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Altre due conferme su via Gradoli
Di Manlio (del 25/05/2009 @ 14:56:17, in Storia, linkato 2215 volte)
Nel bel libro inchiesta di Stefania Limiti “L’Anello della Repubblica” (Chiarelettere) si fa riferimento alla richiesta da parte de L’Anello alla Nuova Camorra di Raffaele Cutolo (latitante durante il caso Moro) di fornire informazioni per individuare il luogo di prigionia dove le BR tenevano il Presidente DC Aldo Moro.
Nell’inchiesta della Limiti emerge chiaramente che, attraverso Cutolo, L’Anello individuò la prigione di Moro in via Gradoli e che pur essendo in grado di liberare il Presidente DC, la struttura fu fermata da “importanti politici nazionali”.

Tra le tante circostanze che sembrerebbero collocare la scoperta della prigione di Moro in via Gradoli, la Limiti porta la testimonianza della signora Franci  una delle inquiline del 96/B (palazzina accanto a quella dove fu scoperto il covo brigatista il 18 aprile ’78) che notò dei gruppi di 7-8 persone che stazionavano davanti all’ingresso del cancello di accesso alle due palazzine del civico 96 ed avevano tutta l’aria di fare da pali (per maggiori dettagli rimando alle pagine 198-199 del testo).
Il tutto poi si interruppe quando la notte tra il 4 ed il 5 aprile la signora sentì un gran traffico di persone che salivano e scendevano dalla scala A andando verso i garage trasportando cose pesanti. Il tutto durò circa tre ore e la signora, impaurita, restò pietrificata nel suo letto non avendo il coraggio di affacciarsi per vedere cosa stesse accadendo.

Ci sono altre due testimonianze raccolte dal Reparto Operativo dei Carabinieri che parlano di queste persone viste nei pressi dell’ingresso dello stabile in questione e che sembravano controllare il traffico in transito verso il palazzo, l’ingresso di via Gradoli o la scala in ferro che scendeva verso i garage.
La signora Sanciu ha riconosciuto tra i personaggi impegnati in queste attività i tre brigatisti Teodoro Spadaccini, Antonio Marini e Giovanni Lugnini arrestati nell’ambito della scoperta della tipografia di via Foa e riconosciuti in quanto il quotidiano “Il Tempo” ne aveva pubblicato le fotografie. La Sanciu ha anche precisato che essi stazionarono in via Gradoli dalla fine di marzo sino all’11-12 aprile.
Elias Chamoun, invece, non solo riconobbe sia Spadaccini che Lugnini ma si disse certo di aver visto più volte il primo a bordo di un’Alfa Romeo scura che transitava più volte da via Gradoli. Disse anche di aver visto più volte Lugnini in via Gradoli e riteneva che abitasse in quella strada proprio al civico 96 da almeno un anno, tanto che era solito legare un motorino “Ciao” ad un’anta del cancello d’ingresso. Agli inizi del mese di aprile l’amministratore ebbe a lamentarsi con il Lugnini di questa sua abitudine (Chamoun assistette alla scena da poco lontano) e a seguito di ciò non ebbe più modo di notare né la moto né la persona.

Due testimonianze chiave che si aggiungono a quelle ritrovate dalla Limiti e che ci raccontano di una strana attività di sorveglianza di cui godeva quel caseggiato al civico 96 di via Gradoli.
E’ un’attività insolita per le BR questa sorveglianza esterna. Stavano li per solo per proteggere una base strategica o perché accanto a quella base c’era un tesoro più importante da preservare?

Un’osservazione, a scanso di equivoci.
Ovvio che a quel gruppetto non potesse essere affidata un’attività di difesa militare in caso di blitz e quindi il loro compito non doveva essere quello di protezione fisica ma di tutela logistico-informativa di un sito e, soprattutto, delle persone cui a questi luoghi avevano accesso.
Una specie di "service h24" che poteva garantire la comunicazione ed il contatto continuo tra parti interne e/o esterne che, in quel periodo, avevano grande necessità di interagire…