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Agnese Moro e Franco Bonisoli
L'incontro a Genova. L'ex terrorista, pentito: "Ci sentivamo come missionari,
che errore". Lei: "Colpita dal dolore che c'è in lui"
REGGIO - "Noi ci sentivamo, anche se nel modo sbagliato, missionari che
impegnavano completamente loro stessi: avremmo dovuto farli davvero i
missionari, come i sacerdoti che sono andati nel Mato Grosso. Purtroppo
pensavamo di risolvere, affermare il bene attraverso la violenza. Questo ci ha
portato a debiti infiniti da pagare". Lui è l'ex brigatista reggiano che rapì
suo padre e che un anno prima aveva partecipato al ferimento di Indro
Montanelli. Lei è, appunto, la figlia dello statista democristiano ucciso.
Agnese Moro e Franco Bonisoli si sono incontrati, per la prima volta
pubblicamente, a 33 anni di distanza da quei tragici avvenimenti. Ne dà notizia
La Repubblica che scrive come l'incontro è avvenuto a Genova in una serata dal
titolo "Cercando la giustizia più in là" inserita nella Settimana Internazionale
dei Diritti curata da Nando dalla Chiesa per il Comune e dedicata ai "Giusti".
Bonisoli, che oggi vive a Milano e lavora in una società di servizi ambientali,
è un uomo molto diverso da quello che nel 1978 fu catturato nel covo di via
Montenevoso, a Milano,insieme a Nadia Mantovani. Si è commosso più volte durante
l'incontro. Genova non è una città qualunque per le Brigate rosse. Fu il luogo
dove avvenne il primo rapimento importante, quello del giudice Mario Sossi nel
1974 e la città in cui fu ucciso il giudice Francesco Coco nel 1976. Ancora
prima a Chiavari, sempre nel genovese, nel 1969, si tenne un convegno
preparatorio decisivo per la nascita delle Br che sarebbe avvenuta nell'estate
dell'anno dopo a Costaferrata a Reggio Emilia. E infine è la città che nel 1979
fu testimone dell'omicidio del sindacalista della Cgil Guido Rossa ad opera
delle Br.
"Mi ha colpito il dolore che c'è dentro di lui", ha detto la Moro, che ha
ricordato la grande tragedia italiana e "la necessità di capire l'umanità che
c'è dietro quelli che si pensavano mostri. Perché la condanna - aggiunge Agnese
Moro - non restituisce giustizia. Il dialogo, invece, sì, seppur alla fine di
lunghi percorsi personali". Bonisoli ha raccontato del distacco dalla lotta
armata e del dialogo durante gli anni in carcere, con crisi molto dure; e la
consapevolezza però che, al di là della scelta "sbagliatissima", come Bonisoli
sottolinea, sui metodi della lotta armata, restano validi i valori che hanno
ispirato l'intenzione di cambiare il mondo. E Agnese: "Io vorrei dare al
disponibilità di essere insieme a chi ha perso qualcuno, ma anche a chi ha fatto
un percorso per capire il dolore che ha cerato: si può rigenerare qualcosa anche
dalle cose più brutte. Con tanta disponibilità e affetto". E Bonisoli conclude
parlando della figlia, della sua vita di oggi: "Ogni giorno si possono creare
rivoluzioni: e questa è la nostra rivoluzione".
Redazione (Reggioonline.com, 12 luglio 2011)
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