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Moro, quei misteri mai chiariti su Igor Markevitch e
Giovanni Senzani
Si riaccendono i riflettori sull’enigmatica figura di Igor Markevitch, il
direttore d’orchestra russo di origine ebree e naturalizzato italiano, indicato
da una fonte del Sismi degna del maggior credito come uno degli uomini che
interrogarono Moro. Torna infatti in libreria il libro scritto a quattro mani da
Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca – “La storia di Igor Markevič” – e
riaffiorano domande rimaste incredibilmente per tanti anni senza risposta su chi
fosse davvero questo personaggio eclettico e multiforme, strettamente
imparentato con una delle più importanti famiglie della nobiltà romana, i
Caetani, attraverso la moglie, la duchessa Topazia e finito come attore primario
nella vicenda drammatica del sequestro e dell’omicidio dell’esponente
democristiano assassinato dalle Brigate Rosse. E’ oramai ampiamente assodato,
secondo un rapporto del Ros dell’Arma, che fu Giovanni Senzani, il “capo” mai
entrato nella vicenda Moro, a presentare Markevitch a Mario Moretti. Markevitc,
l’intermediario fra servizi segreti esteri e Br
Ma, incredibilmente, Senzani, «personaggio di levatura intellettuale e
politica di gran lunga superiore a quella dei brigatisti finora noti e membro
della direzione strategica brigatista all’epoca del sequestro», spiega Fasanella,
pur inquisito e condannato per reati compiuti prima e dopo il sequestro e
l’omicidio Moro, non è mai comparso in un’inchiesta sul caso dell’esponente Dc.
Insomma Senzani, che pure rappresenta uno snodo fondamentale nelle vicende
brigatiste quanto nel sequestro e nell’omicidio Moro, – viene ricordato
soprattutto per il rapimento di Roberto Peci, “colpevole” di essere fratello del
pentito Patrizio Peci, che Senzani interrogò per settimane e di cui filmò
minuziosamente l’esecuzione – è passato indenne in tutti i processi senza mai
essere chiamato a rendere conto di quanto sapeva. Ora la nuova Commissione
d’inchiesta creata per fra luce sulla vicenda Moro potrebbe e, anzi, secondo
Fasanella, dovrebbe convocare Senzani. Perché davvero sono troppe le
incongruenze e i punti che non tornano. A cominciare dalla figura di Igor
Markevitch e dal ruolo che ha avuto nella vicenda Moro dove giocò da
intermediario – «non da Grande vecchio», ci tiene a specificare Fasanella, – tra
alcuni servizi segreti esteri di rango e le Brigate Rosse per la liberazione di
Aldo Moro che era detentore di segreti Nato sensibili e in una sua lettera a
Cossiga, allora ministro dell’Interno, aveva minacciato di rivelarli ai
brigatisti. La Renault 4 lasciata accanto a palazzo Caetani
Peraltro, fa notare Fasanella, «nessuno ha mai chiarito con elementi
convincenti perché si scelse via Caetani per riconsegnare il cadavere di Aldo
Moro». Roma era praticamente militarizzata. C’erano posti di blocco dappertutto.
Era più facile incappare in un controllo che sfuggirgli. E via castani si
trovava al centro di un quadrilatero fondamentale: da una parte c’era la sede
del Pci di via delle Botteghe Oscure, dal lato opposto c’era la sede della
Democrazia Cristiana di piazza del Gesù. Guarda caso via Michelangelo Caetani la
strada dove fu lasciata dai brigasti rossi la Renault 4 rossa con il cadavere di
Aldo Moro costeggia proprio Palazzo Caetani, dove tra l’altro due agenti del
Sismi lo avevano cercato mentre era ancora in vita. E i risultati dell’autopsia
e gli esami compiuti su alcuni materiali rinvenuti sulle ruote della Renault
rossa e nei risvolti dei pantaloni di Moro, hanno dimostrato che «il presidente
della Dc fu assassinato non più di un’ora prima del ritrovamento del cadavere, e
fu ucciso in un luogo distante non più di 40 metri da via Caetani». Dunque Moro
fu tenuto prigioniero lì vicino. Dove? Forse proprio nelle secrete sotterranee
di Palazzo Caetani? Ci sono molti, troppi, punti di contatto fra i personaggi e
gli ambienti solo apparentemente lontani. Sono gli stessi brigasti a spiegare
gli inizi della loro avventura che doveva essere la continuazione ideale, ma
anche operativa, della lotta partigiana. Le prime armi per i Br arrivarono
proprio da lì. E Markevitch aveva partecipato alla Resistenza nelle formazioni
partigiane “rosse” dei Gap. Non solo. Un rapporto del Sismi datato 1980 recita
testualmente: «Il 14 ottobre 1978 fonte del servizio segnalava che un certo
Igor, della famiglia dei duchi Caetani, avrebbe avuto un ruolo di primo piano
nell’organizzazione delle Br che, in particolare, avrebbe condotto tutti gli
interrogatori di Moro, della cui esecuzione sarebbero stati autori materiali
certi “Anna” e “Franco”. Markevitch, torna la pista fiorentina mai percorsa fino
in fondo
L’idea che si è fatta strada è che Markevitch fu la testa pensante di quell’interrogatorio
che, secondo gli analisti, mostrava, nelle domande, un profilo psicologico non
compatibile con quello dei brigatisti. E che, inoltre, dato che il coordinamento
del sequestro fu collocato a Firenze, i brigasti furono ospitati e coordinati in
una villa del capoluogo toscano nella quale, durante i primi 15 giorni del
sequestro Moro, si riuniva il Comitato esecutivo dei brigatisti. Successive
indagini giudiziarie hanno identificato questo immobile nel feudo Caetani La
Farnia, a metà strada fra Firenze e Fiesole. Secondo Fasanella, Igor Markevitch
era sostanzialmente chiamato a gestire la vicenda per evitare «il rischio di una
grave destabilizzazione degli equilibri interni italiani e internazionali» che
sarebbero, appunto, derivati dai segreti Nato di cui Moro era uno dei custodi.
Ma qualcosa, forse, non andò com’era previsto che andasse. Nelle ultime ore
frenetiche, forse, addirittura, negli ultimi secondi di vita dell’esponente Dc,
«man mano che la trattativa procedeva, ci furono passaggi di mano dell’ostaggio,
a cui corrisposero anche trasferimenti fisici da un covo all’altro. Alla fine,
Moro arrivò là dove avrebbero dovuto liberarlo. E dove, invece, fu assassinato».
Di qui la domanda ovvia. Ci sono elementi che la Commissione Moro potrebbe
sviluppare nelle sue indagini su Igor? «Sì. Innanzitutto dovrebbe cercare di
spiegare perché Moro venne assassinato, mentre invece la sua liberazione
sembrava ormai certa. Quanto a Markevitch: chi gli chiese di intervenire e
perché venne chiesto proprio a lui? Aveva legami con ambienti diplomatici,
dell’intelligence e intellettuali che per varie ragioni avevano avuto a che fare
con il terrorismo? La figura chiave per rispondere a queste domande è
l’ex-brigatista fiorentino Giovanni Senzani. Bisogna ripartire da lui. E sarei
davvero sorpreso – ammette Fasanella – se la Commissione parlamentare e la
magistratura non avessero ancora deciso di ascoltarlo».
Roberto Frulli (7 maggio 2015, Secolo d'Italia)
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