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Via Fani, identificati i due sulla moto
Erano impegnati a sbarrare la strada. E nel ’77 avrebbero ucciso un giovane
in un ristorante
ROMA - Antonio Marini, il pubblico ministero che indaga ancora sul caso Moro,
li cercava da vent’anni. Forse li ha trovati adesso, alla vigilia di assumere un
nuovo incarico alla Procura Generale di Roma e lasciare tutte le sue inchieste
di piazzale Clodio. Sono i due brigatisti che la mattina di via Fani, quel 16
marzo ’78, arrivarono su una moto Honda a sbarrare la strada per tutto il tempo
dell’agguato, alle spalle della Fiat 130 dell’onorevole Aldo Moro e della
blindata con la sua scorta.
Il magistrato non conferma nulla, ma i nomi dei due sarebbero in un rapporto
della Digos appena recapitato al suo ufficio. Si tratterebbe di un uomo e di una
donna, tuttora liberi e residenti a Roma. I due sarebbero sotto osservazione da
parte della Digos ma non sarebbero ancora stati fermati. Per il momento, dal
severo segreto istruttorio, trapelano solo i nomi di battaglia che usavano negli
anni Settanta: Peppe e Peppa. Ad accendere i riflettori su di loro, poco più di
un mese fa, era stato Raimondo Etro, uno dei brigatisti che partecipò alle fasi
preparatorie del sequestro Moro. Di Peppe e Peppa si parla nel verbale reso da
Etro ai pubblici ministeri Ionta e Marini il sei marzo scorso. In quell’occasione,
Etro indica i due come possibili esecutori di un altro delitto, avvenuto l’8
luglio ’77. Ecco uno stralcio del verbale: «...a questo punto intendo riferire
spontaneamente un altro episodio relativo ai miei rapporti con Rita Algranati:
il giorno prima in cui è avvenuto l’attentato a Velluto, nel corso del quel
perse la vita un suo amico che era seduto accanto a lui nel ristorante dove
mangiavano, io e Rita Algranati durante un sopralluogo incrociammo due militanti
del Comitato proletario zona Nord che conoscevamo con i nomi di Peppe e Peppa,
che provenivano dal vicolo nel quale era sito il ristorante presso il quale poi
avvenne l’attentato di cui sopra. Dopo che eravamo venuti a sapere di questo
attentato ricollegammo l’episodio dell’incontro con Peppe e Peppa a quell’attentato,
nel senso che pensammo che l’attentato era stato fatto dal Comitato proletario
Zona Nord. Voglio precisare che il Comitato era una delle sedi del Collettivo di
via del Volsci di cui abbiamo fatto parte sia io che Casimirri, Algranati,
Ghignoni, Pera, Di Gioia, e Colongioli prima di entrare nelle Brigate Rosse...».
Il racconto di riferisce all’attentato in cui perse la vita Mauro Amato, 21
anni, amico dell’agente di custodia Domenico Velluto. I due, quella sera erano a
cena al ristorante Sora Assunta, insieme ad altre persone. Un terrorista entrò a
volto scoperto e fece fuoco sulla persona sbagliata: l’obbiettivo era l’agente
Velluto, indicato come responsabile della morte di un giovane di sinistra, Mario
Salvi, anche lui 21 anni, ucciso con un colpo di pistola alla testa durante una
manifestazione.
Da quelle dichiarazioni di Etro, gli agenti della Digos sono ripartiti alla
caccia degli ultimi due sicari di via Fani rimasti finora nell’ombra. Sono stati
risentiti tutti i testimoni possibili, compreso quell’ingegnere che la mattina
del sequestro Moro fu bloccato con una raffica di mitra partita dalla moto Honda,
proprio mentre imboccava via Fani. Alla fine, i risultati sono finiti in un
rapporto che nei giorni scorsi è arrivato in Procura. Per Antonio Marini è
l’occasione per chiudere definitivamente con il caso Moro, ma lui preferisce
andarci con i piedi di piombo: «Non posso dire nulla, non confermo nulla».
Eppure, in gran segreto, nei prossimi giorni dovrebbero essere ascoltati i due
vecchi leader delle bierre, Valerio Morucci e Adriana Faranda. Da loro, che
usufruiscono di permessi premio e altre agevolazioni carcerarie, gli
investigatori si attendono più collaborazione di quanta ne hanno data finora.
Adesso, di fronte al nuovo rapporto della Digos con i veri nomi di Peppe e
Peppa, non potranno continuare a dire che a via Fani, sulla moto Honda, c’erano
solo «due cretini».
M. Mart. (22 aprile 1998, Il Messaggero)
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