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Il mistero di Tobagi. Nascosta la carta che poteva salvarlo
A 28 anni dall'omicidio del giornalista del Corriere spunta un'altra verità: Marco Barbone era sorvegliato
Milano - Il killer Marco Barbone era sorvegliato dall'Antiterrorismo dal 5 giugno 1980, cioè una settimana dopo l'omicidio del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi. Lo afferma un appunto riservato consegnato dal generale Nicolò Bozzo al tribunale di Monza il 16 gennaio 2008. Ma la ricostruzione non collima con numerosi altri elementi emersi durante le indagini e nel corso del processo. ERA STATO AVVISATO In realtà un documento redatto il 13 dicembre 1979 dal brigadiere Covolo indica che «il gruppo sta operando in via Solari», esattamente dove abitava e dove è stato ucciso Tobagi. E, nel 1983, l'allora ministro dell'Interno del governo Craxi, Oscar Luigi Scalfaro, esibisce alla Camera dei Deputati proprio quel documento, di cui si negava addirittura l'esistenza. Mancano soltanto i nomi dei terroristi che però, secondo due deposizioni di Covolo, l'ultima del 22 settembre scorso, compaiono in una informativa successiva redatta da lui stesso nel gennaio 1980. Ma il generale Ruffino, allora capitano dell'antiterrorismo, nega di averla mai ricevuta. E allora, dove si trova attualmente l'informativa completa dei nomi? si chiede la deputata Elisabetta Zamparutti, parlamentare del Pd di area radicale, in un'interpellanza al presidente del Consiglio, al ministro della Giustizia e a quelli dell'Interno e della Difesa, per sapere se intendano «riscontrare i riferimenti espliciti e inequivocabili fatti da testi e imputati davanti al tribunale di Monza e - ad avviso dell'interpellante - colpevolmente trascurati, a partire dal contenuto delle informative secondo le quali si sarebbe saputo in anticipo di mesi i nomi dei terroristi che stavano progettando l'attentato a Tobagi e che poi effettivamente l'uccisero, per finire al contenuto del documento presentato dal generale Bozzo davanti al Tribunale di Monza nella udienza del 16 gennaio scorso secondo il quale gli sarebbero state date dai suoi superiori indicazioni per fornire, se interrogato dalla magistratura, la versione "concordata" sulle indagini». LA GRAFIA DI BARBONE LA CONFESSIONE C'è un ultimo particolare non coincide. E non è di scarso rilievo. Riguarda la "talpa" infiltrata nel partito armato. Durante tutti i processi Tobagi, è stato fatto notare che l'allora fonte Rocco Ricciardi aveva dato ben poche e non rilevanti notizie sul partito armato. E che dopo l'informativa del 13 dicembre 1979 non aveva praticamente più dato notizie. Lui stesso nel 1985, evidentemente ignorando il documento presentato da Bozzo, scrive in un suo memoriale dato alla magistratura di essersi limitato, sei mesi prima del delitto Tobagi, a ipotizzarlo, senza fornire altre notizie in seguito. Invece, nel 1984, con l'appunto riservato che doveva rimanere interno all'Arma dei Carabinieri, l'allora capitano Umberto Bonaventura raccomanda a Bozzo: «Pericoloso rivelare quale fosse l'O(rganizzazione) di cui la fonte parlava e pericoloso rispondere ad altre domande sul punto in quanto si correrebbe il rischio di rivelare indirettamente l'identità della fonte che è ancora attiva». Delle due l'una: o aveva smesso di collaborare già nel 1980 o nel 1984 era ancora un informatore. A questo punto, è d'obbligo che si accerti la verità, storica e giudiziaria.
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