|
Brasile, no della Corte suprema bloccata la scarcerazione
di Battisti
Chiesto un altro parere alla Procura, è battaglia legale
La scappatoia per ritardare l´iter è un processo al terrorista per passaporto
falso
Non fila via liscia come s´attendevano i suoi avvocati la scarcerazione di
Cesare Battisti. Ieri sera il presidente del Tribunale supremo, dopo aver
ricevuto i documenti del ministero della Giustizia, ha deciso di prendere tempo.
Gilmar Mendes ha chiesto, prima di firmare, un parere scritto al Procuratore
generale della Repubblica, Antonio Fernando de Souza. Quest´ultimo è lo stesso
magistrato che, prima della concessione dello status di rifugiato politico al
terrorista dei "Proletari armati", aveva espresso parere favorevole all´estradizione.
In Brasile dunque è iniziata una battaglia legale. E´ un affare di cavilli ma
con un forte segno politico. La scappatoia che ha trovato Mendes per ritardare
la firma e negare per ora la scarcerazione è un altro processo minore nel quale
Battisti è coinvolto per essere entrato in Brasile con un passaporto falso. I
suoi avvocati sostengono che non poteva fare altro che usare un documento
falsificato in quanto «era perseguitato dall´Italia», ma il capo del Tribunale
vuole sapere dal Procuratore generale se l´accusato non debba ancora essere
trattenuto in carcere per quest´altro giudizio o, magari, inviato ai
domiciliari. De Souza non ha limiti di tempo per dare il suo parere, quindi in
teoria Battisti potrebbe sempre lasciare il carcere all´inizio della prossima
settimana.
Cavilli, come dicevamo, ma su tutta la vicenda hanno certamente pesato
posizioni molto polemiche emerse ieri. Celso Amorin, il ministro degli Esteri,
aveva avvisato, prima di lasciare la capitale per una missione in Medio Oriente,
che lui e quelli dell´Itamaraty, il potente apparato delle relazioni
internazionali, non erano per niente favorevoli all´asilo politico: infatti il
loro rappresentante aveva votato contro, facendo la differenza (3 no, 2 sì),
quando l´organismo preposto (il Conare) aveva esaminato la richiesta degli
avvocati di Cesare Battisti. Così, dopo quella del presidente del Senato, ieri
Lula e il ministro della Giustizia Genro, hanno dovuto incassare anche le
critiche di un loro alleato - Amorin - oltre a quelle del leader dell´opposizione
e governatore di San Paolo, José Serra.
Nel corso di un atto istituzionale giovedì sera, Serra ha detto ai giornali
che la decisione del ministro della Giustizia era «esagerata» e che lui, anche
se non conosce «il caso nei dettagli» non era, in linea di principio, d´accordo.
Uno scenario che apre interrogativi sul futuro e non rende affatto definitiva la
vittoria brasiliana di Battisti se, come invitava a fare ieri un vice ministro
della Giustizia, Roma presenterà anche una nuova domanda di estradizione.
In realtà, quello che si dice all´interno del governo brasiliano, un po´
scosso dalle forti proteste italiane è che, parte della responsabilità, è da
attribuire a Berlusconi. Con Prodi non sarebbe successo. Durante il recente
viaggio a Roma di Lula, finito a pacche sulle spalle, samba e sfilata delle star
del Milan, evidentemente nessun componente del governo italiano ha spiegato bene
ai brasiliani cosa ci fosse in gioco. Tranne poi perdere la compostezza adesso
quando altri interessi o, semplicemente altre discutibili opinioni, come quelle
difese dai (costosissimi) avvocati di Battisti, l´hanno avuta vinta. Ora il vice
sindaco di Milano, Riccardo De Corato, chiede ai giocatori brasiliani di Inter e
Milan di «dare un segno di dissenso» e la Lega Nord vuole boicottare «le vacanze
a Rio», mentre Alfano e Frattini fanno pressing, nella speranza che la loro
«istanza di ripensamento» al ministro della Giustizia arrivi prima della
liberazione di Battisti.
Omero Ciai (la Repubblica, Sabato 16 gennaio 2009)
|