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BLITZ TRA SICILIA, PUGLIA E LOMBARDIA
Torna la strategia dei rapimenti
La ripresa di quella stagione tormentata per la Sicilia dei sequestri di
persona, inaugurata più di trent’anni fa dai corleonesi si stava riproponendo ai
siciliani. E a riprenderla era un gruppo di pregiudicati che fanno parte della «stidda»,
l’organizzazione che si contrapponeva a Cosa nostra nel nisseno, che in questa
operazione aveva trovato l’appoggio e l’esperienza di un ex terrorista delle
Brigate rosse. Nel mirino un banchiere, Giovanni Cartia, presidente della Banca
Agricola Popolare di Ragusa, e un imprenditore edile di Gela, Vincenzo Cavallaro.
Il progetto è stato scoperto dai magistrati di Caltanissetta, dal procuratore
Sergio Lari, dall’aggiunto Domenico Gozzo e dal sostituto della Dda, Nicolò
Marino, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri della compagnia di
Gela. L’inchiesta ha portato all’esecuzione di otto ordini di custodia
cautelare: uno degli indagati è fuggito all’arresto. L’obiettivo era di
finanziare, con i soldi del sequestro, una nuova impresa edile costituita da
gruppi mafiosi, che avrebbe dovuto eseguire lavori pubblici al Nord. Tutto è
stato scoperto grazie alle intercettazioni attivate per indagare su un traffico
di droga.
Scoprire, dunque, che le organizzazioni criminali tornano in Sicilia a
puntare sui sequestri di persona fa tornare in mente le dichiarazioni di
collaboratori di giustizia come La Barbera e Camarda, i quali avevano rivelato
che i corleonesi di Riina, dopo aver a lungo vietato in Sicilia i rapimenti,
volevano iniziare una «nuova stagione» criminale, sequestrando di facoltosi
imprenditori.
Nell’indagine si è pure scoperto che l’ex terrorista coinvolto è Calogero La
Mantia, nisseno, arrestato, che nel ‘75 finì in carcere (condannato a 25 anni e
3 mesi) perché faceva parte della colonna milanese delle Br. Ottenuta la libertà
anticipata si è trasferito a Gela dove, per gli inquirenti, con Vincenzo
Pistritto, pregiudicato della «Stidda», attorno al quale ruota l’indagine,
avrebbe progettato il sequestro del banchiere Cartia. Il rapimento doveva
avvenire prima di Pasqua. I preparativi avevano subito ritardi per la pioggia
che si è abbattuta nel ragusano. «Oltre all’esplosivo al plastico - ha detto il
procuratore Lari - l’organizzazione aveva kalashnikov, che avrebbero impiegato
in rapine contro furgoni portavalori sicuramente sanguinose». «I rapimenti sono
un fenomeno ancora nella fase iniziale - ha detto il comandante provinciale dei
carabinieri, colonnello Giuseppe D’Agata -. Questo l’abbiamo bloccato in tempo,
era pronto per essere portato a termine». Durante la perquisizione
nell’abitazione di La Mantia, i carabinieri hanno trovato documentazione che
fanno riferimento a Cartia, comprese sue fotografie e altro materiale scaricato
da internet. Tutto cià proverebbe quello che è stato raccolto durante le
indagini dagli investigatori, avviate lo scorso febbraio. Dalle intercettazioni
emerge il piano di La Mantia e Pistritto, i quali, dopo i sopralluoghi e i
controllati delle persone che abitavano con Cartia, avevano pensato di fare
irruzione durante il giorno a casa del banchiere.
Un sequestro «lampo», perché contavano sul pagamento immediato del riscatto
da parte dei familiari. L’uomo sarebbe stato poi rilasciato in una strada di
campagna vicino Comiso, nel ragusano. L’altro progetto di rapimento avrebbe
riguardato l’imprenditore di Gela, Vincenzo Cavallaro, sul quale gli stiddari
avevano puntato gli interessi criminali per ottenere somme di denaro da
investire in una impresa, o scappare all’estero. Gli anni trascorsi in carcere,
ma soprattutto quelli vissuti a Milano nelle Br, La Mantia li racconta agli
uomini della Stidda di Gela, non sapendo di essere intercettato. Spiega agli
stiddari con i quali sta progettando il sequestro del banchiere, che prima del
sequestro Moro, «i loro ideali stavano prendendo piede all’interno della
politica e della cultura», e aggiunge: «Tanti politici vendevano bene questo
progetto politico che le Brigate Rosse stavano portando avanti...».
L’intercettazione si interrompe per problemi di registrazione.
Ma poi riprende e aggiunge: «C’é un grosso nucleo ancora di compagni
sparpagliato».
(La Stampa, 26 marzo 2009)
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