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L'ultimo mistero su piazza fontana: «fu
un attentato dalla doppia firma»...
Dividono le nuove ipotesi sull'attentato di Piazza Fontana che emergono dal
libro «I segreti di Piazza Fontana», di Paolo Cucchiarelli. Da una parte
possibilisti e convinti, dall'altra chi considera la doppia matrice
anarchica/fascista non corroborata da alcun elemento. E così un episodio tragico
e oscuro sul quale anni di lavoro della magistratura sono stati depistati e
rallentati da apparati deviati dello Stato resta intrappolato nella cronaca.
Guido Salvini, giudice istruttore dell'inchiesta sulle trame nere che nel '90
fece riaprire l'indagine sull'attentato del 12 dicembre 1969, da sempre
sostiene che molti «buchi neri» non sono stati colmati.
«La mia indagine - dichiara - dovette concludersi per scadenza termini nel
'97, quando, anche per gli ostacoli che mi furono posti dall'interno del mio
mondo, non tutto era stato approfondito e dissodato. Dopo mancò forse lo slancio
necessario per continuare e non furono svolti accertamenti decisivi ancora
possibili, come quelli sugli esplosivi usati».
Secondo il giudice, però, si può sperare di trovare la verità da persone
ancora in vita: «Se le conclusioni di Cucchiarelli fossero anche solo in parte
esatte, molti sanno e possono raccontare ormai senza rischiare nulla». La tesi
della doppia bomba convince Giovanni Pellegrino. Per l'ex presidente della
commissione stragi «è assolutamente plausibile: vista anche la massa di
documenti e riscontri da cui è accompagnata la ricerca, siamo ben al di là della
semplice verosimiglianza ».
Conclusione alla quale lui stesso fu vicino («ma non trovai le prove»). «Tesi
credibile» anche per Ugo Paolillo, giudice d'appello a L'Aquila, che lavorava a
Milano e che il giorno della strage come magistrato di turno fu tra i primi a
recarsi nella Banca dell'Agricoltura, così come per l'avvocato Federico Sinicato,
legale di parte civile al processo.
«È una cosa che non sta né in cielo né in terra» taglia corto l'ex giudice
istruttore sulla strage Gerardo D'Ambrosio, «non è mai stata trovata alcuna
traccia né di micce né di esplosivo, se non di quello che ha provocato il buco
per terra». Grazia Pradella, pm dell'ultimo processo, fa notare che «dagli atti
è esclusa la pista anarchica, risultata precostituita». È la stessa la linea del
pg del processo d'appello, Laura Bertolè Viale, dell'avvocato Guido Calvi che
difese Valpreda («lui non c'entrava») e di Gaetano Pecorella, legale di Delfo
Zorzi, imputato assolto, il quale ritiene «non plausibile» la doppia matrice.
Giuseppe Guastella ("Corriere della Sera", 28 maggio 2009)
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