Non si può
esigere il fine pena mai extragiudiziario
Scalzone, D'
Elia e gli altri: così si cancella il diritto
Russo Spena: c'
è il problema della chiusura di quegli anni
Oreste
Scalzone, da sempre abituato a non misurare le parole, è quello che ci va
giù più pesante di tutti: «Paolo Bolognesi mi sembra un funzionario della
pubblica celebrazione del dolore, uno che rappresentava un grumo di dolore
collettivo e lo ha trasformato in una routine di mestiere».
Mentre Sergio D'
Elia, allevato alla scuola non violenta di Marco Pannella, premette: «Mai
polemizzerò con chi ha vissuto il dolore sulla sua pelle». Ma poi si ribella
anche lui alle parole del presidente dell' Associazione familiari vittime di
Bologna. «Non si può fare a fette la vita delle persone, non si può esigere un
"fine pena mai" extragiudiziario, pretendere che si debba restare cristallizzati
a quegli anni. Significa cancellare quel poco di Stato di diritto che esiste in
questo Paese».
Infine
Giovanni Russo Spena, presidente dei senatori di Rifondazione, tirato in
ballo in maniera obliqua da Bolognesi, per aver chiesto - accusa il presidente
dell' Associazione - la grazia per il latitante Cesare Battisti, che peraltro
non è latitante ma detenuto in un carcere di San Paolo del Brasile. «Per la
verità non ho mai chiesto la grazia per Battisti - replica dunque Russo Spena -
ho solo detto che c' è un problema di chiusura degli anni di piombo. Le stesse
cose dette dal ministro degli Esteri francese. E ho ricordato che il Brasile non
ci vuole restituire Battisti perché in Italia non esiste l' istituto delle
revisione della pena per chi è stato condannato in contumacia».
Il j'accuse di
Bolognesi, che ha tuonato contro l' «estrema indulgenza» nei confronti dei
terroristi e i «tanti amici dei terroristi» seduti in Parlamento, sembra aver
toccato molti nervi scoperti. Soprattutto fra quelli che il presidente ha
nominato con nome e cognome.
Scalzone, più
che parlare di se stesso («Ho sempre rispettato il dolore, nessuno può accusarmi
di non averlo fatto, ma c' è un limite...») preferisce prendere le difese di
Renato Curcio. Usando il fondatore delle Br come modello di discussione:
«Qualcuno ha parlato di "Paese normale". Bene, in un Paese normale il dottor
Renato Curcio è una persona che ha scontato interamente la sua pena. E dunque
deve essere ritenuto un cittadino da rispettare, non meno del signor Bolognesi.
Perfino i teocon americani hanno rimproverato Bush quando si è spinto a parlare
di "giustizia infinita"...».
E alla fine
anche il vecchio contestatore irriducibile si richiama allo Stato di diritto:
«Se si mette in discussione il "fine pena", si calpesta qualsiasi sopravvivenza
di Stato di diritto». Proprio come aveva fatto D' Elia e come, con toni più
pacati, fa Russo Spena: «Comprendo il dolore delle vittime, e mi sento loro
vicino. Ma è indispensabile non perdere la barra dello Stato di diritto».
Scalzone non rivendica il suo passato, non cerca giustificazione né attenuanti.
D' Elia invece (forse perché la sua posizione politica gli ha procurato molti
attacchi in questi ultimi anni) lo fa con grande decisione. «Tutto si può dire
di me, tranne che definirmi amico dei terroristi. In galera io ho rischiato la
pelle, per portare avanti la lotta per la dissociazione. Gli irriducibili mi
davano la caccia. La mia lotta al terrorismo ho cominciato a farla lì. E sono
passati più di vent' anni. Ora sto cercando di riparare a quell' errore con l'
ultimo quarto di vita che mi resta».
Il processo e le
condanne
11 LUGLIO 1988
In primo grado quattro ergastoli alle persone ritenute esecutori materiali della
strage di Bologna: Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco, Francesca Mambro e
Valerio Fioravanti. Otto le condanne per banda armata, quattro quelle per
depistaggio
30 GENNAIO 2000
Il Tribunale dei minori assolve Luigi Ciavardini dal reato di strage e lo
condanna per banda armata. Nel 2002, in appello, è riconosciuto come esecutore
materiale e condannato a 30 anni. Nel 2003 la Cassazione annulla la sentenza,
nel 2004 la Corte d'Appello torna a pronunciarsi: è condannato a 30 anni,
sentenza confermata poi in Cassazione
(3 agosto, 2007)
Corriere della Sera - Giuliano Gallo
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