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L’Anello e il mistero della loquacità di Gelli
Aldo Giannuli, il consulente della commissone Stragi che scoprì il Noto Servizio
spiega che queste vicende vengono ritirate fuori in momenti di crisi politica e
di passaggio. Potrebbe essere un modo con il quale il Venerabile, di solito
silente, sta scaricando (su mandato altrui?) Berlusconi.
Il mistero del Noto Servizio - altrimenti conosciuto come Anello della
Repubblica - diventa sempre più il mistero di Licio Gelli. Perché, ci si chiede,
il capo della loggia P2 ha deciso di parlarne proprio adesso e con ben due
interviste in pochi giorni? E perché sparando a zero su Silvio Berlusconi? E
perché, infine, tirando in ballo Giulio Andreotti come terminale di questa
organizzazione parallela rimasta segreta quasi fino a ieri? «Ho la sensazione -
prova a rispondere Aldo Giannuli, che di questa struttura parallela fu lo
scopritore nel 1998, quando trovò in un armadio del Viminale alcun documenti
riservati - che il Noto Servizio sia soltanto la spruzzata di formaggio che
rende più appetibile la vivanda. E che la vivanda sia tutt’altra». E potrebbe
avere a che vedere con il momento delicato che il paese sta attraversando, un
momento di passaggio come fu la stagione 1992-1994 quando sulla scena politica
irruppe Berlusconi.
Era, appunto, il 1998 quando Aldo Giannuli, su incarico della Procura di
Brescia che stava indagando sulla strage di piazza della Loggia, e del giudice
Guido Salvini al lavoro sulla strage di Piazza Fontana, si imbatte in alcuni
documenti conservati in un archivio del Viminale. Quei documenti, ricorda ora
Giannuli, gli erano stati segnalati da funzionari di polizia, e la notazione
vale come un riconoscimento alla lealtà che quei funzionari ebbero verso lo
Stato, cosa che in altre occasioni e con altri protagonisti, come è noto, non
avvenne. «Capii subito la portata della scoperta - dice Giannuli ma, per trarne
tutte le conseguenze, c’è voluto un lavoro di anni». Quei documenti erano stati
fatti sparire ma per un errore una copia finì nel fascicolo di tale fonte Dario.
«Naturalmente - dice Giannuli - pensammo che si trattasse di un documento
relativo a quella stessa fonte che provvedemmo a individuare e che ci confermò
che era così. In realtà, come scoprimmo poi, quella fonte non era attendibile. A
metterci in guardia furono alcuni errori che commise, come quello di collocare
il generale Roatta nel quadro del golpe Borghese. Roatta, però, all’epoca era
già morto».
Non fu l’unica trappola «ma - spiega Giannuli - una volta trovata la chiave
di lettura di quel documento, fu possibile una rilettura di numerosi episodi
della storia italiana i quali spesso apparivano slegati mentre, proprio
attraverso l’esistenza di questa struttura segreta, fu possibile ricostruire in
un quadro complessivo». Il Noto Servizio nacque sulle ceneri del servizio
segreto militare sul finire della Seconda guerra mondiale, il Sim, a opera del
generale Mario Roatta che del Sim era l’ex capo. «Il gruppo - dice Giannuli -
rimase coeso, poi Roatta lo cedette agli americani». «È sempre stata una
struttura di fatto, non avendo mai ricevuto un riconoscimento formale». Dunque,
è rimasta una struttura segreta e parallela da attivare all’occasione e, per
questo, non ricollebaile ai servizi segreti istituzionali. Era così in grado di
svolgere operazioni sporche senza coinvolgere direttamente lo Stato. Proprio
questa informalità, tra l’altro, spiega il perché la sua esistenza è rimasta
riservata così a lungo. Neppure un nome ha mai avuto. Nei rari documenti nei
quali se ne parla, viene indicato come Noto Servizio. La dicitura Anello è una
autoattribuzione degli stessi appartenenti alla struttura. «In un certo senso -
dice ancora Giannuli - ci fu il tentativo di costruire una organizzazione
equivalente a quella di Ghelen in Germania. Il fatto è che quella struttura alla
fine fu riconosciuta mentre il Noto Servizio quel riconoscimento non lo ebbe
mai». La conseguenza è che venne continuamente rimaneggiato, attraversando varie
fasi. «Una prima crisi ci fu a cavallo del ’50 quando escono i roattiani, forse
anche per una scabrosa storia relativa a un traffico di armi. Allora arrivarono
apparati legati agli industriali del Nord.
