Gli incontri segreti tra Moro e Berlinguer
I retroscena dei rapporti fra i due leader nello speciale che "La Storia siamo
noi" dedica stasera al segretario comunista scomparso 25 anni fa
La vita di un uomo scorrerà stasera sugli schermi televisivi (Raidue, ore
23,45). E’ la trasmissione intitolata. "Berlinguer" di Carlo Durante e Federico
Lodoli, inserita nella serie "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli nel
25esimo anniversario della morte del leader comunista (11 giugno 1984). Un
personaggio «schivo e sorprendente», così Minoli lo definisce. Un uomo «nato per
fare il bibliotecario», incalza Alfredo Reichlin. Comunque, un grande
protagonista del Novecento italiano.
Persone che a vario titolo ebbero una parte nel percorso umano del biografato
si alternano ai familiari nel raccontarne il carattere e i gesti: dalla
testimonianza dell’autista di Berlinguer ai ricordi, diffusi e significativi, di
sua figlia Maria nulla manca alla concretezza di un racconto professionalmente
ben risolto. Ma chi vada in cerca di quel tanto di politico "in più" che la
trasmissione sceneggia o divulga deve soffermarsi su qualche episodio specifico.
Del tutto centrale, in questo senso, è la lunga sequenza narrativa
concernente i rapporti che intercorsero fra il segretario generale del Pci e
Aldo Moro sul finire degli anni Settanta. Una relazione che si svolge tra due
persone accomunate dall’istinto della discrezione se non della segretezza. In
questo racconto nel racconto, la biografia si duplica al cospetto di una coppia
che (ci si consenta una goccia di enfasi) ha qualcosa di fatale.
Il segretario comunista e il leader democristiano si erano incontrati più di
una volta durante la fase ministeriale che aveva segnato, per la prima volta,
l’avvicinarsi del maggior partito della sinistra alle soglie del potere
esecutivo: si tratta di quell’esperimento Andreotti, detto della "non sfiducia",
che era iniziato nel 1976, e che due anni più tardi si sperava o temeva
sfociasse in una diretta partecipazione dei comunisti al governo. Fra quelli che
paventavano, all’estero, le massime potenze mondiali: Washington per un’ovvia
reazione anticomunista e Mosca per un’allarmata diffidenza verso il revisionismo
berlingueriano.
In questo quadro che appariva di estremo azzardo, Berlinguer e Moro
continuavano a vedersi, a parlarsi: il primo intento a invitare l’interlocutore
di piazza del Gesù un’azione più decisa a convincere i "suoi" della necessità di
spianare la via all’integrazione del Pci nelle forze di governo e il secondo a
raccomandare gradualità e prudenza. A preparare questi incontri vis-à-vis
clandestini si adoperavano due intermediari di diversa notorietà ma entrambi
molto vicini ai contraenti politici: da parte comunista il parlamentare Luciano
Barca, e da parte democristiana Tullio Ancora, un giovane funzionario di
Montecitorio molto legato al presidente della DC. Interlocutori assidui della
trasmissione indetta e condotta da Minoli, gli intermediari non formano tuttavia
un team inedito agli occhi degli storici. In un suo lungo scritto
autobiografico, intitolato "Cronache dall’interno del vertice del Pci" e
pubblicato nel 2005 dall’editore Rubbettino, Barca ricorda che fra l’altro,
nelle telefonate che si scambiavano con il fido Ancora, entrambi usavano
alludere ai grandi interlocutori mediante perifrasi o nomignoli concordati: Moro
era «l’amico dell’università», Berlinguer ne era «il Rettore».
Gli illustri congiurati si videro più volte tra il febbraio e il marzo: si
parla sempre del ‘78. E’ un duetto, che la reciproca, cordiale fiducia riesce a
non trasformare in un duello. Nel discorso che pronuncia il 28 febbraio, in
vista di un reincarico ad Andreotti, destinato a succedere a se stesso, Moro si
sposta ancora più avanti nella sua opera di "political suasion" dedicato ai suoi
colleghi della Dc. Parla di un «movimento delle opinioni» che renderanno
inevitabile la confluenza ministeriale fra le due maggiori forze popolari del
Paese. «Una Dc recalcitrante», testimonia Walter Veltroni nella trasmissione di
stasera, viene sollecitata a «una prospettiva d’incontro con il Pci».
L’11 marzo Andreotti presenta la lista dei ministri per il suo nuovo governo.
Al vertice del Pci, prevale uno stato d’animo di netto scetticismo. Molti membri
della direzione si esprimono per il no alla partecipazione ministeriale, appena
si conoscono i nomi dei responsabili dei dicasteri. "In queste condizioni, non
ci stiamo", è lo slogan più diffuso.
Ormai siamo alla scena madre di un giallo dal vero. E’ già passata la
mezzanotte che divide il 15 dal 16 maggio 1978. Tullio Ancora telefona a Barca.
Ha un messaggio di Moro per Berlinguer. E’ una sorta di invocazione che si può
così riassumere: «Accettatelo questo governo!». Barca vedrà Berlinguer
l’indomani mattina.
L’indomani, alle 9, O4, Moro viene rapito dalle Brigate Rosse. Il governo da
lui auspicato passa sulle ali di uno sgomento che percuote il Paese, e che la
tivù stasera riprodurrà. Dopo quell’episodio, di fatto, la storia d’Italia è
cambiata. C’è chi dice: per sempre.
Nello Ajello (la Repubblica, mercoledì 10 giugno 2009)
|