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Caso Moro: forse in un covo fiorentino la regia del
rapimento
I familiari delle vittime chiedono al procuratore generale della Corte di
Cassazione di indagare ancora sul ruolo di Senzani. Ma secondo il procuratore
generale della Toscana Tindari Baglione il professore brigatista all'epoca
operava solo su Roma
ROMA. E' oggi "assolutamente indispensabile una nuova ricognizione dei fatti
criminosi attraverso nuovi interrogatori, da parte della Procura generale" di
tutti i Br ritenuti presenti in via Fani. E' questa, oltre ad un approfondimento
di singoli temi specifici, la principale proposta che i familiari degli agenti
caduti in via Fani, attraverso il loro legale Valter Biscotti, avanzano al
Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Roma, Antonio Marini. La
richiesta è stata depositata sabato 14 marzo e resa nota domenica 15.
In un covo fiorentino la regia del rapimento Moro. Anche sulla scorta di una
recente audizione del magistrato fiorentino Tindari Baglione davanti alla
Commissione Moro i familiari delle vittime cadute in via Fani chiedono al
Procuratore generale presso la corte di Appello di Roma, Antonio Marini, nuove
indagini sul ruolo che potrebbe aver svolto Giovanni Senzani durante il
rapimento Moro. L'avvocato che rappresenta la parte civile, Valter Biscotti,
propone alcuni elementi che indicano in un covo di via Pisana, a Firenze, la
base utilizzata come "cabina di regia" del rapimento del presidente della Dc.
Senzani nelle Br già dal 1977. Da alcune affermazioni riportate da Prospero
Gallinari in un suo libro quell'appartamento era già attivo al luglio del 1977 e
ospitava due membri del commando di via Fani (Prospero Gallinari e Franco
Bonisoli). "Il fatto sorprendente e di grande novità e rilievo delle
dichiarazioni di Gallinari che l'appartamento era messo a disposizione da
Giovanni Senzani 'consulente esperto della situazione'. Pertanto la conseguenza
di queste dichiarazioni che Senzani era in contatto con Gallinari e Bonisoli già
nel luglio del 1977. Mentre la storia giudiziaria ufficiale colloca la posizione
di Senzani nelle Br a partire dal 1979". La parte civile chiede quindi a Marini
"di acquisire il fascicolo sul covo di via Pisana ed anche altri procedimenti Br
celebrati a Firenze e quelli a carico di Senzani". Inoltre è emerso in
commissione Moro che la casa di Senzani era intercettata. La moglie di Senzani
riferì al giudice Pierluigi Vigna di aver trovato in casa un registratore
murato, "opera che non era riconducibile a nessuno degli occupanti
dell'appartamento". Anche su questo dato la parte civile chiede approfondimenti
e "specifiche indagini".
Il procuratore generale della Toscana: erano da escludere contatti tra
Senzani e i Br toscani. Sui rapporti tra Senzani e i Br toscani l'anno
precedente al rapimento Moro, il procuratore generale della Toscana, Tindari
Baglione ha però idee diverse. "L'ex br e professore Giovanni Senzani secondo
me, sul territorio fiorentino ci abitava, ma non operava - dice Baglione
riferendosi all'argomento affrontato durante l'audizione nella commissione Moro
- Senzani era proiettato a Roma, ministero della difesa o forse degli interni"
per consulenze "e credo che avesse la cattedra a Genova". "Che vi fossero
contatti fra Senzani e il comitato toscano delle Br a mio avviso era da
escludere", ha poi aggiunto Baglione.
Il brigatista Bombaci inquilino del professore. Riguardo il legame fra il
sequestro Moro e Senzani, che sarebbe suggerito dal fatto che nel 1977 Bonisoli
e Gallinari avrebbero abitato a Firenze in un appartamento messo a disposizione
da Senzani, Baglione oggi risponde che quel riferimento in commissione Moro non
stato fatto da lui ma dal deputato Pd Gero Grassi. Baglione ha anche ricordato
che il brigatista Salvatore Bombaci venne arrestato nel 1978 dalla digos "in
un'abitazione di Senzani in Borgo Ognissanti", a Firenze. Il capo della digos
fiorentina, Mario Fasano, disse al magistrato "che forse sarebbe stato il caso
di dire a Senzani", all'epoca conosciuto come professore universitario e non
coinvolto nell'indagine fiorentina: "Stai attento a chi ti metti in casa". "Io -
ha spiegato Baglione - gli dissi che non avrei chiamato nessuno, non avrei
avvisato nessuno. So che invece le forze di polizia lo avvisarono. Io di Senzani,
oltre a questo, niente so".
La direzione strategica nel covo fiorentino di via Sollicciano. In merito ai
covi delle Br a Firenze "mi pare fossero cinque - ha detto Baglioni in
commissione - ma io mi sono occupato solo di quello di via Barbieri. Poi, ma fu
trovato dopo, sapevo di quello in viale Europa, ma sono tutti atti successivi"
alle sue indagini, "come quello vicino Sollicciano, dove doveva essere la
direzione strategica". E riguardo la possibilità di intercettare con
registratore a nastro (in riferimento alla 'macrospia ambientale' che la moglie
di Senzani disse di aver trovato in casa) Baglione ha detto che all'epoca la
procura "poteva fare solo intercettazioni Sip, non avevamo nemmeno il fax".
