|
Caso Moro. Gli Usa pronti a spaccare il Pci. Emergono
documenti dagli archive centrali britannici
LONDRA. L'amministrazione americana guidata dal presidente Jimmy Carter prese
in considerazione l'ipotesi di condurre "azioni segrete" sul suolo italiano pur
di "spaccare" il Partito Comunista e stroncare definitivamente ogni possibilità
di compromesso storico. E' ciò che emerge da una serie di documenti datati 1978
e sino ad oggi custoditi negli archivi segreti del Foreign Office britannico.
I faldoni - consultati in esclusiva dall'Ansa - sono stati resi pubblici
attraverso il "National Archive", ovvero l'archivio centrale britannico, non
appena sono scaduti i sigilli del segreto di Stato - 30 anni. E seguono con
chirurgica precisione le vicende che hanno scandito l'anno "orribile" della
democrazia italiana: la crisi del governo Andreotti III, le consultazioni per
formare un nuovo esecutivo, il rapimento Moro e infine l'assestamento del
panorama politico italiano che seguì il ritrovamento del corpo del presidente Dc
in via Caetani.
Soprattutto, i documenti desecretati raccontano le ansie e i retroscena sia
dall'amministrazione americana che di quella britannica. Gli Usa, in
particolare, furono gettati nel panico dal crollo del terzo governo Andreotti. E
reagirono con una tale determinazione da sorprendere persino gli inglesi. Che,
come dimostrano i carteggi tra l'ambasciata britannica a Roma e il quartier
generale londinese dell'Fco, si rivelarono meno ossessionati dal pericolo rosso
"made in Italy".
In un primo momento, comunque, la tensione è alta su entrambe le sponde
dell'Atlantico. In un comunicato cifrato datato 21 gennaio 1978 l'ambasciatore
britannico a Roma, Sir Alan Campbell, chiede al primo ministro James Callaghan
di scrivere un telegramma d'incoraggiamento ad Andreotti, "ora che ha ricevuto
l'incarico di formare un nuovo governo". "Andreotti", scrive Campbell, "é
moderatamente ottimista ma ricordiamoci che, se fallisce, le cose qui si mettono
male". Contemporaneamente, il presidente Carter pronuncia in conferenza stampa
il famoso "editto" in cui avverte gli italiani che l'ingresso al governo dei
comunisti avrebbe delle pesanti conseguenze. Gli americani, consapevoli
dell'impatto che avranno tali esternazioni in Italia, chiedono agli inglesi di
sostenerli pubblicamente - emettendo una dichiarazione congiunta. I britannici,
però, si smarcano. Campbell, da Roma, consiglia prudenza. Il 23 gennaio Londra
si mette in contatto con il suo ambasciatore a Washington, Peter Jay.
"L'allarme suscitato nell'amministrazione Usa dai recenti avvenimenti
politici in Italia - dice il rapporto - e l'evidente desiderio di fare qualcosa
ci hanno presi di sorpresa. Sarebbe di aiuto se potessi parlare con Brzezinski -
consigliere per la sicurezza nazionale di Carter - prima di venire a Londra a
febbraio. In particolare sulla situazione italiana e sulle sue implicazioni
sull'Europa occidentale. Pare chiaro che giudizi di Gardner - ambasciatore Usa a
Roma - sull'Italia fossero molto più allarmanti di quelli di Campbell". E Jay
risponde così. "L'amministrazione Usa si è decisa che una qualche azione era
necessaria. Ecco il perché delle dichiarazioni. L'idea di condurre operazioni
segrete per spaccare il Pci è stata una delle possibilità prese in
considerazione durante gli incontri di vertice che si sono tenuti [...]. Che
cosa può fare l'amministrazione per aiutare Andreotti? Molto poco. Fare leva sul
Fondo Monetario Internazionale potrebbe avere effetti contrari al desiderato.
Anche le azioni segrete sembrano essere state accantonate, almeno in queste
circostanze". A questo punto seguono due righe oscurate: il segreto di Stato, su
quelle frasi, è stato prolungato per altri 30 anni. Sicurezza nazionale.
Il rapporto di Jay, però, continua. Secondo l'ambasciatore "fonti affidabili"
hanno confermato l'abbandono del piano "azioni segrete". "Non ci sono prove -
continua Jay - che altre agenzie se ne stiano occupando. Dal punto di vista
politico, le difficoltà connesse ad un'azione del genere non hanno bisogno di
spiegazioni". "Nonostante le difficoltà", conclude l'ambasciatore,
"l'amministrazione cercherà sicuramente nei prossimi mesi metodi per esprimere
la sua influenza".
(America Oggi, 30-12-2008 )
|