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Intervista a Bruno Rozera
Cent'anni di trame
MASSONERIA E SERVIZI CENT'ANNI DI TRAME Dall'intelligente americana agli 007
deviati, fino alla Lega ispirata da Gelli. Il prefetto Rozera passato attraverso
i misteri d'Italia racconta la sua storia. E rivela: il vero vertice della P2 è
ancora potente
Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, con chi sta la massoneria? Bruno Rozera,
92 anni, il massone più anziano d'Italia, ha la risposta pronta: «La massoneria
è schierata con Berlusconi». Per questo giornali storicamente amici del Grande
Oriente come "l'Avanti", ora di Aldo Chiarle e Valter Lavitola, ci avrebbero
dato dentro con l'inchiesta sul presidente della Camera e la famosa casa a Monte
Carlo di suo cognato, Giancarlo Tulliani. Ma anche sui misteri che hanno
accompagnato la prima e questa morente seconda Repubblica, non è ancora detta
l'ultima parola. A cominciare dai capi occulti della P2: secondo Rozera, la
storia non finisce con le indagini della commissione parlamentare di Tina
Anselmi. Prefetto in pensione e fratello di 33 grado in sonno per ragioni di
età, Bruno Rozera può parlarne in prima persona. La sua testimonianza è
un'enciclopedia. Vissuta in diretta. Dalle trincee in Libia come ufficiale di
artiglieria alle cronache sul bungabunga nelle notti calde di Arcore, non si è
perso nulla. Ha partecipato alla difesa di Roma dopo 1'8 settembre. Ha
combattuto con gli inglesi a Montecassino. E sopravvissuto allo sbarco ad Anzio.
Ha operato come agente dell'Office of strategic services nella guerra di
Liberazione. E diventato ispettore generale nel ministero dell'Interno
dell'Italia repubblicana e sovrano ispettore del Grande Oriente d'Italia. Amico
di Licio Gelli e degli italo-americani che per decenni hanno giocato al colpo di
Stato sulla pelle degli italiani. Antifascista dichiarato, ha avuto il tempo di
prenderne le distanze. Privilegio di chi, nato il 15 luglio 1918, mantiene la
lucidità di un ragazzino.
Prefetto Rozera, alla fine chi ha beneficiato di trame e complotti?
«Servivano a stabilizzare la Dc. Il colpo di Stato credo che sia stato fatto in
epoche successive. Con l'appoggio di certe persone. Anche con forze che vorrei
dire mafiose, ma non certo statali». Veniamo allora all'attualità. I massoni
italiani stanno sostenendo Berlusconi? «Posso rispondere che c'è massone e
massone. Come c'è uomo e uomo». E tra Berlusconi e Fini, la massoneria con chi
si è schierata? «La massoneria è con Berlusconi». Per questo "l'Avanti" avrebbe
indagato sul presidente della Camera? «Non conosco personalmente Valter Lavitola.
Ma Chiarle è un caro amico. Ha amicizie nella massoneria.. Perché sostenere
Berlusconi? «Perché Berlusconi qualche aiuto lo dà. Io non vedrei misteri dove
non stanno. Rozera e Berlusconi hanno almeno una cosa in comune: l'elenco della
P2. .Zero porta a zero. Con me niente. Il suo nome c'è, numero 76. «Certo,
l'elenco lo conosco. Ho chiesto a Giuseppe Telaro di togliere il mio nome
immediatamente.. Chi? «Telaro. Si occupava della segreteria dell'ordine
massonico. Curava i fascicoli e così tanta gente si è trovata iscritta alla P2.
II professor Telaro era un dipendente del ministero della Pubblica istruzione.
Aveva rapporti con la Sicilia. Graz zie ai suoi contatti incontrai un giorno il
boss Frank Tre dita Coppola, al confino in provincia di Roma. Costruiva palazzi.
A quel pranzo c'era un sindaco di allora della capitale. Telaro aveva amicizie
ben qualificate. Anche con Franco Resti-vo, ministro dell'Interno nel 1970..
Torniamo a Gelli. «Gelli mi ha stimato. E gli devo chiedere scusa perché un
giorno, interrogato da un magistrato, risposi che era un arteriosclerotico.
Gelli voleva affidarmi la Lega italiana. E forse ho fatto male a non prenderla,
con le mie modeste capacità sarebbe diventato un partito.. La Lega italiana, il
1991, i misteri tra la prima e la seconda Repubblica e anche un'indagine, poi
archiviata, della Procura di Palermo. Chi ne era l'ispiratore? «L'ispiratore è
stato Gelli.. Qual era lo scopo della Lega italiana? «Quello che avrei scelto
io. Antitesi alla Lega Nord, un partito patriottico. Con gente che capisse di
economia politica. Con gente per bene. Gelli mi disse: arriveranno pure i
finanziamenti. Me ne sono andato perché mi sono scocciato. L'ambiente era un po'
ridicolo. E poi c'era un senatore socialista che era stato condannato. Stare con
lui non mi piaceva. Gelli era rimasto dispiaciuto.. Nata Forza Italia, della
Lega italiana non se ne fece più nulla. Che rapporti aveva con Gelli? «Per la
verità non l'ho mai frequentato assiduamente. Gelli è finito quando l'ambasciata
americana l'ha mollato. Punto e basta. Un giorno eravamo io e lui e un esponente
dell'Ordine dei giornalisti in via Veneto. E Gelli, indicando l'ambasciata,
dice: "M'hanno II grembiulino massonico di Bruno Rozera. Sotto: in una foto con
Giulio Andreotti e la sua medaglia al valore. A sinistra: Rozera oggi mollato".
