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Corteo eversivo, imbrattati i muri della città
Slogan offensivi e inneggianti alle brigate rosse. Fra i manifestanti anche
Petrilli (Prc)
Marina Marinucci
«Più vedove, più orfani, più sbirri morti». E
ancora: «10, 100, 1000 Nassirya» e «Contro ogni carcere 10, 100, 1000 Raciti». E
poi: «Biagi non pedala più». Questi alcuni dei vergognosi slogan gridati dai 200
manifestanti dell’area movimentista-eversiva, ieri all’Aquila per protestare
contro il “carcere duro”. Contro quel 41 bis dal 2005 esteso anche ai reati di
terrorismo. Un corteo, con sit-in finale davanti al carcere delle Costarelle,
che ha lasciato traccia del suo passaggio in città. Tanti i palazzi del centro
storico imbrattati con scritte contro lo Stato, il Papa, le vittime del
terrorismo e le guerre imperialiste.
Ma i temuti incidenti non ci sono stati anche
grazie all’imponente spiegamento delle forze dell’ordine che hanno letteralmente
blindato la città.
L’appuntamento era alla Fontana Luminosa. Qui,
intorno alle 10, sono arrivati i primi gruppi di manifestanti provenienti da
Milano, Padova, Roma e poi ancora da Napoli, Pescara e dalla Puglia. Ma ad
attenderli non c’erano “compagni noti” dell’Aquila, se non il solo Giulio
Petrilli (fino a qualche settimana fa segretario di Rifondazione comunista) che
ricopre - su nomina della Regione - l’incarico, da 2.500 euro lordi al mese, di
presidente dell’Aret (azienda per l’edilizia territoriale). Una partecipazione
che, visti i contenuti e i toni della manifestazione, non mancherà di suscitare
aspre polemiche.
L’obiettivo dei manifestanti, tutti aderenti ai
movimenti “Olga” “Carc” e “Soccorso rosso”, è l’abolizione del carcere duro che
viene applicato non solo ai boss e agli affiliati di mafia, camorra e
’ndrangheta, ma anche ai terroristi come Nadia Desdemona Lioce, leader delle
Nuove Br, condannata per gli omicidi Biagi e D’Antona. Una condanna che la Lioce
sta scontando in regime di 41 bis proprio nel carcere aquilano delle Costarelle.
Ed è qui, a una decina di chilometri dalla città, che gli appartenenti all’area
movimentista-eversiva si sono spostati dopo aver sfilato in corteo per le vie
del centro storico.
Un “passaggio” in città testimoniato dalle
tante scritte offensive apparse sui muri. Nel mirino lo Stato, il Vaticano, i
giornalisti e le forze dell’ordine. E poi le scritte inneggianti al terrorismo.
A Preturo, i 200 manifestanti, tenuti sempre
sotto stretta sorveglianza, si sono accampati in un prato adiacente al carcere.
Hanno divelto una rete, esploso petardi e “sparato” fumogeni per richiamare
l’attenzione dei detenuti definiti «vittime dello Stato». «Libertà per i
prigionieri, Lioce libera» hanno gridato, dando del «boia e dell’infame» a chi è
dall’altra parte della barricata, collaboratori di giustizia inclusi. Così
l’eroe del giorno è diventato Carmine Chirillo, il boss della ’ndrangheta che si
è suicidato in carcere proprio alla vigilia della manifestazione.
E dalle celle, quelle all’ultimo piano delle
Costarelle, qualcuno ha sventolato indumenti di colore rosso e delle magliette
bianche. Gesti che hanno finito per gasare ancora di più i manifestanti che
hanno continuato ad intonare cori farneticanti. A metter fine in anticipo al
raduno ci ha pensato la pioggia. Sul prato “occupato” sono rimasti gli
striscioni rossi con impressa un’inquietante stella a cinque punte. Non il
simbolo con il quale le Br hanno firmato le loro tante condanne a morte, ma
qualcosa di molto somigliante.
In quanto alle scritte sui muri, il Comune ha
già coperto quelle meno edificanti. Ma ogni fase della manifestazione è stata
filmata. Così assicura la questura che, coadiuvata da agenti della Digos
arrivati dalle città di provenienza dei manifestanti, afferma di «sapere già a
chi indirizzare ogni eventuale denuncia».
Restano invece le polemiche roventi per una
manifestazione che ha scosso la città e le coscienze.
4 giugno 2007
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