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Caso Moro, la Honda di via Fani e il «cruccio» del
procuratore: «Voglio indagare»
«Per quanto riguarda la vicenda della moto Honda di via Fani , ancora avvolta
nel mistero, l’impossibilità di non essere riuscito a individuare i due che
erano a bordo mi ha tormentato per anni» e «il fatto che quei due restino ancora
impuniti mi spinge a occuparmi del fatto al fine di contribuire con tutte le mie
forze e sino a quando mi sarà possibile all’accertamento di quanto accaduto quel
giorno»: con queste parole, Antonio Marini, procuratore generale della corte
d’Appello di Roma, è tornato sul «grande cruccio» della sua carriera di
magistrato anti-terrorismo, con una notazione personale che ha colpito tutti in
commissione Moro, dove è stato ascoltato oggi.
Marini ha detto che «sto per terminare la mia esperienza giudiziaria e, per
inciso, anche la mia esperienza di vita, essendo stato colpito dal cancro che mi
sta divorando giorno per giorno». E pero, sulla moto «non mollo», ha detto
annunciando di avere presentato un atto di opposizione al tribunale di Roma, che
deve valutare la richiesta di archiviazione della inchiesta giudiziaria nata
dalle dichiarazioni di Enrico Rossi, ex poliziotto della Digos di Torino,
chiedendo che le indagini non si fermino: «Se anche devo fare una cosa da solo
la faccio per quel che posso, perché ci sono elementi su cui indagare».
Marini, in pratica, si è opposto a una richiesta avanzata pochi mesi fa dal
predecessore, Luigi Ciampoli, che aveva avocato l’inchiesta sulla Honda di via
Fani, nata da un’inchiesta giornalistica: «Il fatto è che ci sono nuove
emergenze processuali che giustificano l’esigenza di approfondire un capitolo
che rappresenta uno dei misteri di via Fani».
Marini ha spiegato che, «messi da parte l’orgoglio ferito e l’umiliazione
subìta a seguito dell’inopinata estromissione dalle indagini dopo l’avocazione
avvenuta a mia insaputa», ha deciso, visto che alcune istanze presentate dalle
parti offese richiedevano ulteriori indagini e accertamenti, «di tornare a
occuparmi del caso al fine di contribuire con tutte le mie forze alla ricerca
della verità».
Redazione (5 marzo 2015, Il Secolo XIX)
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