Era a Roma per fare la tessera da pubblicista.. Non è mai stato informato di
essere iscritto alla P2. Dicono tutti cosi, no? «Della mia iscrizione sono
venuto a saperlo dai documenti delle indagini.. Dunque Telaro avrebbe passato
gli elenchi anagrafici della massoneria a Gelli. «E logico. A quell'epoca c'era
molta gente della massoneria che, per avere un incarico, passava da Gelli..
Perché la massoneria comincia a frequentare i servizi segreti? «Erano i servizi
segreti a frequentare la massoneria. Chiamavano al telefono il dottor Firenze,
il gran maestro Lino Salvini. Cercavano informazioni per fare carriera, avere
raccomandazioni e compagnia bella. I militari si iscrivevano alla P2 per fare
carriera.. Gelli negli anni dello scandalo parlò di una loggia P2 composta da
2.400 persone. L'elenco scoperto però si ferma a meno di mille. Esiste un elenco
segreto della massoneria? «No». Ma c'è qualcuno, iscritto alla P2, più potente
di Gelli? «Ovvio che al di sopra di Gelli ci fos- *** Bruno Rozera. A destra: la
sua scrivania e lui in una cerimonia massonica. Sotto: una foto in divisa in
Africa e la moglie sero altri livelli. I livelli si trovavano sia nel partito
politico, la Dc, sia nei servizi segreti. Tanti personaggi che ora stanno per
andarsene al Creatore queste cose le sanno. L'opera monumentale della
commissione Anselmi serve come prefazione. Ma bisogna studiare i personaggi uno
per uno». Quindi esiste un livello superiore? C'è sempre stato un livello
superiore a Gelli». Lei indica un grand commis degli affari, ex democristiano ed
ex piduista, intervenuto anche nell'inchiesta su Guido Bertolaso e i grandi
appalti, promettendo protezione ad Angelo Balducci, il presidente del Consiglio
dei lavori pubblici prima del suo arresto. Fa parte del Grande Oriente d'Italia?
«Iella maniera più categorica, no». Senza documenti di prova non ne
pubblicheremo il nome. «Basta chiedere in giro. Si può sapere chi è più potente
di questi? Gelli certo no. Anzi Gelli lo temeva». Lei è stato viceprefetto a
Frosinone, il collegio elettorale di Giulio Andreotti... «Per i ciociari
Andreotti era tutto. Facevo una bella figura pure io quando arrivava lui. Era
una cosa... altro che Mussolini». C'è un altro nome che in quegli anni si è
mosso tra massoneria e trame italiane: Elvio Sciubba, l'ha conosciuto? È morto
purtroppo. Sono stato molto amico di Sciubba. Fino a che non c'è stata una
rottura, per il suo punto di vista ideologico. Sciubba era amico del generale
dei carabinieri Giuseppe Pièche che credo l'abbia istigato. Pièche andava dal
ministro Scelba ogni mattina a rompergli i medesimi: parlava sempre di colpi di
Stato, degli jugoslavi che avrebbero occupato l'Italia. E Scelba l'ha chiamato
come direttore generale dell'antincendi dove lavoravo io. Arrivato Pièche sono
dovuto uscire. Mi mandarono a dirigere il fondo per il culto. Distribuivo il
dovuto a vescovi e prelati Niente male per un massone. E Sciubba? «Aveva i suoi
amici fascisti. Gli americani più deleteri, non quelli che hanno combattuto la
guerra. Li ha portati Sciubba a Roma. Qualche generale gli fece credere al colpo
di Stato. Gli fece anche credere che in caso di vittoria sarebbe stato nominato
ministro del Tesoro. Penso che Andreotti conoscesse tutto. Ma questa cosa qui
non l'ha fatta passare. L'amico Sciubba, che era un funzionario del ministero
del Tesoro, venne trasferito a Parigi. Ma su Sciubba c'è un fatto molto più
importante». Quale? «Ha portato Frank Gigliotti in Italia». Un altro massone,
italo-americano, reverendo metodista, membro di una rete di italo-americani
fascisti e anticomunisti, artefice delle reti clandestine che porteranno alla
struttura di Gladio... • Proprio lui. Credo sia venuto a Roma a spese del
generale Piè-che, o di Sciubba o della massoneria stessa. E Gigliotti ha preso
contatto con Malfatti, Francesco .Malfatti, consigliere diplomatico del
presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat». I massoni non badano mai alla
reputazione dei confratelli? «Qua le porcherie più grosse sono state fatte
contro il comunismo. Questa è stata una specie di scudo per fare le più grandi
porcherie in Italia». Da quando è nella massoneria? «5 dicembre 1944, loggia
Cola di Rienzo, Roma. Avevo 26 anni. Sono stato anche nella Colosseum. Mio
padre, avvocato e antifascista, era massone». La pagina più bella nella guerra
di Liberazione? «Lo sbarco ad Anzio. Veramente mi ha fatto tremare i polsi.
