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La lettera di Cesare Battisti dal carcere di Papuda
Di seguito la lettera dell'ex leader dei PAC, Cesare Battisti, dal carcere di
Papuda, in Brasile. Otto pagine scritte a mano e consegnate ai senatori Eduardo
Matarazzo Suplicy e Josè Nery.
«Anche se non ho mai creduto, come disse Voltaire, che noi stiamo in un mondo
dove si vive o si muore 'con le armi in manò, l'ironia del destino ha fatto sì
che oggi io mi trovi condannato per 4 omicidi. La mia situazione è terribile.
Sono terrorizzato, disarmato di fronte all'ostilità e all'odio rancoroso che
manifestano i miei avversari. So che dovrei lottare contro la valanga di
menzogne, di falsificazioni storiche, ma ciò che mi manca per lanciarmi nella
lotta è la voglia di vincere. Vincere che cosa? I miei avversari, contrariamente
a me, sembra che abbiano qualcosa da difendere. Forse la loro miseria, o
ricchezza, o, forse, come nel caso di alcuni attuali ministri del Governo
italiano, continuare a nascondere il loro passato. Un passato di attivisti di
estrema destra (fascista) responsabili direttamente o indirettamente di massacri
con bombe. Non so esattamente ciò che motiva i miei avversari ad entrare in
questa battaglia, ma di certo non è la sete di Giustizia. Da parte mia non
pretendo di erigermi a difensore di tutto ciò che è accaduto nei sanguinosi anni
Settanta. Siamo in pieno secolo XXI, non ho più verità assolute sulla società
ideale, nè sono importante al punto da difendere ciò che c'era di buono nei
sogni di quegli anni. Non posso entrare in una guerra di questo tipo. Aggiungo
che non sono neanche molto intelligente, se sono riuscito a farmi tanti nemici,
se ho dato fastidio a tante persone importanti, questo è stato senza dubbio il
risultato della mia incoscienza. La verità è che non ho fatto nulla per evitare
tanti problemi, ma ancora devo capire come sono stato capace di raggiungere
risultati così disastrosi. Rimane, comunque, la domanda: perchè tanto odio? Non
è per esimermi che mi dichiaro incompetente e lascio la risposta a questa
domanda a persone più intelligenti, a coloro i quali non sono soliti assumere il
ruolo di 'angeli vendicatorì. Questa persecuzione interminabile e tutta la
vicenda degli anni Settanta italiani è una lunga agonia, un grido di vergogna
gettato sulla carta ingiallita dei giustizieri». «Ecco cos'è, l'espressione di
un volto corroso da una malattia nervosa, come un peccato originale che colpisce
il corpo politico italiano. Povera l'Italia di Dante, di Beccaria, di Bobbio e
di Umberto Eco. Povera la patria svuotata dal vento dell'orgoglio, del cinismo e
della vanità che le impedisce di riconoscere i propri errori, i propri peccati,
che non vuole abbassarsi al livello di questi paesi latinoamericani, ammettendo
coraggiosamente che anche loro nella stessa epoca sono passati attraverso una
guerra civile a bassa intensità (leggere le dichiarazioni dell'ex Presidente
della Repubblica il senatore Francesco Cossiga) e che per combatterla hanno
fatto ricorso ad ogni tipo di illegalità. Oltre a decine di prigionieri politici
sotterrati vivi nelle carceri italiane - aggiunge - ci sono centinaia di
rifugiati italiani nel mondo intero. Qui in Brasile c'è il caso di un
estraditando italiano appartenente ad un'organizzazione nazi-fascista e
coinvolto nell'attentato di Bologna, 82 morti. Stranamente l'Italia non fa cenno
a questo caso, nè protesta nè ricatta il popolo brasiliano per lui. Perchè?
Perchè l'Italia non ha agito allo stesso modo quando Sarkozi ha negato
l'estradizione di Marina Petrella dalla Francia, la cui situazione penale supera
di gran lunga la mia? Perchè questa ostinazione feroce contro di me mentre non
si protesta per l'estradizione negata di altri quattro italiani condannati anche
loro per omicidio».
