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Stasera su Raidue alle 23,50 in onda la puntata di «La storia siamo noi»
sull'omicidio
«Ambrosoli? Se l'andava cercando»
La frase choc di Andreotti in tv sul legale ucciso nel centro di
Milano nel '79
Giulio Andreotti ha il colletto un po' aperto e il nodo della cravatta è
allentato. Ma come sempre il senatore a vita non tradisce emozioni particolari.
Le labbra sottili sembrano muoversi impercettibilmente e gli occhi non cambiano
espressione quando, alla domanda su perché Giorgio Ambrosoli è stato ucciso,
risponde così: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai
giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando».
Una frase che sembra buttata lì senza pensarci troppo, ma quelle parole che
colpiscono al cuore rappresentano forse il momento più importante e doloroso
della puntata de «La storia siamo noi» che Giovanni Minoli ha dedicato ad
Ambrosoli, il liquidatore dell'impero di Michele Sindona, e che andrà in onda
stasera alle 23,50 su RaiDue. Più importante perché appare l'ennesima e più
chiara manifestazione del fatto che Andreotti nello scontro fra Ambrosoli e il
bancarottiere Sindona, da lui salutato come il «salvatore della lira», ha saputo
per chi schierarsi fin dal primo momento.
E più dolorosa perché tutti, compreso lui, sanno poi cosa alla fine Ambrosoli
abbia trovato nella notte dell'11 luglio 1979. Dopo una cena in trattoria e
durante l'ultima ripresa dell'incontro di boxe che Ambrosoli segue in compagnia,
arriva una telefonata: dall'altra parte c'è il silenzio. Poco dopo lui scende ad
accompagnare gli amici, e mentre sta rincasando il killer Joseph Arico gli dice:
«Mi scusi, avvocato Ambrosoli». E spara 4 colpi, portando a termine la missione
che gli ha affidato Sindona per 50 mila dollari. Minoli racconta tutto, anche
riprendendo dai suoi archivi una intervista a Sindona, in carcere in America per
bancarotta. Ne illustra soprattutto l'ascesa dal nulla e ne spiega il
«contesto». Gli anni ruggenti nei quali sorprende la provinciale piazza
finanziaria milanese con operazioni «all'americana»: Opa, conglomerate, perfino
il private equity. «Importa» tutto da Wall Street e sembra che nessuno possa
fermare la sua irresistibile ascesa. Nonostante i suoi rapporti quasi esibiti
con il clan Gambino e con altre famiglie mafiosi. Ma gli anni ruggenti durano
poco. L'Opa sulla finanziaria Bastogi nel '71 segna il suo tramonto.
L'opposizione di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca, fa fallire
l'operazione.
E dopo il crollo in America la crisi dilaga nel suo fragile impero in Italia,
finché la sera di martedì 24 settembre 1974 alle 23 un funzionario di Banca
d'Italia telefona a casa Ambrosoli. Alle 17 del giorno dopo il Governatore Guido
Carli conferisce a Giorgio Ambrosoli l'incarico di «unico commissario
liquidatore», come dirà lui stesso alla moglie Annalori, della Banca Privata
Italiana di Sindona. Ambrosoli fa il suo dovere fino in fondo, con l'aiuto di
Silvio Novembre, ufficiale della Guardia di Finanza. Ma come testimoniano i suoi
diari e quelli del Governatore Paolo Baffi «mezza Italia» si muove per salvare
Sindona. Ambrosoli, Baffi e il vicedirettore generale Mario Sarcinelli fanno
muro. Baffi e Sarcinelli, che respingono improbabili piani di salvataggio
presentati loro anche da Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, e
svelano con ispezioni e rapporti le trame di Roberto Calvi, pagheranno carissima
onestà e determinazione: Sarcinelli viene arrestato e a Baffi è risparmiato il
carcere solo per l'età. Saranno poi prosciolti ma Baffi lascerà Via Nazionale.
Le minacce e la violenza di Sindona e dell'Italia piduista non fermano
Ambrosoli. Perciò il sicario venuto dall'America lo uccide. Nella
lettera-testamento alla moglie scrive il 25 febbraio 1975: «In ogni caso pagherò
a caro prezzo l'incarico». E pensare che, come ha detto il figlio Umberto:
«Sarebbe bastato un piccolo sì, qualche piccola omissione, non prendere
posizione. Avrebbe avuta salva la vita». Ma Andreotti non ha dubbi: l'avvocato
liquidatore se l'è proprio andata a cercare.
Sergio Bocconi (Corriere della Sera, 9 settembre 2010)
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