Combattevo tra il fiume Garigliano e Montecassino con gli inglesi della 56ma
divisione. Una notte ci hanno caricati su un autocarro, non sapevamo dove
andavamo. Verso le undici di sera siamo arrivati a Pozzuoli. Ci hanno imbarcato
e il giorno dopo, poco dopo l'alba, siamo sbarcati ad Anzio. Ci siamo
incamminati. Da lì è cominciata una gragnuola di colpi.
Questo obice sparava continuamente e siamo rimasti inchiodati in piccole
fosse per un mese, un mese e mezzo. I tedeschi stavano in alto e sparavano a noi
che stavamo in basso.. Come ha raggiunto gli inglesi, dopo l'8 settembre? «L'8
ottobre del 1943 ho ascoltato l'inno reale su radio Bari e mi sono sentito un
verme. ll giorno dopo ho salutato mia sorella a Roma, ho attraversato le linee
tedesche. Le ho passate a Garigliano. C'era una piccola zattera, una signora la
mattina mi ha fatto passare. Ci ha portato un fiasco di vino a me e a un soldato
tedesco in servizio. Quella sera con questo soldato mi sono ubriacato. Abbiamo
cantato l'Internazionale». Questi sono anni di revisionismo storico. Che effetto
le fa? -Voglio cominciare dalla nomina di Ignazio La Russa a ministro della
Difesa: con la sua storia personale, secondo me è la più grave offesa che si
potesse fare ai caduti della guerra di Liberazione e soprattutto al personale in
servizio nell'esercito. L'Italia l'abbiamo liberata noi, non so se è chiaro? Il
più grande amico mio, uno dei più grandi italiani, Giuliano Vassalli, diceva che
non ci può essere un parallelismo fra quelli di Salò e quelli che non stavano a
Salò». Il sindaco della sua città, Gianni Alemanno, la sera della sua elezione è
stato accolto da saluti fascisti. Che cosa ha provato? «Schifo». Le mani di
Bruno Rozera, 92 anni, un giorno di tanti anni fa aggredirono Arrigo Dumini, il
fascista condannato con altri per il rapimento e l'omicidio nel 1924 del
deputato socialista Giacomo Matteotti. Il prefetto in pensione lo racconta nel
suo diario mai pubblicato, scritto durante l'occupazione in Libia. Dumini è a
Derna, la città sulla costa mediterranea dove Rozera, figlio di un awocato
antifascista della provincia di Caserta, è stato inviato come ufficiale
dell'esercito italiano. Ecco alcuni appunti dal suo diario di guerra.
NAUSEA «Mi viene in mente Dumini che nel Wadi di Derna trascorreva una serena e
ricca esistenza. Un giorno stavo per spappolargli le cervella, ma ne ebbi
nausea, pensando che Giacomo Matteotti non avrebbe infierito su una carogna».
PIDOCCHI «Da ragazzo guardavo con stupita ammirazione i reggimenti che facevano
il campo estivo e si accampavano nelle terre ricche di ulivi di mio padre... Ora
mi ritrovo in una buca, sporco, lurido, pieno di pidocchi».
ORCHESTRA «Bombardano ancora. Una granata più due, più tre. I razzi illuminano
la nostra linea. Il pensiero corre alle feste dei nostri paesi, ai fuochi
artificiali che tenevano allegri per pochi minuti e poi la festa si esauriva. Il
razzo parla, richiama a distanza. Al richiamo del razzo comincia l'infernale
orchestra... Allorché iniziamo il tiro, formiamo un solo corpo insieme al
cannone».
SALOTTI «In Italia, i salotti, le villeggiature, i circoli, gli imboscati. Da
noi, in pochi metri di terra l'umanità. Tutti uniti e livellati dalla sofferenza
e dal pericolo».
DIMENTICATI «Qualche volta penso che ci hanno abbandonato e dimenticato per
sempre. Altre volte penso alla nostra fragilità. Non abbiamo alcuna esperienza
della vita e siamo passati all'esperienza della morte».
ROMMEL «Nell'aprile del 1941 la mia batteria si ridusse a cinque uomini, esposti
a facile preda. Il comandante di gruppo ci ordinò di non ripiegare... Pochi
uomini avevano avuto il sadismo di mandare al massacro centinaia di migliaia di
giovani. Fra i turbini un pezzo di carta dattiloscritto: il generale Rommel
encomiava i reparti e anche la mia batteria».
MOGLI «Ad ogni combattimento la spaventosa calma e la resurrezione. Si muore e
si rivive... Minervini mi chiede quando finirà, si preoccupa della giovane
moglie messa incinta prima della partenza. Un'altra notte trascorsa, ma
guadagnata. All'alba siamo vivi, fantasmi con coperta che ci avvolge il corpo».
di Fabrizio Gatti (Espresso giovedì 20 gennaio 2011)
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