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Moro, ex poliziotto in Procura. “Nessun ostacolo alla mia indagine”
Enrico Rossi è stato ascoltato per le sue dichiarazioni su una lettera anonima scritta dal presunto passeggero della Honda in via Fani, su cui ha indagato. La Procura di Roma vuole anche accertare se le nuove rivelazioni siano collegate ad altre testimonianze rilasciate da altri appartenenti alle forze dell'ordine
Per circa tre ore, Enrico Rossi, l’ex ispettore di polizia che ha rivelato
nuovi particolari sul rapimento di Aldo Moro, è stato ascoltato dai magistrati
della Procura di Roma. Rossi ha confermato quasi interamente quanto dichiarato
all’Ansa sulla sua indagine relativa alla presenza di una Honda in via Fani al
momento della strage che aveva il compito di proteggere l’azione delle Brigate
Rosse. Ma allo stesso tempo, ha rettificato alcune circostanze tra cui quella
relativa a presunti ostacoli nella sua attività di indagine. La Procura adesso
vuole verificare se dietro le dichiarazioni di questo testimone e di altri
comparsi recentemente ci sia un’unica strategia, visto anche che arrivano a 36
anni dall’omicidio dello statista Dc e dell’eccidio della sua scorta avvenuta il
16 marzo del 1978 a Roma.
Rossi ha risposto alle domande del procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo e
del sostituto Luca Palamara, titolari del fascicolo aperto a piazzale Clodio
sulla lettera anonima scritta dall’uomo che afferma di essere il passeggero
della Honda e che è stata al centro dell’indagine dell’ex funzionario della
Digos di Torino. Lasciando gli uffici di piazzale Clodio, Rossi ha detto di
essere “essere stato esaustivo” sperando così di “essere utile alle indagini”.
Alla luce di quanto dichiarato i magistrati cercheranno subito riscontri per
capire, inoltre, se quanto sostenuto da Rossi possa essere collegato alle
dichiarazioni fatte nei mesi scorsi da Giovanni Ladu e dall’artificiere
Vitantonio Raso. Il primo, indagato per calunnia a Roma (leggi), ha affermato –
spacciandosi per tale Oscar Puddu – all’ex magistrato Ferdinando Imposimato, che
i vertici dello Stato erano a conoscenza del covo di via Montalcini ma che non
fecero nulla per salvarlo.
Dal canto suo Raso ha raccontato che il 9 maggio del 1978 il corpo di Moro
era in via Caetani circa due ore prima dell’ora ufficiale del ritrovamento. Il
fascicolo all’attenzione dei pm romani contiene, tra l’altro, il verbale della
perquisizione in un’abitazione di Bra, in provincia di Cuneo, dove risultava
residente A.F., il soggetto che sarebbe stato alla guida dell’Honda. Nel corso
di quella perquisizione, fu ritrovata in particolare una pistola Drulov
(legalmente detenuta) all’interno di un mobile nel quale c’era anche una copia
ristampata dell’edizione straordinaria di La Repubblica del 16 marzo 1978.
L’uomo, che all’epoca abitava a Firenze con un’altra donna, morì tre mesi dopo
la perquisizione.
In merito alla presenza della motocicletta sulla scena del sequestro, la
mattina del 16 marzo del ’78, c’è anche uno schizzo della scena del crimine a
confermarne la presenza. Un documento, mostrato nel corso della puntata della
trasmissione Top Secret su Tgcom24, ritrovato negli archivi e che venne fatto da
un testimone oculare, l’ingegnere Alessandro Marini. Quest’ultimo in un
interrogatorio davanti ai giudici la mattina del 26 settembre del 1978, traccia
uno schizzo del luogo del rapimento di Aldo Moro, dove disegna se stesso
all’angolo fra via Stresa e via Mario Fani e la moto Honda con i due uomini che
poi gli spareranno contro, colpendo il parabrezza del suo motorino.
di Redazione (1 aprile 2014, Il fatto Quotidiano)
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