Il giudizio sui personaggi che sono stati protagonisti degli anni ’70 sembra essere, in Italia, alquanto relativo e fortemente dipendente dal momento politico e dal personaggio.
Abbiamo già visto come in occasione delle parole di
Patrizio Peci (
leggi) che si è definito vittima oltre che carnefice, nessuna associazione di vittime del terrorismo abbia avuto il coraggio di alzare un dito. Fermo restando il principio secondo il quale i morti sono tutti uguali ed ogni morto di quegli accadimenti è un morto di troppo, io mi sarei aspettato quanto meno una puntualizzazione che sottolineasse che, forse, la morte di
Roberto Peci dovrebbe essere considerata diversamente da quella di
Rosario Berardi o di
Fulvio Croce.
Se i familiari delle vittime hanno poco spazio sui media e rivendicano la possibilità di poter ribadire i propri punti di vista per tutelare la memoria di chi è stato ucciso mentre serviva lo Stato, brigatisti ed altri ex militanti di lotta armata sono spesso autori di libri, interviste ed ospiti di trasmissioni TV.
Su questo non ci trovo nulla di male. Lo trovo, anzi, utile per il Paese e per chi vuole conoscere meglio la storia attraverso le testimonianze personali di chi ha vissuto quel periodo da protagonista.
Semmai il problema è dei media e delle leggi di mercato alle quali editori e pubblicitari sono costretti a tenere in conto.
Ma che la storia di un protagonista in negativo di quegli anni come Licio Gelli diventasse prima un film prodotto dal colosso Sony Pictures e poi lo stesso Gelli voce narrante di una trasmissione “cucita” sul suo personaggio tanto da chiamarsi “
Venerabile Italia” che racconterà ai telespettatori la storia d'Italia fino agli anni '80, questo davvero non era ancora capitato.
A scanso di equivoci il mio giudizio sulla negatività del personaggio Gelli è derivante solo dall’aver collezionato alcune condanne definitive tra le quali
- procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato
- tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna
Secondo il mio metro di valutazione, si potrebbe parlare sia di
attività sovversiva che
copertura dei responsabili di una strage.
Di questi tempi, evidentemente, deve essere roba da poco.
Qualcuno potrà dire: “Ma se Gelli al pari di altri protagonisti, ha scontato il proprio conto con la giustizia non può essere considerato un libero cittadino ed in qualità di ciò svolgere le proprie attività senza doverne dare conto alla pubblica opinione?”
Verissimo. Salvo il particolare che Gelli, attualmente, si trova agli
arresti domiciliari presso la sua residenza di Villa Wanda in provincia di Arezzo dove sta scontando 12 anni per bancarotta fraudolenta (il crac del Banco Ambrosiano).
In pratica è nella stessa situazione di
Prospero Gallinari che sconta la sua pena ai domiciliari perché gravemente malato di cuore. Eppure se qualcuno avesse solo proposto l’idea di avvalersi di Gallinari come “voce narrante” di un documentario sulla sua esperienza di brigatista, immagino la valanga di proteste che si sarebbero abbattute.
Ma, a pensarci bene,
una spiegazione all’occhio di riguardo verso Licio Gelli c’è. Ed è stato proprio lui a fornircela qualche anno fa:
"
Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa" (Intervista a Repubblica del 28/09/2003
leggi).
Si, certo. Deve essere proprio per questo grande contributo che ha fornito al nostro benessere se per lui la legge della morale viene applicata con un metro di giudizio differente.