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L’ex ispettore e i misteri del caso Moro
“Parlerò solo con pm e in Parlamento”
Enrico Rossi aveva indagato su una lettera inviata nel 2009 a La Stampa
Al centro i due motociclisti sulle Honda comparsi in via Fani. C’era un torinese?
L’ex ispettore della Digos Enrico Rossi sa di essere, da poche ore, al centro
dell’attenzione. Ha rivelato all’Ansa alcuni retroscena del caso Moro, in
particolare sul ruolo - mai chiarito - di un motociclista, in sella a una Honda,
comparso in via Fani nell’ora X del rapimento di Aldo Moro e della strage della
sua scorta. Deciso a raccontare la «sua» verità, perchè gli accertamenti che
furono svolti in allora dai suoi colleghi in modo scrupoloso non portarono a
nulla. «Tutto è partito - ha detto Rossi all’Ansa - da una lettera anonima
scritta dall’uomo che era sul sellino posteriore dell’Honda in via Fani quando
fu rapito Moro. Diede riscontri per arrivare all’altro. Dovevano proteggere le
Br da ogni disturbo. Dipendevano dal colonnello del Sismi che era lì».
Le ricerche dell’ispettore sono nate da una lettera anonima inviata
nell’ottobre 2009 alla redazione de La Stampa. Questo il testo: «Quando
riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte
come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di
quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi, il
cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia. La mattina del 16
marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con
me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro
compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di
qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente
andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la
moto, è possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche se
ho avuto modo di incontralo ultimamente...Tanto io posso dire, sta a voi
decidere se saperne di più». La polizia avviò così le prime indagini.
In una casa di Cuneo, dove l’uomo ha vissuto con la prima moglie, vengono
trovate due armi regolarmente denunciate: una Beretta e una Drulov,
un’automatica di precisione di fabbricazione cecoslovacca. E le pagine originali
di Repubblica dei giorni del sequestro Moro. Rossi afferma di aver chiesto di
sentire la coppia e di ordinare una perizia sulle armi. Ma non accadde nulla.
Sui dettagli dell’indagine Rossi è pronto a testimoniare . «Ma solo con la
magistratura e nelle commissioni parlamentari. Aspetto di essere convocato».
Che l’Honda blu presente in via Fani il 16 marzo del 1978 rappresenti un
mistero è un dato assodato. Tutte da chiarire sono invece le rivelazioni di
Rossi: la procura di Roma, che si sta occupando del caso, non ha per ora trovato
riscontri. L’attività degli inquirenti, comunque, prosegue. Intanto la memoria
ricorre a pochi mesi fa, quando - il 6 novembre scorso - l’ex brigadiere della
Guardia di Finanza Giovanni Ladu è stato indagato per calunnia dalla procura
della capitale proprio perché, secondo la pubblica accusa, aveva fornito
informazioni false sul caso Moro .
Grazia Longo e Massimo Numa (23 marzo 2014, La Stampa)
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