A metà degli anni Sessanta c’è l’ingresso di pezzi della vecchia Rsi il cui
servizio segreto fu così recuperato. A metà anni Settanta c’è un’altra crisi
perché il segreto sulla esistenza dell’Anello rischiava di esser svelato. Poi,
torneranno alla carica con il caso Kappler e la vicenda Cirillo. Sino agli anni
90 c’è traccia della loro esistenza, come attesta una risposta che ebbe Bettino
Craxi dall’interno dei servizi segreti». E ora di quella struttura riservata si
torna a parlare. È stato Licio Gelli a farlo e lo ha fatto con una intervista a
Oggi che aveva nella frase «Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti
l’Anello», l’elemento che più ha colpito, ma che conteneva molti altri elementi,
soprattutto in chiave anti-berlusciniana. Erano esattamete gli stessi elementi
accennati già in una intervista consessa al Tempo di un paio di settimane prima.
Circostanza curiosa, questa, per una persona come Gelli notoriamente molto
riservata. E allora c’è da chiedersi il perché di certe affermazioni
sull’Anello, su Andreotti e su Berlusconi. Spiega Giannuli che, però, «Andreotti
se anche ne è stato il refenerente, non si può dire che abbia gestito questa
organizzazione». Certo, essendo stato l’artefice della ricostruzione dei servizi
nell’Italia post bellica, «ha sempre avuto le mani in pasta in questi ambienti,
tanto che oggi capisco meglio quando Montanelli diceva: “Quando vanno in chiesa,
De Gasperi parla con Dio, Andreotti col sagrestano”. Di questi rapporti,
Andreotti ha poi fatto una delle leve della sua scalata al potere. Ma da qui a
dire che li gestiva ce ne corre».
Ma non è tutto. «Ho fatto un salto sulla sedia quando ho letto il riferimento
a Gladio e Cossiga che invece non era il referente di Gladio pur avendo
proceduto alla sua regolarizzazione. E poi: in quale momento ci sarebbe stata
questa contemporaneità delle tre cose? No, non quadrano i conti». Difficile
dunque capire perché Gelli abbia deciso di rinunciare al silenzio e stia
rilasciando certe affermazioni. «Di certo - osserva Giannuli - non si può dire
che stia dando un contributo di chiarezza. Allude, ma non dice, come con quelle
frasi su Berlusconi, dopo che per anni ci ha spiegato che proprio Berlusconi ci
aveva salvato dal comunismo. Forse Gelli sta soltanto provando a dire la parola
definitiva su alcune vicende, in un momento in cui Cossiga non può più
rispondere e Andreotti tace». O forse c’è da considerare l’attuale momento che
vive il paese, momento di grave crisi e di vuoto di potere. Proprio nel bel
mezzo di tale momento, Gelli dice che gente come Andreotti e Cossiga non ce n’è
più in circolazione e sembra mollare Berlusconi che, pure, era iscritto alla sua
Loggia P2. E, mettendo tutto insieme, sembra quasi che stia dicendo che il campo
è libero. «Già - riflette Giannuli - forse sta preparando il terreno a qualche
fratellino in arrivo. D’altra parte, Berlusconi da qualche tempo non è molto
simpatico agli americani e il cuore di Gelli notoriamente batte su quella sponda
dell’Atlantico. Forse qualche sgarbo sull’energia, forse altro. Ma il gioco è
ancora incomprensibile. Ciò che mi pare chiaro è che il Noto Servizio è un amo.
Ora si deve capire cosa quell’amo pescherà».
di Alessandro Calvi (Il Riformista 17 febbraio 2011
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