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L'attrice francese si confida al settimanale
«A» in edicola La signora è sempre stata piuttosto originale. Sopra le righe, anticonformista, ribelle insomma. Come quando, nel coro di rimproveri agli apprezzamenti galanti rivolti da Silvio Berlusconi ad una gentildonna (quelli che fecero arrabbiare la moglie Veronica), fu l’unica a difenderlo: «Un uomo che dice alle donne sei bella, affascinante... bè, è solo un modo per alleggerire la vita». E pure stavolta una delle francesi più amate dagli italiani non si smentisce. «Per me Renato Curcio è un eroe» ha confidato candidamente al settimanale «A» (in edicola), intervistata da Cristiana di Sanmarzano. Non le è bastato. Ha aggiunto pure: «Ho sempre considerato il fenomeno Brigate rosse molto coinvolgente e passionale ». E sì, perché si sa che al di là delle Alpi il brigatista spesso riscuote un fascino particolare. Non per niente molti nostri connazionali ex br hanno scelto la Francia come terra d’elezione (e di fuga). Peccato che di qua ci siano famiglie che ancora piangono i loro morti. Ma quella del terrorismo italiano, spiega l’attrice musa di Truffaut, «era un’epoca in cui si sceglieva un campo, c’era chi prendeva fuoco e decideva che poteva ammazzare e farsi ammazzare». È tranchant la signora. Lei ama l’Italia. E la conosce bene avendola frequentata molto per motivi cinematografici (e non solo, l’italiano Fabio Conversi è il padre della sua terza figlia). E pure adesso si fa vedere spesso. Sarà nel prossimo film di Paolo Sorrentino Il divo sulla vita di Giulio Andreotti, e pure ne L’ora di punta, di Vincenzo Marra, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia tra qualche giorno. E la sua ultima lettura è Spingendo la notte più in là, di Mario Calabresi sulla morte del padre. Ricorda bene quegli anni bui Fanny Ardant, anzi sembra quasi rimpiangerli. Non furono troppo di piombo per lei però. «Quando ero giovane—racconta ancora — il vostro Paese era il massimo della democrazia per me, ogni legge si poteva discutere ». Oggi invece, «c’è un velo di opacità, gli unici interessi sono economici, come da noi in Francia, siamo tutti intrappolati dai divieti». E Fanny Ardant è un po’ allergica alle imposizioni, alle proibizioni. Per questo Curcio è il suo «eroe»: «Lui non è diventato un uomo d’affari», come è successo in Francia ai poeti del ’68, «ora sono i più grandi uomini d’affari!», si lamenta la francese che invece con vigore dice di non amare i soldi, «sporcano tutto, dico sempre che devono assicurare la tua libertà». Sbotta incredulo Michele Placido: «Nessun eroe, né Curcio né la Petrella!». È quasi senza parole nel sentire quelle della sua amica e compagna di tanti set comuni. «Lei è vissuta con quella cultura francese che legge la storia degli altri accecata dalla passione», riflette l’attore e regista pugliese. Lui sente particolarmente l’arresto dell’ex brigatista Marina Petrella, perché ha da pochissimo finito di girare la fiction Mediaset Il presidente sul sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, in tv il prossimo marzo. Lui è Aldo Moro. «Perciò dico che né Curcio né la Petrella sono eroi, anzi, forse loro per primi non si considerano tali, perché come diceva Brecht "ogni volta che si uccide un uomo si commette un crimine perché non c’è idea che possa valere la vita di un uomo"». E l’ideologia dei brigatisti «è stata un fallimento totale con le sue morti e il suo sangue». Non il fenomeno «coinvolgente e passionale» dell’Ardant? «Per i francesi è tutto un po’ romanzato— risponde Placido —, loro però non hanno vissuto il nostro terrorismo, non hanno avuto tutte le nostre vittime innocenti, e i brigatisti diventano eroi». Invece, «sono persone da poco sul piano umano, e su quello politico hanno del tutto fallito, sono intransigente su questo». Placido potrebbe affrontare un giorno il tema Br, lui che già ha parlato di mafia, criminalità e ’68 (ha appena finito di scrivere la sceneggiatura de Il grande sogno), girerebbe un film su quegli anni, «per cercare di capire, anche se sarebbe molto difficile». E alla amica Fanny dice: «Non si lasci accecare dalla passione». Ma lei è così, «la cosa che mi piace della vita è la sua enorme potenzialità di contraddizione, vivere è un rischio, non si può chiedere solo sicurezza ». Claudia Voltattorni - Corriere della Sera, 24 agosto 2007
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