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Caso Moro, la ruggine corrode le auto della storia Aspettare, in silenzio, che la ruggine faccia il suo corso può essere una scorciatoia per dimenticare quel che invece andrebbe ricordato e raccontato. Basta attendere che lentamente divori e confonda l’immaginario disegno che collega i fori di proiettile sulla carrozzeria, “carta geografica” tratteggiata col piombo, ben impressa nella memoria di chi ha vissuto quei giorni tragici e simbolo di una vicenda che lo Stato fa fatica a spiegare: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, da parte delle Brigate rosse.
Già, per qualcuno forse sarebbe meglio aspettare che la ruggine l’avesse vinta davvero, la sua battaglia. Anziché pulire, restaurare e infine permettere a qualsiasi cittadino di vedere da vicino le vetture simbolo del sequestro e dell’assassinio dello statista.
Consentendo così a tanti di ricordare, a chiunque di commuoversi e soprattutto di porsi - o porre - domande che ancora disturbano e sollevano dubbi enormi, ma che devono ottenere risposte, prima o poi. Questo, purtroppo, è ciò che sta accadendo nell’ufficio della motorizzazione della questura di Roma.
Marco Fagandini (30 ottobre 2014, Il Secolo XIX)
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