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Battisti. Il ritorno in libertà per una lettera di Cossiga
15/01/2009 - Corriere della Sera - Giovanni Bianconi  
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Battisti. Il ritorno in libertà per una lettera di Cossiga
Il retroscena Nella sentenza riprodotto un brano della missiva. «Me l' ha chiesta un' avvocatessa francese»
Il senatore: ho scritto che non è un criminale comune. Imbarazzo? No, lo pensoQuelli sono crimini politici I crimini che la sovversione di sinistra e l' eversione di destra hanno compiuto sono certamente crimini, ma non crimini comuni, bensì crimini politici
Libero anche per una lettera di Cossiga

«Buonasera, di che cosa vuole parlare?». Della mancata estradizione di Cesare Battisti, senatore Cossiga.
«Ah! Ma lo sa che in questa storia c' entro anch' io?». Sì, lo sappiamo.

E' scritto al punto 28 della decisione comunicata ieri dalle autorità brasiliane all' Italia. «Il ricorrente - si legge nel provvedimento del ministro della Giustizia verde-oro, laddove "ricorrente" significa proprio Battisti - ha presentato una lettera di Francesco Cossiga, influente politico italiano negli anni Settanta, che partecipò attivamente all' elaborazione delle leggi di emergenza italiane.

Oggi senatore della Repubblica, Cossiga attesta che i "sovversivi di sinistra" venivano considerati, nell' Italia degli "anni di piombo", come "semplici terroristi e talvolta come criminali comuni". L' autore della lettera sostiene, tuttavia, l' improprietà di questa classificazione attribuita al ricorrente». A seguire viene riprodotto un brano della missiva di Cossiga, che sembra rivolta agli stessi terroristi d' un tempo: «Voi tutti, di sinistra e di destra, eravate "rivoluzionari impotenti"; in particolare voi sovversivi di sinistra che credevate, con gli atti di terrorismo, non certo di poter "fare", ma di "innescare" la rivoluzione, secondo gli insegnamenti di Lenin che condannava in via di principio il terrorismo, ma che giustificava o meglio considerava utili e "legittimi", dal punto di vista del marxismo leninismo, gli atti di terrorismo solo se propedeutici alla rivoluzione o capaci di realizzarla. I crimini che la sovversione di sinistra e l' eversione di destra hanno compiuto sono certamente crimini, ma non certamente "crimini comuni", bensì "crimini politici"».

Ecco, senatore. Cesare Battisti, che pure lei chiama «terrorista», tornerà libero anche grazie a questa lettera. Imbarazzato? «No - risponde Cossiga -, perché mai? Io quelle cose le ho sempre pensate e dette, e dunque non potevo fare diversamente. Un giorno nella posta elettronica ho trovato il messaggio di un' avvocatessa francese che mi chiedeva di mettere per iscritto le posizioni che io avevo già tante volte sostenuto e che loro conoscevano bene, per allegarle agli atti della causa di Battisti in Brasile. Io l' ho fatto, tutto qui. Del resto in Italia continuiamo a rifiutarci di discutere sulle vere cause del terrorismo in Italia, per non arrivare a dire che i terroristi erano dei marxisti-leninisti, che provenivano dal Pci, e che...».

E' difficile frenare l' ex presidente della Repubblica, che dal «caso Battisti» arriva in un battibaleno al caso Moro, agli ex comunisti che oggi rinnegano la linea della fermezza («tranne D' Alema», precisa), al veto contro l' intervento dell' ex brigatista Morucci all' università di Roma «quando lui ha scontato la pena e può fare ciò che vuole», e tante altre cose. Ma oggi il problema è Battisti.

Un po' d' imbarazzo per quella lettera Francesco Cossiga potrebbe provarlo, ad esempio, davanti alle vittime degli attentati per i quali Battisti è stato condannato all' ergastolo. Uno è costretto da trent' anni su una sedia a rotelle. «Mi dispiace per lui - ribatte l' ex presidente -, ma io non devo spiegargli nulla. Io avrei voluto vedere Battisti in galera, ma se non ci siamo riusciti non mi si può chiedere di sostenere tesi diverse da quello che ho sempre sostenuto. Del resto ero pronto ad andare a deporre in Spagna al processo contro Batasuna, e se il procuratore non avesse ritirato le accuse sarei passato per difensore del capo del braccio politico dell' Eta...».

Indipendentisti baschi a parte, in Brasile la lettera di Cossiga è servita per arrivare a sostenere che l' ex militante del Proletari armati per il comunismo è paragonabile a un perseguitato politico; e che le leggi introdotte anche da lui, alla fine degli anni Settanta, hanno lasciato spazio ad abusi e processi ingiusti. Equazioni dalle quali Cossiga si chiama fuori: «Io non ho detto e non dico che Battisti è un perseguitato politico, ma che i suoi delitti sono politici. Quanto alle leggi, non è vero che furono antidemocratiche, e comunque non posso dirlo io che le ho scritte e firmate. Ma che ora l' Italia pensi a una protesta diplomatica mi fa ridere; se fossi il ministro brasiliano, davanti all' ambasciatore italiano che viene a chiedere conto della decisione lo prenderei a calci nel sedere...».

Prima della diplomazia italiana, però, il «caso Battisti» pone il problema dell' uscita dagli «anni di piombo», che sembra non arrivare mai, nonostante le posizioni di Cossiga. «I sequestratori e gli assassini di Aldo Moro sono tutti fuori - dice l' ex ministro dell' Interno dell' epoca - tranne Rita Algranati, che sono andati a riprendere in Algeria da pochi anni, solo perché gli era sfuggita prima. E' un' ingiustizia». Quindi lei è favorevole alla sempre citata ma mai realizzata «soluzione politica»? «Oggi non credo sia più possibile, la gente non capirebbe. Ma io ero favorevole pure all' amnistia, mentre i più contrari sono sempre stati i comunisti...».

Giovanni Bianconi (Corriere della Sera, 15 gennaio 2009)

 

       

 

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