L'americano che aiutò Cossiga: "L'ordine degli Usa non era
di far rilasciare Moro ma di stabilizzare l'Italia"
La testimonianza dello psichiatra americano che nel 1978 arrivò in Italia per
aiutare il ministro dell'Interno Cossiga dopo la strage di via Fani
Nelle drammatiche settimane del sequestro Moro "nessuno era in grado di fare
qualcosa, né i politici, né i pubblici ministeri, né l'antiterrorismo.
Tutte le istituzioni erano assenti". Ad affermarlo, 36 anni dopo, è lo
psichiatra statunitense Steve Pieczenik. Già assistente al sottosegretario di
Stato del governo americano e capo dell'Ufficio per la gestione dei problemi del
terrorismo internazionale, Pieczenik nella primavera del lontano 1978 fu inviato
in Italia per assistere il ministro dell'Interno Francesco Cossiga. Rimasto
nell'ombra per molti anni, alla fine di maggio è stato interrogato dal pm Luca
Palamara, che è andato a sentirlo in Florida. Ne parla oggi Giovanni Bianconi in
un articolo sul Corriere della sera.
Fu Cossiga a chiedere l'aiuto del dottor Pieczenik al segretario di Stato
Cyrus Vance: "Ero appena riuscito a negoziare il rilascio di 500 ostaggi
americani a Washington in tre diversi palazzi utilizzando tre ambasciatori
arabi". Insomma, si era guadagnato una certa fama e così fu chiamato in Italia,
dove sbarcò una decina di giorni dopo la strage di via Fani.
Lo psichiatra svela quale fosse l'intenzione del suo Paese: "L'ordine non era
di far rilasciare l'ostaggio, ma di aiutarli nelle trattative relative ad Aldo
Moro e stabilizzare l'Italia". Per gli Stati Uniti, dunque, la vita dello
statista della Democrazia cristiana era un particolare secondario. La tesi
americana, maggioritaria (a livello politico) anche in Italia, era questa: "In
una situazione in cui il Paese è totalmente destabilizzato e si sta frantumando,
quando ci sono attentati, procuratori e giudici uccisi, non ci possono essere
trattative con organizzazioni terroristiche... se cedi l'intero sistema cadrà a
pezzi". E il cedimento non ci fu. Anche se costò la vita a Moro.
Ma cosa fece di concreto Pieczenik, oltre a passare le sue giornate
nell'ufficio di Cossiga? "Dovevo valutare che cosa era disponibile in termini di
sicurezza, intelligence, capacità di attività di polizia. E la risposta è stata:
niente". Prosegue mostrando un quadro a dir poco imbarazzante per il nostro
Paese: "Ho chiesto a Cossiga che cosa sapeva delle trattative per gli ostaggi e
lui non sapeva niente...". E poi ancora: "Dovevamo valutare la capacità delle Br
nelle trattative e sviluppare una strategia di non-negoziazione,
non-concessione".
Su precisa domanda del pm Palamara (è vero che lo Stato italiano ha lasciato
morire Moro?) il dottor Pieczenik risponde di no: "L'incompetenza dell'intero
sistema ha permesso la morte di Moro. Nessuno era in grado di fare niente...
tutte le istituzioni erano insufficienti e assenti". E sottolinea che andò via
prima dell'omicidio, dopo essersi reso conto che l'America poteva stare
tranquilla: "Cossiga era un uomo estremamente intelligente che ha capito molto
in fretta ciò che doveva fare, ed è stato in grado di attuarlo... nessuno
scambio di terroristi e nessun altro scambio".
Seppe della morte dello statista italiano quando era già in America. E fece
questa constatazione: "Ho pensato che sfortunatamente erano dei dilettanti e
avevano fatto davvero un grande sbaglio. La peggiore cosa che un terrorista può
fare è uccidere il proprio ostaggio. Uccidendo Aldo Moro hanno vinto la causa
sbagliata e creato la loro autodistruzione".
di Raffaello Binelli (17 luglio 2014, Il Giornale)
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