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Siamo rimasti a dir poco sorpresi dalla lettera che Francesco Cossiga ha
inviato al Corriere della Sera in risposta a una intervista di Bassam Abu Sharif,
ex ministro del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. L’ex
presidente della Repubblica conferma, infatti, la possibilità che la strage di
Bologna del 1980 sia stata causata dallo scoppio involontario di una o due
valige di esplosivo trasportate da esponenti palestinesi per obiettivi esteri.
Di tale trasporto sarebbero stati avvertiti i servizi segreti italiani che
sarebbero stati parte integrante di un accordo di più ampio respiro tra lo Stato
italiano e le organizzazioni della resistenza palestinese, comprese quelle
terroristiche. Tale accordo sarebbe stato pensato e concluso da Aldo Moro e
avrebbe previsto libertà di movimento degli esponenti palestinesi che potevano
avere nel nostro Paese basi logistiche e di armamento in cambio di una tutela
del nostro territorio.
Che la politica italiana, da Moro a Fanfani, da Andreotti a Craxi avesse
avuto una linea di apertura verso i palestinesi nel tentativo di raggiungere un
accordo tra Israele e l’Olp come condizione per un processo di pace, è fuor di
dubbio. Così come è fuor di dubbio una certa diffidenza verso il nostro Paese di
alcuni ambienti dell’intelligence americana. Ma questa è cosa diversa dagli
accordi segreti descritti da Cossiga. Ciò che ci sconcerta è che di questo
presunto accordo così dettagliato e preciso che ci poneva ai limiti, se non
addirittura fuori, dagli impegni atlantici, Francesco Cossiga non ne sapesse
nulla.
Cossiga è sempre stato uomo delle istituzioni e molto meno uomo di partito
nella storia della Dc e del Paese. È stato uomo ampiamente apprezzato da Moro,
Fanfani, Andreotti e Craxi e fu l’unico esempio di presidente della Repubblica
eletto al primo scrutinio a testimonianza di una fiducia pressoché generale. Che
un uomo di questa statura scopra solo adesso accordi antichi fuori dai patti
internazionali liberamente sottoscritti dall’Italia, ci lascia sconcertati,
anche perché getta una luce diversa sull’uccisione di Aldo Moro e conferma
purtroppo ciò che da tempo diciamo, e cioè dell’esistenza di una radice estera
di tutta la vicenda di Tangentopoli.
Riemergono così mille domande. Perché Cossiga, descrivendo accordi tra il
Sismi e la resistenza palestinese nascosti all’autorità politica corre il
rischio di farsi ritenere, insieme a tanti altri, un politico inutile? La
risposta può essere inquietante. Cossiga non ha mai spiegato il perché di quelle
sue precipitose dimissioni da presidente della Repubblica nell’aprile del ’92,
che invertirono l’ordine del giorno del nuovo Parlamento, facendo precedere
l’elezione del nuovo presidente della Repubblica a quelle del presidente del
Consiglio. Se non si fosse dimesso avrebbe lui dato, secondo le intese politiche
note, l’incarico a Bettino Craxi e la storia di quel periodo sarebbe stata tutta
diversa. E il suo ultimo biennio da «picconatore» era forse il tentativo di
avvertire i responsabili politici che nubi golpiste si addensavano sul nostro
Paese, o fu solo una banale coincidenza? E perché Cossiga bacchetta da sempre
Gianni De Gennaro, uomo che da quasi 20 anni, sotto tutti i governi della
Seconda Repubblica, è il terminale vero delle forze dell’ordine e degli stessi
servizi segreti e ha forti legami con alcuni ambienti dell’intelligence
americana? Anche questa è un’altra coincidenza? E perché molti documenti della
commissione Stragi, dalla testimonianza di Vincenzo Parisi, l’ex capo della
Polizia che denunciò il tentativo di alcuni ambienti internazionali di volere
un’Italietta di pupazzi da manovrare, al ruolo giocato da alcuni circoli
culturali e giornalistici sono stranamente ancora secretati negli archivi del
Senato? Un segreto che abbiamo personalmente tentato di rimuovere nella totale
indifferenza dei grandi quotidiani di informazione.
Potremmo continuare, ma cresce sempre di più la nostra convinzione che
l’Italia sia diventata in questi ultimi 15 anni davvero un Paese a sovranità
molto limitata, in cui agiscono filiere di potere illegittime e illegali capaci
anche di eliminare personaggi come Lorenzo Necci nel momento in cui era venuto
in possesso di alcuni dossier, come abbiamo descritto nel nostro ultimo libro.
Può darsi, forse, che ancora una volta Francesco Cossiga, con un linguaggio
necessariamente obliquo, voglia avvertire il Paese della condizione in cui si
trova. Illuminante è, infatti, la conclusione della sua lettera in cui spiega la
subalternità della politica ai servizi segreti militari italiani e stranieri.
Come si vede, domande inquietanti che cadono, purtroppo, in un silenzio
assordante.
Lettera al Direttore di Geronimo del 18/08/2008
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