L'intervista: Parla Bassam Abu Sharif, leader storico del Fronte popolare
«Trattai io il lodo Moro. Mani libere a noi palestinesi»
«Trasportavamo armi e l'Italia era immune dai nostri attacchi»
GERICO — L'occhio di Bassam Abu Sharif vaga verso le montagne di roccia rossa
che circondano Gerico. L'altro è fisso da oltre trent'anni nello stesso sguardo
cristallizzato. «Un regalo del Mossad», dice. Nel 1970, era il portavoce del
Fronte popolare per la liberazione della Palestina, finito sulla copertina di
Time come il «volto del terrore», durante i dirottamenti di Dawson's Field. Quel
volto viene devastato da un pacco bomba, spedito a Beirut due anni dopo.
Con la mano destra mutilata, si sforza di infilare le piccole pile
nell'apparecchio acustico.
Ora è pronto a ricordare il periodo a fianco di George Habash, nell'ufficio
politico del Fronte.
E' lui che ha reclutato Ilich Ramirez Sanchez (e lo ha battezzato con il nome
di battaglia Carlos), è lui che ha seguito, tra gli anni Settanta e Ottanta, la
«politica estera» dell'Fplp, i rapporti internazionali, compresi quelli con
l'Italia. Fino alla rottura con il gruppo e al ruolo di consigliere per Yasser
Arafat.
E' un uomo di 62 anni che, dopo la conversione a sostenitore della pace, ha
voglia di raccontare. A volte fatica a ricordare le date, a volte le usa come
appiglio per la memoria. Premette di poter parlare della «strategia generale»,
senza dettagli sulle operazioni. «Quello che le dico è la verità, non tutta la
verità ».
Francesco Cossiga, in un'intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della
Sera, parla di un accordo tra l'Italia e i palestinesi. Lo chiama «lodo Moro».
Esisteva un'intesa con il Fronte popolare, potevate trasportare armi e
esplosivi, garantendo in cambio immunità dagli attacchi?
«Ho seguito personalmente le trattative per l'accordo. Aldo Moro era un
grande uomo, un vero patriota. Voleva risparmiare all'Italia qualche mal di
testa. Non l'ho mai incontrato. Abbiamo discusso i dettagli con un ammiraglio,
gente dei servizi segreti, e con Stefano Giovannone (capocentro del Sid e poi
del Sismi a Beirut, ndr). Incontri a Roma e in Libano. L'intesa venne definita e
da allora l'abbiamo sempre rispettata».
Che cosa prevedeva?
«Ci veniva concesso di organizzare piccoli transiti, passaggi, operazioni
puramente palestinesi, senza coinvolgere italiani. Dovevamo informare le persone
opportune: stiamo trasportando A, B, C... Dopo il patto, ogni volta che venivo a
Roma, due auto di scorta mi aspettavano per proteggermi. Da parte nostra,
garantivamo anche di evitare imbarazzi al vostro Paese, attacchi che partissero
direttamente dal suolo italiano ».
Chi dovevate informare dei transiti?
«I servizi segreti. Chi altro? Non il ministero del Turismo».
L'intesa era valida anche per altre organizzazioni palestinesi?
«Posso parlare per il Fronte popolare ».
Qual era il ruolo di Saleh Abu Anzeh in Italia? Viene arrestato dopo il
sequestro di due lanciamissili, destinati al Fronte popolare, e trovati in
possesso di militanti di Autonomia Operaia.
«Saleh, Saleh... Adesso è grassissimo (ride). L'incidente è avvenuto prima
dell'accordo, altrimenti l'avrei giustiziato personalmente, perché contravveniva
al patto che io avevo sottoscritto ».
Il caso è del '79, l'accordo doveva essere già in vigore.
«E' vero era già in vigore. Vuol dire che Saleh aveva ricevuto ordini da
altri ».
Durante il processo, il Fronte popolare chiede la restituzione dei
lanciamissili e la scarcerazione di Abu Anzeh. Avete minacciato ritorsioni
contro l'Italia?
«No. Mai. Saleh è stato trattato bene e noi non siamo mai venuti meno al
patto».
Nessuna trasgressione?
«Diciamo che se un ex Brigate Rosse stava scappando, aveva bisogno di un
rifugio per qualche tempo e ci chiedeva aiuto, non potevamo cacciarlo. Gli
preparavamo un passaporto e lo facevamo andare via. Piccoli militanti, non gente
importante. Le autorità italiane lo sapevano: il povero Giovannone veniva a
protestare da me».
In che modo le Brigate Rosse erano collegate al Fronte popolare?
«Qualcuno di loro faceva parte dell'" Alleanza" che venne stabilita nel 1972,
assieme a organizzazioni di tutto il mondo. Erano le "operazioni speciali"
guidate da Wadie Haddad. Questi gruppi stranieri non sono mai stati ai nostri
ordini, c'era solo coordinamento ».
Cossiga ha detto, sempre al Corriere: «La strage di Bologna è un incidente
accaduto agli amici della "resistenza palestinese", che si fecero saltare
colpevolmente una o due valigie di esplosivo ».
«In che anno è avvenuta la strage?»
Il 2 agosto del 1980.
«Non c'entriamo niente. Nessuno ordine è venuto da me. Il massacro non ha
niente a che vedere con organizzazioni palestinesi. Neppure un incidente. Non
c'era nessuna ragione per farlo, soprattutto a Bologna».
Carlos ha dichiarato: «Siamo convinti che la strage di Bologna sia stata
organizzata dai servizi americani e israeliani».
«Io posso parlare dei fatti che conosco. Vuole un'analisi? La Cia o il Mossad
potrebbero aver usato un palestinese, un loro agente. E' stato fatto esplodere,
senza che lo sapesse, per accusare noi. Gli americani non erano affatto felici
della nostra cooperazione con l'Italia. Soprattutto perché passavamo agli
italiani informazioni top secret su quello che gli americani stavano facendo nel
vostro Paese».
Ancora Carlos ha raccontato all'Ansa che l'ultimo tentativo del Sismi per
salvare Moro è saltato per una sua «imprudenza » . Ci sarebbe stato un accordo
per scarcerare alcuni brigatisti e portarli a Beirut.
«Avrei potuto salvare Moro. Nessuna imprudenza. Ho chiamato un numero, ho
lasciato un messaggio dopo l'altro. Nessuna risposta. Davvero strano: una linea
speciale e nessuno risponde ».
Qual è stato il ruolo del Fronte popolare nella trattativa con le Brigate
Rosse?
«E' complicato. Posso dire che eravamo pronti a fare quello che veniva
richiesto »
Corriere della Sera - Davide Frattini - 14 agosto 2008
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