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Caso Moro, il Papa fa testimoniare il confessore dello statista
Antonio Mennini secondo Cossiga avrebbe incontrato l’esponente della Dc durante la prigionia nelle mani delle Br e subito prima della morte. Sarà ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta
Papa Francesco, in qualche modo, riapre il caso Moro. La decisione di far
testimoniare l’ attuale nunzio apostolico nel Regno Unito, l’arcivescovo Antonio
Mennini, lunedì prossimo, 9 marzo, davanti alla nuova Commissione parlamentare
d’inchiesta sul caso, è stata infatti presa direttamente da Bergoglio. Francesco
ha scelto di far prevalere la ricerca della verità sulle regole della immunità
diplomatica di cui godono i nunzi (gli ambasciatori vaticani), come del resto il
personale diplomatico di tutti i paesi del mondo. Ed è stata sempre di Papa
Francesco la decisione di far venire a Roma l’arcivescovo a deporre a San Macuto,
sede della Commissione, senza che l’organismo parlamentare dovesse spostarsi in
trasferta a Londra, ad ascoltarlo «a domicilio», in considerazione del suo
status. Si tratta di una svolta senza precedenti, visto che tra pochi giorni
saranno esattamente trentasette anni dal rapimento dello statista democristiano.
La rivelazione di Cossiga
«Don Antonello», al tempo dei 55 giorni del sequestro Moro, era un giovane
prete della diocesi di Roma (31 anni, viceparroco a Roma, nella chiesa di Santa
Chiara in piazza dei Giochi Delfici, a poche centinaia di metri dall’abitazione
di Moro), e secondo quanto affermato dall’ex capo dello Stato Francesco Cossiga
prima di morire (2010), sarebbe stato vicino a Moro durante la prigionia. Lo
avrebbe addirittura confessato e gli avrebbe impartito l’estrema unzione
all’interno della prigione delle Br prima della uccisione. «Don Antonello
Mennini raggiunse Aldo Moro nel covo delle Brigate Rosse e noi non lo scoprimmo.
Ci scappò don Mennini», disse Cossiga. Secondo alcune ricostruzioni, il nunzio
(figlio di Luigi allora numero 2 dello Ior, di cui era presidente Paul Marcinkus)
sarebbe stato «il canale segreto» di comunicazione tra i terroristi e la Santa
Sede (il pontefice era Paolo VI, amico personale di Moro) per tentare di salvare
il prigioniero. Subito dopo la tragica conclusione del sequestro, Mennini fu
destinato dal Vaticano alla carriera diplomatica e mandato all’estero: prima in
Turchia, poi Bulgaria, Federazione Russa, Uzbekistan, infine Gran Bretagna
(2010).
Il lungo silenzio del nunzio
Monsignor Mennini non ha mai deposto. Il Vaticano, fino ad oggi, lo ha tenuto
lontano dai tribunali e dalle precedenti Commissioni d’inchiesta. Il prelato del
resto, anche per gli incarichi di grande responsabilità che ha sempre avuto nel
corso della sua carriera, è stato lontano dai riflettori, tenendo un totale
riserbo sulla vicenda: non si ricorda mai nessuna sua dichiarazione in relazione
al sequestro brigatista. Nelle ultime settimane, la svolta. Nello scorso mese di
gennaio, Mennini è stato chiamato dalla Santa Sede e gli è stato detto di
rendersi disponibile a deporre, concordando data e modalità dell’audizione con
Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione Moro che ha avviato i suoi lavori
nell’ottobre 2014.
La scelta del Vaticano
Le motivazioni di Papa Francesco non solo nel dare il disco verde
all’audizione, ma in qualche modo a deciderla, dopo aver avuto la richiesta di
Fioroni, sono state due. Innanzitutto aprire alla possibilità che nuova luce
possa essere fatta sul caso, per collaborare con la giustizia. E poi la
convinzione che solo il chiarimento di alcuni snodi importanti della storia
italiana, permetteranno anche al Vaticano di voltare pagina. Il nunzio Mennini
resterà a Roma solo il tempo necessario per essere ascoltato, rientrando subito
dopo in Inghilterra. Raggiunto dal Corriere non ha voluto in alcun modo
commentare. Vista la delicatezza della testimonianza, che comunque impegnerà
molte ore, non si può escludere che essa venga secretata, anche perché potrebbe
dare luogo a molti approfondimenti nella ricostruzione di una pagina
fondamentale della storia del dopoguerra. L’arcivescovo — come ha dichiarato il
presidente Fioroni, quando ha annunciato che ci sarebbe stata l’audizione — è
«l’uomo che più di tutti fu spiritualmente vicino ad Aldo Moro». «Tanti i punti
che potrà affrontare: il suo ruolo in quei giorni, i suoi contatti, l’impegno
enorme di Paolo VI ad avviare una trattativa per restituire Moro vivo al Paese e
alla sua famiglia e perché questo tentativo non andò in porto». «Con Bergoglio —
aggiunge — adesso Mennini è libero di parlare».
Maria Antonietta Calabrò (7 marzo 2015, Corriere della Sera)
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