RETROSCENA - INCONTRO IN CARCERE CON UN SENATORE SOCIALISTA
BRASILIANO
Cesare Battisti: "Io non ho ucciso"
Genro ha deciso di concedergli lo status di rifugiato politico
L'ex terrorista: "E ora sono pronto ad incontrare i figli delle vittime"
Edoardo Matarazzo Suplicy, il senatore brasiliano del PT, il partito dei
lavoratori di Lula, tra i politici più attivi nella difesa di Cesare Battisti e
della decisione del ministro della giustizia Tarso Genro di concedergli lo
status di rifugiato politico - una vicenda che il presidente del Brasile ieri ha
detto di considerare «un caso chiuso» - ha parlato in esclusiva con La Stampa
dopo aver visitato Battisti nel carcere di Papuda, vicino a Brasilia.
La liberazione di Battisti è una questione di ore?
«Se non sarà questa settimana, sarà la prossima. Il presidente del Supremo
Tribunale dovrebbe sicuramente rispettare, infatti, il parere espresso dal
nostro ministro della Giustizia Tarso Genro che vuole liberare Battisti e
concedergli lo status di rifugiato politico».
E con l’Italia come la mettiamo?
«Personalmente ritengo che il governo italiano debba attenersi alla
decisione sovrana di quello brasiliano. Non si tratta di un atto di ostilità nei
confronti dell’Italia né tanto meno degli italiani. Però sulla condanna di
Battisti da parte della giustizia italiana restano ancora molti dubbi».
Cosa le ha detto Battisti in relazione agli omicidi per cui nel nostro
Paese è stato condannato?
«Ha ammesso di aver partecipato a diverse azioni sovversive e azioni contro
lo stato italiano degli Anni 70 ma che non ha commesso i quattro omicidi. Dopo
il ritrovamento del corpo di Aldo Moro nel maggio del 1978 Battisti venne a
sapere che i suoi compagni stavano preparando un’altra azione criminale ma non
sapeva assolutamente di cosa si trattasse. Si recò a una riunione del gruppo (Pac,
proletari armati per il comunismo ndr) e chiarì la sua posizione di netto
distacco dai piani dei suoi compagni chiedendo loro che desistessero dall’idea».
E quale fu la reazione dei suoi compagni?
«Fu una reazione durissima. Battisti si fece da parte. E fu uno choc per lui
apprendere dai giornali del primo omicidio per cui poi sarebbe stato
condannato».
Ma perché Battisti non è andato dalla polizia a denunciare i suoi
compagni?
«No, di questo non mi ha parlato. Però capisco che all’epoca lui fosse
clandestino e che quindi fosse normale che non contemplasse questa ipotesi».
Che parole ha avuto per le vittime?
«Mi ha raccontato che ha scritto personalmente al figlio di Pierluigi
Torreggiani (il gioielliere ucciso nel febbraio del 1979 ndr) dicendogli che è
disposto a spiegare a lui e agli altri familiari delle vittime, guardandosi
negli occhi, che non ha partecipato a nessuno di questi omicidi né che tanto
meno li ha pianificati».
L’ex fidanzata di Battisti, Maria Cecilia ha dichiarato in un’intervista
che lui le avrebbe confidato di provare piacere nel vedere il sangue sgorgare
dal corpo di una sua vittima.
«Battisti me lo ha smentito nel modo più categorico».
Senatore, come si concluderà la vicenda?
«Io sono nipote e pronipote di italiani. Ho imparato ad ammirare coloro che
nel loro cammino hanno sempre cercato la verità perché alla fine la giustizia
vincesse. Tra le menti che più hanno influenzato la mia vita ci sono personaggi
del calibro di Galileo Galilei e di Copernico che nelle loro esistenze si sono
sempre battuti fino in fondo per la verità. Ecco, per il caso Battisti è quello
che io auspico e desidero».
Paolo Manzo (La Stampa, 29 gennaio 2009)
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