Caso Moro, intervista esclusiva al vicepresidente della
Commissione d'Inchiesta, On. Gero Grassi
(New Tuscia)- ROMA - Caso Moro: presto certezze. La polizia scientifica
domenica 22 febbraio ha eseguito i rilievi con scansione laser in via Fani,
luogo del sequestro dello statista Aldo Moro, in cui morirono i 5 agenti della
scorta nel terribile agguato. Moro venne rapito proprio alla vigilia del voto
alla fiducia al Governo Andreotti.
Ricostruire, quindi, la dinamica di quanto avvenne durante l'agguato di via
Fani, stabilirne le presenze a quasi 40 anni dalla vicenda, per chiarire le
numerose ombre, per quanto possibile, su uno degli episodi più cruenti della
storia italiana.
Ad annunciare i rilievi è stato l'onorevole Gero Grassi, vice presidente
della Commissione d'inchiesta, giornalista, con all'attivo trenta pubblicazioni,
vicepresidente del Gruppo PD della Camera dei Deputati. È, infatti, autore di un
dossier che sta girando l'Italia: " Chi e perché ha ucciso Aldo Moro ", per fare
luce appunto, partendo da via Fani, dove c'erano persone non riconducibili alle
Br, con la ferma volontà di chiarire veramente la morte di Moro.
La Commissione che presiede approvata nel maggio 2014, è composta da 60
membri, di cui 30 senatori e 30 deputati che devono accertare nuovi elementi ed
eventuali responsabilità da aggiungere ai dati già a disposizione nel corso
degli anni. Saranno presto ascoltati i procuratori Franco Ionta e Giovanni
Salvi.
LAURA CIULLI: Onorevole Grassi, il caso Moro dopo 37 anni continua ancora a
far parlare. Si cerca la verità che, come scriveva Moro " È sempre illuminante.
Ci aiuta ad essere coraggiosi ". Si ricomincia ad indagare da dove tutto è
iniziato materialmente...
GERO GRASSI: Ritengo che non saremo davvero padroni del nostro Paese, se non
riusciamo a capire le ragioni della morte di Moro. La verità serve per fare
giustizia ed attraverso i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione,
scopriremo novità rilevanti. Questo comunque mi porta a pensare alle parole di
Maria Fida Moro quando, con le lacrime agli occhi, mi disse che sarebbe stato
meglio che il padre fosse morto in via Fani, evitando così la lunga agonia di 55
giorni.
LAURA CIULLI: La mattina del 16 marzo 1978, secondo la perizia del '78,
furono sparati 93 colpi, mentre per quella del 1994 parla di 68 colpi. Auto,
mazzo di fiori come segnale, corpi straziati a terra ed in macchina: cinque vite
spezzate, cinque onesti servitori dello Stato caduti nell'adempimento del loro
dovere... Il Governo Andreotti decide di non trattare per la liberazione di Aldo
Moro. Cosa ha provato e prova ancora oggi Gero Grassi?
GERO GRASSI: Eravamo giovani e certamente ingenui. In quel momento avevamo
paura. La paura di essere indifesi di fronte alle armi, alla violenza dei
brigatisti. Noi, nati e cresciuti in un Paese che troppo in fretta aveva
dimenticato la guerra e le sue brutture.
Mi scorrono davanti le immagini dei 55 giorni più lunghi della storia della
Repubblica: l'eccidio di via Fani con i corpi straziati di cinque servitori
dello Stato, l'enigma di via Gradoli, il dramma vissuto dalla famiglia Moro,
papa Paolo VI che scrisse alle BR una lettera indimenticabile e vedo anche le
facce tristi dei colpevoli, quelli diretti e quelli indiretti che fanno più
paura...l'ombra dei Servizi segreti, dell'impietosa e criminale P2, le bugie di
un pezzo della classe politica...
LAURA CIULLI: Per concludere,onorevole Grassi...Aldo Moro?
GERO GRASSI: È ancora oggi amato e ricordato, quindi è vivo. Loro si
porteranno appresso la responsabilità di aver ucciso una persona, amica, buona e
mite. Ecco perché l'Italia attende la verità, quale che sia. La verità rafforza
lo Stato, non lo indebolisce.
Laura Ciulli (25 febbraio 2015, NewTuscia.it)
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