«Forse perchè la mia attività di scrittore e giornalista può essere un
pericolo per la manipolazione storica di quell'italia governata dalla mafia -
aggiunge Battisti - Non so. Ciò che è certo è che, nonostante tutti gli sforzi,
io non riesco ad agire di fronte a questi attacchi virulenti contro la mia
persona. Non posso identificarmi nell'immagine di me che loro mi restituiscono
ed associare questo riflesso censurabile alla mia identità sociale! Possono
andare avanti a dire che io sono un 'terroristà, un 'assassinò, ecc, in ogni
caso io non riesco a pensare a me come qualcuno capace neanche della centesima
parte di tutto ciò che mi attribuiscono. È curioso osservare la reazione delle
persone che per qualche ragione sono arrivate ad avere un contatto con me:
agenti penitenziari, altri detenuti, visite e persino i miei avvocati. Già nei
primi minuti di dialogo leggo nelle loro espressioni un 'non so chè di delusione
ed è come se stessero pensando: 'allora è questo qui il pericoloso
terrorista?!'. È proprio questo che le persone dicono quando mi trovo in
situazioni simili, di fronte a quelli che non sono riusciti ad evitare il
bombardamento mediatico, soprattutto della 'stampa spazzaturà, che fa di tutto
per cercare di influire negativamente sulle decisioni giudiziarie. Rimango
perplesso, sorpreso e a disagio per tutto ciò che sto causando e, senza dubbio,
devo sembrare un pò stupido, con l'aria distratta e persino incredulo nel vedere
che il soggetto in questione di cui si scrive sono io». «Questo perchè io non ho
mai voluto, quando si trattava di rispondere alle accuse, agire per la mia
propria difesa - sottolinea - Resto ancora dell'idea che ristabilendo la verità
storica, i fatti, non faccio altra cosa se non compiere un dovere civico. Mi
piacerebbe gridare la verità al popolo italiano e Brasiliano ma come posso fare
dal momento che la moltitudine manipolata è pronta a linciarmi ed è stata
convinta del nostro disonore? La fiera che si nasconde dietro la massa, dietro
un sorriso di circostanza, dietro parole vuote e che aspetta solo la prima
opportunità per rivelarsi io la conosco bene. Già prima che mi mettessero nel
mirino, soprattutto, io sapevo che prima o poi sarebbe arrivata la mia ora. E io
ho lasciato parlare. Ho permesso che mi trattassero da assassino, ladro,
stupratore e molte altre cose. Ho permesso che si facesse tutto ciò ma non per
negligenza o senso di superiorità, o perchè mi credessi invulnerabile a tali
insulti o perchè mi piaceva che parlassero di me, bene o male che fosse. No, se
io non ho protestato vigorosamente contro tali oscenità è solo perchè, in
qualche modo, io continuo ad essere un ottimista. Inutile avere la coscienza che
quando la moltitudine si riunisce, lo fa sempre contro qualcuno, lo stesso che
li ha messi d'accordo sin dall'inizio. Questo qualcuno è la repulsione di una
molecola di questa moltitudine che, generalmente, un tempo lo aveva idolatrato».
«Anche se nei miei pensieri io mi ribello, a ragione, contro i bassi istinti
della moltitudine manipolata - aggiunge Battisti - non ho ancora perso la
speranza che una piccola luce possa accendersi all'improvviso nel mezzo di
questa gente per riportarla indietro nel mondo degli esseri pensanti e degli
spiriti liberi. Il mio atteggiamento può sembrare suicida o almeno
contradditorio ma questa è una parte integrante dell'idea che ho dei motivi che
mi hanno lanciato nell'avventura di scrivere. Perchè è ben vero che prima di
esser trasformato in mostro io ero uno scrittore».
«Comunque le autorità italiane di oggi mi perseguitano. Come spiegare ciò,
come spiegare quest'Italia, la stessa che un tempo mi ha trasmesso l'amore delle
parole scritte, questo sogno di libertà e di giustizia sociale, che ha fatto di
me un uomo e adesso un appestato? Come spiegare quest'Italia che ha dimenticato
la sua recente povertà, i suoi immigrati trattati come dei cani che morivano
nelle miniere Belghe, Tedesche e Francesi. Che ha dimenticato i suoi fascismi
mai sotterrati, i suoi tentativi di colpi di Stato, la mafia al potere, la
strategia della tensione, Gladio, le bombe dei servizi segreti nelle pubbliche
piazze, le torture ai militanti comunisti, quegli stessi militanti che
nonostante gli errori hanno sacrificato le loro vite per contribuire a fare
dell'Italia un paese all'altezza dell'Europa e che oggi, 35 anni dopo, sono
trattati come terroristi e alcuni di loro marciscono ancora nelle 'prigioni
specialì». «Sarebbe questa l'Italia - sottolinea Battisti - il cui capo del
Governo è stato un importante membro della celebre Loggia P2, e che oggi decreta
leggi razziste. È questa l'Italia che si rifiuta di lavare i suoi panni sporchi
in pubblico? Ad ogni modo la storia non si giudica nei tribunali, i nostri
giudici possono solo essere quelli che ancora verranno, lottando per una società
giusta. Solo loro ci giudicheranno in modo imparziale. La verità fa male, ma
illumina. La nostra storia recente ci ha mostrato l'errore e l'inganno
dell'inquisizione facendo sì che cicatrici mai dimenticate fossero rimarginate e
così riconoscessero gli eccessi commessi davanti alla verità imposta ai singoli.
Non serve a nulla ramazzare la sporcizia sotto il tappeto perchè prima o poi la
sporcizia riapparirà. Riconosco di aver fatto parte di una pagina di storia
scritta con sangue, sudore e lacrime, e spero che oggi i miei avversari
riconoscano che mai i boia sono rimasti senza la loro paga, la storia si è
sempre dimostrata implacabile con chi ha tentato nascondere i suoi errori.
Viviamo in un'epoca democratica, barriere e muri sono stati abbattuti, concetti
sono stati rivisti, non è forse arrivata l'ora che l'Italia mostri il suo lato
cristiano? Perchè il perdono è un atto di nobiltà e se sono considerato un
nemico dell'Italia, persino i nemici sanciscono tregue e si perdonano». «La
storia ha fatto la sua parte e ha concesso all'Italia un'era di sviluppo e
prosperità si spera che a chi ha fatto dell'Italia l'Italia di tutti sia
riconosciuta la sua importanza e il ruolo fondamentale che ha avuto nel
ristabilimento dello Stato democratico di diritto. Anche se non compresi sono
stati essenziali. Italia, Italia che uccidi il sogno dei tuoi figli e chiudi gli
occhi di fronte a quelli che ti hanno difesa, non è mai tardi per un gesto di
nobiltà sull'esempio del Vaticano che ha riconosciuto le sue attività durante
l'inquisizione. La caccia alle streghe è finita, 'si faccia giustizia non dopo
la fine del mondo ma, con giustizia, proprio perchè non finisca!' La società
soffre molto di più con la prigione di un innocente che con l'assoluzione di un
colpevole».
ADNKronos 20 febbraio 2009
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