Ultimo saluto a Giannino Guiso
Si sono svolti questa mattina – mercoledì 1 aprile – a Milano, i funerali di
Giannino Guiso, avvocato, socialista, amico e compagno sempre in prima linea in
tanti processi in difesa dei diritti umani e della legalità. Fu avvocato di
Curcio, del bandito Mesina, degli ufficiali della Guardia di Finanza durante
Tangentopoli, e in ultimo – con una particolare passione politica – di Bettino
Craxi per il quale ottenne con una sua celebre requisitoria l’assoluzione da
parte della Corte di Strasburgo e la condanna dei tribunali italiani.
La sua ribalta alla cronaca avvenne nella vicenda del caso Moro in cui fu il
principale sostenitore, a ragion veduta, della linea “umanitaria” per salvare la
vita al presidente della DC, battendosi affinché le lettere dal carcere fossero
riconosciute come autentiche e non estorte o addirittura come false.
In occasione della pubblicazione delle lettere dello Statista democristiano
da parte della Critica Sociale nel 2008 (a vent’anni dall’omicidio) nel volume
“Lettere da Patibolo”, la rivista socialista lo intervistò sui fatti che avevano
portato Craxi durante il congresso di Torino e nei giorni del rapimento, a
sostenere la possibilità di una trattativa politica con i terroristi per salvare
la vita a Moro, lasciando poi allo Stato il compito di perseguire i criminali.
Due cose che Guiso sempre sostenne doversi tenere distinte proprio per
dimostrare la forza e non la debolezza della democrazia di fronte alla violenza
della lotta armata.
“Conversando con Craxi – disse nell’intervista
alla Critica Sociale, Giannino Guiso – gli espressi il mio pensiero ad una
sua precisa domanda: ritenevo che la liberazione di Aldo Moro si sarebbe potuta
conseguire a fronte di una piccola contropartita politica. Come ad esempio la
liberazione di qualche loro detenuto, considerato “prigioniero politico”
Ti eri fatto questa convinzione in seguito a colloqui avuti sull’argomento
con i capi brigatisti che stavi difendendo? “Prima parlai con Craxi e gli
rappresentai il mio parere, ovvero che la cosa dovesse essere trattata come un
normale sequestro di persona. Nel sequestro criminale il prezzo è il riscatto in
denaro, nel sequestro politico il prezzo doveva essere politico. Craxi mi
sollecitò a verificare attraverso i miei rapporti con Curcio e gli altri, se
questa strada era percorribile e quale fosse, nelle intenzioni dei rapitori, la
loro aspettativa politica”.
Gran parte del suo archivio è oggi custodito nella Biblioteca Storica di
Critica Sociale, nel Teatro del Borgo di Brera, a cui l’affidò tre anni orsono.
Redazione (1 aprile 2015, L'Avanti)
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