Le rivelazioni di Cutolo, Roberti: "Il boss dica quel che
sa noi pronti a indagare"
Il capo della procura antimafia dopo lo sfogo dell'ex camorrista
al 41bis: "Quel regime è corretto. Fu lui a decidere di non parlare più"
"Cutolo parli. Dica quello che sa e sarà valutato". Il Procuratore nazionale
antimafia, Franco Roberti, interviene sul caso delle dichiarazioni di Raffaele
Cutolo ("Io, sepolto vivo in una cella, se parlo crolla lo Stato"). In un
colloquio con Repubblica l'ex capo della Nuova camorra organizzata ha accusato
lo Stato di "avere buttato la chiave" perché i "miei segreti fanno tremare
tutti".
Procuratore, come interpreta le parole di Cutolo? "Più che interpretarle,
dico semplicemente questo: Cutolo sa benissimo che se vuole parlare, e
raccontare tutto quello che sa e ricorda, lo può fare in qualsiasi momento.
Anziché annunciarlo, lo faccia. Dopodiché valuteremo".
Crede davvero che le sue rivelazioni potrebbero far crollare lo Stato? "Cutolo
lo conosco benissimo. Non so di preciso che cosa abbia da dire, posso solo
immaginarlo. So però che nel '94 aveva iniziato a parlare".
Può raccontare? "Io e il collega Francesco Greco (all'epoca Roberti era un
magistrato in servizio alla Dda di Napoli, ndr) lo avevamo convinto a
collaborare. Ma dopo averci raccontato le prime cose sulla faida di camorra
degli anni '80, proprio quando stavamo avviando un potente servizio di
protezione per toglierlo dal circuito carcerario tradizionale, e proteggere la
sua famiglia, tornò sui suoi passi".
Per quale motivo? "Ci disse: "Scusatemi tanto, ma non posso. Le mie donne" -
usò queste parole - mi hanno vietato di pentirmi. Le sue donne erano la moglie,
Immacolata Iacone, e la sorella, Rosetta Cutolo. Non so se la causa sia stata
davvero lo stop delle sue donne. Ma così chiuse il libro che aveva appena
iniziato a aprire".
Si parlò di un intervento dei servizi segreti deviati, con minacce di morte
alla famiglia. "Si ipotizzò questo, ma di prove non ce ne sono mai state. Anche
se la retromarcia di Cutolo fu improvvisa e per noi, a quel punto, inaspettata.
Spiegò la sua scelta riferendoci che in famiglia avevano già avuto troppi morti,
e che dunque moglie e sorella lo avevano dissuaso".
Sono passati 21 anni e ora l'ex capo camorrista accusa lo Stato di averlo
sepolto vivo. "È un ergastolano (13 ergastoli, ndr). È vero che oggi in Italia
non tutti scontano l'ergastolo fino in fondo. Ma i parametri usati per Cutolo
sono gli stessi usati per altri grandi criminali e boss della criminalità
organizzata: penso a Totò Riina e a Bernardo Provenzano". Le rivelazioni di
Cutolo, Roberti: "Il boss dica quel che sa noi pronti a indagare"
Cutolo - al netto del suo spessore criminale e delle sue colpe che deve e
vuole pagare fino in fondo - ha 74 anni, è in carcere da 51 e in isolamento da
34. Un caso unico in Italia e in Europa. In pratica è sottoposto al regime del
41bis da dieci anni prima ('82) che il 41bis fosse introdotto ('92). Non è,
comunque, un caso? "Tecnicamente il 41 bis resta in piedi in base al parere e
alle segnalazioni degli inquirenti, delle Procure competenti, dei tribunali di
Sorveglianza. La decisione di mantenerlo o revocarlo spetta al ministero della
Giustizia. Sul caso specifico posso dire che lo Stato ritiene che il carisma di
Cutolo sia ancora intatto. E che, se non sottoposto al 41bis, l'ex boss della
camorra potrebbe riorganizzare dal carcere un gruppo criminale".
Anche dopo 34 anni di totale isolamento? "Si". Il 4 novembre 2014 il
procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, in audizione presso la
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo
dei rifiuti, rispondendo a una domanda dal presidente della Commissione,
Alessandro Bratti (Pd), sui rapporti tra malavita organizzata e servizi segreti,
dichiarò: "Io mi sono occupato dell'unica vera trattativa consacrata in
sentenze, ossia la trattativa per il rilascio dell'assessore Ciro Cirillo,
sequestrato nel 1981 dalle Brigate rosse. La trattativa che si instaurò tra lo
Stato, attraverso i servizi segreti e anche alcuni esponenti politici, e le
Brigate rosse, con la mediazione di Raffaele Cutolo, è stata confermata da una
sentenza definitiva dalla Corte d'appello di Napoli. Finora è l'unica trattativa
vera Stato, mafia e brigatisti di cui si abbia conoscenza. Poi vedremo l'esito
di altri processi, nonché delle altre e più attuali trattative".
Cutolo dice che la sua vera condanna è stata la trattativa per la liberazione
di Cirillo. I segreti che custodisce su quella vicenda. "Li racconti. Parli.
Dopo 21 anni può riaprire il discorso che aveva iniziato. Raccontarci quell'intricata
vicenda e la sua lunga stagione di camorra. È chiaro che è difficile immaginare
di togliere il 41bis a un detenuto che, a parte la breve parentesi del '94, non
ha mai collaborato".
L'impressione è che Cutolo si sia autoisolato nel suo isolamento. "È così. Ma
la possibilità di uscire da questa condizione dipende soltanto da lui. Se alle
accuse contro lo Stato vorrà far seguire anche delle dichiarazioni concrete, lo
Stato le valuterà. Così come fa con tutti i collaboratori di giustizia".
Paolo Berizzi (10 marzo 2015, Repubblica)
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