Il 13 luglio 1979 i terroristi uccisero l'ufficiale Antonio Varisco
"Non perdono i killer di Tonci"
A parlare è Paola Varisco, sorella del colonnello dei carabinieri
trucidato dalle Brigate rosse. L'ufficiale comandante del Nucleo tribunale a
Roma fu ucciso in un agguato tesogli da brigatisti rossi il 13 luglio del 1979.
Un nucleo armato della nostra organizzazione ha giustiziato Antonio Varisco».
Il volantino con la Stella a cinque punte fu fatto ritrovare due giorni dopo
l'agguato. Ma già la mattina del 13 luglio, a due ore dall'omicidio del
colonnello dei carabinieri, arrivò la rivendicazione delle Bierre all'Ansa. «Qui
Brigate Rosse, abbiamo giustiziato noi il colonnello Antonio Varisco braccio
destro del generale Dalla Chiesa».
Tren'anni fa, una scarica di pallettoni sparati da un'auto in corsa falciò il
comandante del Nucleo carabinieri del Tribunale di Roma. Una mattina calda di
luglio del 1979, Roma si svegliava ancora una volta insanguinata. Le sirene che
ululavano per la città. Un altro servitore dello Stato ucciso. Anno tragico
quello. Le Brigate Rose uccidono il sindacalista Guido Rossa a Genova, il
giudice Alessandrini a Milano. A Roma il terrorismo aveva colpito a gennaio: i
Nar avevano fato irruzione a Radio Città Futura ferendono sette donne. Il 20
marzo venne ucciso il giornalista Mino Pecorelli. E ancora a maggio in piazza
Nicosia la Colonna romana delle Brigate Rosse assaltò la sede della Democrazia
Cristiana uccidendo due poliziotti e ferendone un altro.
L'anno prima si era consumata la tragedia di Aldo Moro. Una cappa di paura e
al contempo di rabbia opprimeva la capitale e l'Italia tutta. Antonio Varisco fu
giustiziato alle 8,25 del mattino , mentre con la sua auto, solo, percorreva il
lungotevere Arnaldo da Brescia in quel tratto dove la metropolitana si inabissa
da Ponte Nenni verso la stazione Flaminio. All'epoca c'era solo un cantiere. Un
omicidio premeditato e compiuto in fretta. Il colonnello Antonio Varisco era in
congedo. Ancora pochi giorni e avrebbe lasciato l'Arma per dedicarsi alla
sicurezza di un'industria del Nord. I brigatisti lo sapevano e volevano colpire
un uomo che fosse ancora un simbolo. Un simbolo rappresentato dalla divisa di
carabiniere.
Simpatico, allegro, esperto di cinema e affabile il colonnello Antonio
Varisco era conosciuto e apprezzato dai cronisti romani. Il suo ruolo,
responsabile del Nucleo tribunale, lo portava a contatto con loro
quotidianamente. Un gentiluomo per tutti, un torturatore per le belve brigatiste
che lo crivellarono con 18 colpi a pallettoni. «Tonci era affettuoso con tutte
noi sorelle, lui unico maschio tra cinque femmine». Paola è la sorella più
piccola della famiglia Varisco, cinque figli, orfani di madre, che avevano
lasciato la natia Zara in Istria e si erano trasferiti a Roma. «Un giorno
ricordo ,quasi per magia, Antonio in divisa - ricordi confusi ma che scatenano
forti emozioni nella signora Paola - Avevo 15 anni e Tonci dieci più di me. Mi è
sempre apparso bello, affascinante. Del resto era l'unico maschio di famiglia,
il papà si era non c'era più e lui sempre disponibile».
Ma «Tonci» Varisco non parlava in quegli tragici del suo lavoro. Delle paure
che pure ci dovevano ere, dei pericoli. «Lui aveva un grande desiderio - ricorda
ancora la signora Paola - voleva tornare a Zara. Ripeteva spesso "quando andrò
in pensione voglio prendere una barca, tornare a Zara e pescare. Lui sa era un
gran nuotatore e il mare era la sua passione». E quel maledetto 13 luglio di
trent'anni fa come lo ricorda? «Ero in vacanza con i miei figli a Giulianova. Lo
seppi dal giornale radio. Era mattina presto stavo preparando la colazione.
Anche le altre mie sorelle, Gianna, Amelia, Dora e Vittoria, vennero a
conoscenza di quanto accaduto dalla radio. Poi ci chiamarono i carabinieri. Ci
dissero che era ferito ma appena arrivai a Roma capii che la cosa era più grave.
Elicotteri in cielo auto dei carabinieri dovunque». Il racconto si interrompe.
«Un gran dispiacere. Ancora più grande perché avrei voluto condividere con lui
più tempo. Ucciso in un modo così atroce. Il perdono quelli lì se lo scordano.
Non condivido chi parla di riconciliazione… Con chi con assassini mai pentiti».
La signora Paola, insieme a Dora unica sorella ancora in vita ha un solo
pensiero, quello di ringraziare l'Arma dei carabinieri che in questi lunghi anni
le sono stati vicini e non hanno mai dimenticato Tonci. Antonio Varisco viene
ucciso da un commando della Colonna Romana. Il capo Antonio Savasta dopo
l'arresto non chiarì tutta la dinamica, restano i dettagli di quell'agguato. I
contrassegni dll'auto usata di killer facevano parte dello stesso stock di
quelli trovati nel covo di via Gradoli dove viveva Mario Moretti. Il nome di
Varisco era in una lista di «obiettivi» trovata nel covo di viale Giulio Cesare
dove furono catturati Adriana Faranda e Valerio Morucci. Il colonnello Varisco
aveva presenziato ai molti processi conto i brigatisti e i Nap. Era lui che si
occupava delle traduzioni e della sicurezza nelle aule di tribunale. L'omicidio
Varisco rimane avvolto però a molte ombre.
Qualcuno cercò di trovare altri moventi di quell'omicidio. Il colonello
Varisco aveva condotto l'arresto di Vito Miceli, capo del Sid, per le vicende
legate alla «Rosa dei venti». Si parlò che Varisco fosse sulle tracce dei
mandanti dell'assassinio di Pecorelli di cui era amico. Ma i brigatisti
rivendicarono quell'azione in più occasione. I terroristi rossi usarono frasi
infami e macabre come mai in altri «comunicati». In un passo di quel
dattiloscritto si legge «Risultato della lotta di luglio. 1 a 0 uguale Varisco».
La rivendicazione fu fatta seguire da un opuscolo «Diario nella lotta nelle
carceri». In fondo in calce: «Questo diario è apprezzato ai comitati di lotta
delle fabbriche Fiat e Lancia. Non gradito da Varisco che per il dolore è
morto». Una ferocia inaudita contro un uomo, profugo di Istria, al servizio dei
cittadini colpevole di indossare una divisa. «Non vogliamo vendetta ma
giustizia. Sei sempre più vivo con noi nella nostra Zara» fu l'omaggio di un
profugo dalmata sul luogo dove cadde Varisco, «Tonci» nell'affetto dei cari.
Maurizio Piccirilli (Il Tempo, 12/07/2009)
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