che dicevano di voler sovvertire».
Come reagì quando il ministro Ferrero tentò di nominare la Ronconi
consulente?
«Lo denunciai e ha dovuto fare marcia indietro. I giornali hanno scritto che la
Ronconi si ritirò, ma non è vero: quella nomina è stata annullata perché
mancavano i presupposti, era un atto illegittimo e, se permette, per me
illecito. Non mi ha sorpreso, se è questo che vuole sapere, perché gli ex
brigatisti continuano a tenere banco e a salire in cattedra alle università.
Quando nel ’91 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga manifestò
l’intenzione di graziare Curcio io e la mia famiglia abbiamo chiesto la
sospensione della cittadinanza italiana. Non potevamo opporci alla grazia, ma
non volevamo che fosse concessa anche a nome nostro».
Uccidere un fascista non è reato, era scritto sui muri delle nostre città
in quegli anni...
«Se è per questo diversi deputati lo sostenevano anche in Parlamento: Padova
era la culla ideologica di certi fermenti e in parte forse lo è ancora. La gente
tende a rimuovere e preferisce voltarsi dall’altra parte. Ma è sbagliatissimo,
perché quello che è capitato alle nostre famiglie poteva capitare a tutti. Non
ci siamo mai sentiti abbandonati, anche se ci siamo trovati da soli contro il
presidente della Repubblica: i carabinieri hanno sempre lavorato per trovare i
veri assassini. Anche la magistratura non si è arresa e vorrei sottolineare
l’umanità di un magistrato, Pietro Calogero, che non mi ha mai trattato come il
numero di un fascicolo, nonostante io abbia consumato negli anni i gradini della
Procura».
Moralmente vi sentite risarciti?
«Moralmente ci fa pena tutto lo spazio che i mass media hanno dato agli ex
terroristi. E’ vergognoso».
Oggi si ipotizzano collusioni, tra apparati dello Stato e le Br...
«E’ possibile che questi terroristi siano stati strumentalizzati per chissà
quale disegno superiore. Basta guardarli in faccia: nei loro occhi non vedi la
luce, l’intensità di un’intelligenza superiore. Vedi solo la banalità del male».
Lorenzo Sani - Il Giorno - 06/09/2008
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