Il Pg Marini ascolterà i Br: troveremo i due della Honda. I nodi da
sciogliere comunque sono molti. Per questo il pg presso la Corte di Cassazione
Antonio Marini indagherà ancora. "I familiari delle vittime giustamente
reclamano che sia fatta piena luce in questa tragica vicenda" dice il Pg. "Mi
ripropongo - spiega - di riascoltare tutti i brigatisti che hanno partecipato
all'agguato mortale di via Fani, compresi gli 'irriducibili', nella speranza che
il tempo trascorso, anche in espiazione di pena, possa aver cambiato la loro
personalità, determinando un diverso atteggiamento nei miei confronti, nel senso
di dichiararsi disponibili ad offrire il proprio contributo alla ricerca della
verità". "Insomma rinnoverò i miei sforzi diretti al completo accertamento dei
fatti, in particolare alla identificazione dei due criminali a bordo della moto
Honda che non possono assolutamente rimanere impuniti". "L'identificazione del
'quarto uomo' di via Montalcini in Germano Maccari a distanza di circa quindici
anni dalla commissione del fatto - ha proseguito - ci deve essere di esempio a
non mollare e a non perdere la speranza di poter arrivare alla individuazione
anche dei due a bordo della Honda."
In via Fani c'era un tiratore scelto. "La loro identificazione - continua il
Marini - è importante per accertare il ruolo effettivamente svolto prima,
durante e dopo l'azione criminosa ma anche per verificare se il 'quinto
sparatore' o 'tiratore scelto' di cui si ipotizza la presenza in via Fani sia o
meno la stessa persona che indossava il passamontagna a bordo della moto:
insomma farò di tutto per porre la parola 'fine' a questa annosa storia della
moto Honda e al ruolo da essa svolto nella dinamica della strage di via Fani e
del rapimento dell'onorevole Aldo Moro".
Le armi scassate, il commando impreparato e il killer perfetto. D'altronde
che sul commando che colpì in via Fani ci siano molte cose strane è emerso
chiaramente in anni di indagini. Bastano alcuni elementi per capirlo: "La prima
perizia balistica del 1978 - ricorda il Pg della Corte di Cassazione - stabilì
che uno degli assalitori sparò da solo oltre il 53% dei proiettili". "Nel 1994
una seconda perizia sostenne che un solo uomo sparò tra il 34 e il 59% del
totale dei colpi". E tutto ciò a fronte del fatto che i Br raccontano quasi
tutti che le loro armi si incepparono. Fiore, pur cambiando il caricatore non
sparò un solo colpo e "l'irriducibile" Mario Moretti ha parlato di "capacità
militare approssimativa" del commando con una preparazione tecnica "che avrebbe
fatto ridere un caporale di qualsiasi esercito". Sempre Moretti ha sostenuto che
neppure Bonisoli "sa come ha fatto a sparare con tanta precisione" verso Iozzino.
Alfredo Buonavita disse che a via Fani "in soldoni avevamo quattro armi
scassate, e quattro persone di cui qualcuno se la faceva pure sotto per cui
questo favoleggiare sulle armi sofisticatissime dei Br cade un po' nel
ridicolo".
Galloni: via Fani? Praticamente un colpo di Stato. "L'eccidio di via Fani e
l'eliminazione del presidente della Dc, ovvero del partito cardine del sistema
democratico italiano, hanno rappresentato l'equivalente di un colpo di stato".
Lo dice in una lunga intervista online a "Il Domani d'Italia" Giovanni Galloni,
classe 1927. All'epoca dei fatti, era Vice-Segretario vicario della Dc guidata
da Benigno Zaccagnini. "Non so dire fino a che punto le Brigate Rosse fossero
eterodirette, certamente erano strumentalizzate. È un pensiero che Moro
coltivava, non celando a riguardo i suoi timori". "La dinamica dell'eccidio di
via Fani rivela una capacità di esecuzione altamente sofisticata. Ancora bisogna
capire quanti uomini vi parteciparono, quali dispositivi di comando entrarono in
funzione, cosa sia realmente accaduto, a chi fece capo realmente la regia
dell'operazione".
L'ombra di Gladio. Galloni risponde a molte domande importanti di Lucio
D'Ubaldo di "Il Domani d'Italia": "A depistare, prima e dopo il rapimento di via
Fani, furono gli uomini legati alla 'Gladio bis'. Possiamo desumere, sulla
scorta delle informazioni raccolte, che questa struttura fosse già a conoscenza
del rapimento di Moro dodici giorni prima che ciò avvenisse a via Fani". Secondo
Galloni nella seconda parte del "caso Moro" "si formano i motivi della
eliminazione (in un modo o nell'altro) dell'uomo più prestigioso della
democrazia italiana, da tutti individuato come il vero candidato alla carica di
Capo dello Stato".
La verità da inseguire. Infine una positiva aspettativa sui lavori della
Commissione Moro: "Se ci sarà coraggio, anche solo mettendo in ordine i tasselli
di un mosaico di per sé complicato, potrà emergere quella verità tanto attesa,
così da spiegare specialmente ai giovani quanto il Paese fu costretto a subire
con la violenta soppressione della strategia politica di Moro, passando
attraverso la vicenda della sua barbara uccisione".
Redazione (15 marzo 2015, Il Tirreno)
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