Ancora una volta nel giro di pochi giorni, c'è chi se ne va in giro con la bomboletta a spray a tentare di emulare ciò che evidentemente ha avuto modo di leggere sui libri (perché dubito che possa trattarsi di persone che hanno vissuto quegli anni). E l'obiettivo, data la ricorrenza del 17 maggio, è ancora
Luigi Calabresi, ucciso proprio il 17 maggio del 1972.
Ecco, per la cronaca, i lanci delle principali agenzie nazionali
"È il secondo episodio a Milano in tre giorni: dopo la scritta 'Calabresi assassino' comparsa sul muro esterno della chiesa di Santa Francesca Romana vicino a corso Buenos Aires, ieri è stata imbrattata la targa dedicata al commissario Luigi Calabresi, ucciso nel 1972. Sulla lapide di via Cherubini, posta dal comune di Milano nel 2007, è stato disegnato un cerchio con una 'A' al centro. La scritta è stata subito rimossa dagli operatori dell'Amsa. Il vicesindaco e assessore alla Sicurezza
Riccardo De Corato ha commentato così l'atto vandalico: » Segnali come questo non devono essere sottovalutati«. (Fonte
ANSA)"
''Nella mattinata di ieri e' stata imbrattata la targa sulla lapide di via Cherubini dedicata al commissario Calabresi. Lapide che il Comune di Milano aveva scoperto nel maggio 2007. L'Amsa ha gia' provveduto a ripulire la scritta che recava un cerchio con una 'A' al centro''. Lo comunica
Riccardo De Corato, vice sindaco di Milano. ''A distanza di soli due giorni dalla vergognosa scritta apparsa su una chiesa, in piazza Santa Francesca Romana -sottolinea De Corato- questo ennesimo affronto non puo' che inquietare. E' evidente che in certi ambienti e' stato mal digerito l'alto gesto di valore morale di cui si e' reso protagonista il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha promosso uno storico incontro tra la vedova Pinelli e la vedova Calabresi''. In questo modo ''si continuano ad alimentare infamie, falsita' e doppie verita' -conclude De Corato- soffiando sul fuoco su vicende che dal punto di vista giudiziario e storico sono chiuse. Segnali come questo non devono essere sottovalutati: gli anni di piombo non arrivarono dal nulla, ma furono l'approdo di continui messaggi di odio che alla fine sfociarono nella caccia all'uomo con le spranghe''. Fonte
ADNKronos"
Ora a me poco interessa giudicare la gravità morale del fatto in se. Ma vorrei fare due considerazioni, una politica l'altra storica.
Quella
politica.
Gli anni di piombo, caro De Corato, non furono "l'approdo di continui messaggi di odio". Si vada a leggere la storia. Caso mai sono l'errata valutazione di un gruppo (neanche tanto esiguo) di giovani che lessero nel crescente clima di contestazione che stava alla base della società di allora e che coinvolgeva le lotte per la casa, per i servizi, per i diritti sul lavoro, per i diritti allo studio, al salario, e via dicendo, la possibilità che si potesse avviare un processo rivoluzionario. E, soprattutto, che tale processo poteva essere portato a compimento. Non alimentiamo il clima d'odio già pesante che viviamo di questi tempi, con paradossi come quello che una "A cerchiata" su una lapide potrebbe dare nuovo vigore a forze che spesso esistono solo nella mente chi ha interesse a strumentalizzare degli atti idioti e moralmente deprecabili.
Quella
storica.
Per l'omicidio Calabresi esiste una verità giudiziaria ma non ancora una verità storica. Allora vorrei proporre un gioco (e sottolineo che di gioco si tratta) per "vedere l'effetto che fa". Ipotizziamo che la verità vera sulla fine di Calabresi non sia stata ancora scritta. Che, per esempio, sia Pinelli che Calabresi (le cui vedove il Presidente Napolitano ha recentemente invitato al Quirinale come vittime del terrorismo) siano vittime di Stato, che siano morte per uno stesso motivo e che chi ha deciso la morte del primo sia stato, di fatto, il mandante dell'omicidio del secondo. Una provocazione, la mia. Ma riflettiamo sull'importanza di una verità diversa e sconvolgente rispetto a quella, più comoda e rassicurante, che conosciamo.
Ragioneremmo ancora così? Avremmo ancora degli idioti che a distanza di 37 anni imbrattano delle lapidi? O dei giovani (e vecchi nostalgici) che progettano attentati contro giuslavoristi? Dovremmo ancora invocare il pericolo terrorismo dietro ogni piccolo atto che oltre il teppismo è difficile catalogare?
Di certo vivremmo meglio. E allora non fermiamoci. Andiamo avanti e cerchiamole (e chiediamole) quelle verità di Stato che tutti sappiamo ma che nessuno ha le prove per smascherare. E parliamone, parliamone, e parliamone ancora.
Tutto sta a scoprirla la verità, non a scegliersela.