«Il potere logora chi non ce l’ha» Mito e politica in una
massima eterna
Ancora convinto, a 90 anni, della sua battuta più famosa (anche se non sua) e
cioè che “Il potere logora chi non ce l’ha”? Giulio Andreotti dice di sì anzi
che questo detto ormai celebre e che lo identifica è quasi un paradigma della
vita politica. «Una massima eterna», risponde in un’intervista concessa
all’Ansa.
Presidente, 90 anni. Sul tabellone della tombola, questo numero indica la
paura. Lei ha paura, dopo tante prove, di qualcosa?
«Ho paura della cattiveria del prossimo contro la quale non c’è difesa».
Lei voleva fare il magistrato. Pentito di non averlo fatto? Avrebbe mandato a
processo Giulio Andreotti per concorso esterno con la mafia?
«Dovetti rinunciare perché il corso prevedeva la frequenza obbligatoria
all’Università. Mi dispiacque. Ma forse è stato meglio cosi. Comunque non avrei
mai incriminato un innocente».
Lei ha parlato più volte di un “suggeritore” dietro le accuse che le sono
state rivolte da diversi pentiti su mafia e omicidio Pecorelli. Nel tempo lei ha
indicato gli Usa, smentendo la cosa successivamente, Luciano Violante, i
narco-trafficanti che volevano vendicarsi delle scelte antimafia del suo
governo. Dopo qualche anno, cosa pensa della identità e degli obiettivi che
aveva il “suggeritore”?
«Volevano farmi fuori perché “ingombrante».
Visto che fra i tanti soprannomi che le hanno dato c’è anche quello di
Belzebù, chi tra i suoi nemici manderebbe all’inferno?
«Non spetta a me questo compito. Io posso solo, romanescamente, mandare “in quel
posto...”».
Il Divo a Cannes, Gomorra agli Oscar: pensa sempre, come all’epoca del
neorealismo, che il cinema italiano dia spesso una immagine dell’Italia che non
corrisponde al vero?
«Che il cinema si ispiri “anche” alla fantasia è più che naturale».
Lei nei suoi diari riporta una dinamica dell’uccisione di Aldo Moro diversa
da quella fatta propria dalla magistratura (“l’autopsia ha rivelato che Aldo è
stato ucciso ieri mattina alle 8 in macchina e gli hanno messo dopo la giacca”).
Questa stessa versione è stata raccontata da Monsignor Curioni, uno dei
sacerdoti utilizzati da Paolo VI per cercare di salvare il presidente della Dc.
Lei conferma questa versione? «La tesi mi sembrò credibile e chi l’aveva messa
in circolo non aveva interessi particolari da difendere».
Quest’anno cadono i 40 anni della strage di piazza Fontana. Lei ha detto che
nel suo diario, a quella data, ci sono interessanti annotazioni. È ora di
rivelarle?
«Non esistono»
Come trascorrerà, mercoledì, il suo 90º compleanno?
«Ringrazierò Dio in chiesa e starò con i miei, in famiglia».
Redazione OnLine (Corriere Canadese 12 gennaio 2009)
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