Giornata della memoria per le vittime dello stragismo e del terrorismo
Lydia Franceschi Reti Invisibili
20 maggio 2007
Il 9 maggio, giornata della memoria per le vittime dello stragismo e del
terrorismo, voluta dal Parlamento, ha lasciato nel retro-cervello il ricordo
di centinaia di braccianti, operai studenti, intellettuali, semplici cittadini
che sono state vittime dell'uso indiscriminato delle forze di polizia durante
manifestazioni per i più elementari diritti umani, civili e politici. in
questa nostra Repubblica democratica nata dalla Resistenza.
Ho ascoltato, in varie occasioni, i discorsi ufficiali, gli interventi
politici al altissimo livello sull'importanza della nostra Costituzione e in
alcune di tali circostanze venivano ricordati i caduti per la patria, quelli
delle forze dell'ordine, le vittime sul lavoro, quelle del terrorismo di
ambedue le collocazioni politiche, dello stragismo, le vittime della strada,
della mafia, ecc.ecc... ma una categoria è sempre mancata: le vittime delle
forze dell'ordine.
Quando politici, magistrati, intellettuali discutevano sull'indulto sentivo le
perplessità che avevano rispetto al dolore dei parenti.
Mi sono chiesta e mi chiedo, soprattutto oggi dopo il 9 maggio, ma il dolore
appartiene solo a certe categorie di parenti?
Nell'Etica di questo Stato di Diritto noi parenti delle vittime delle forze
dell' ordine abbiamo il diritto al riconoscimento del nostro dolore oppure
siamo i reietti di questo paese?
Avevo ascoltato, alcuni anni or sono, l'intervento, alla Camera dei Deputati,
di una importante personalità politica che esortava a ricercare le ragioni che
avevano portato migliaia di ragazzi e di ragazze ad optare per la repubblica
di Salò nel lontano 1943, ma non ho sentito l'invito a ricercare le ragioni
per cui una intera generazione, quella del "68 per intenderci, è scesa in
piazza per contestare il tipo di sistema politico, economico, sociale,
giudiziario, culturale vigente in Italia senza prospettive e fortemente in
contraddizione con i più elementari principi costituzionali.
Mai ho sentito ricordare, da coloro che coprono alte cariche istituzionali, i
morti di Mussumeli, di Reggio Emilia, delle Fonderie Riunite di Modena, di
Avola, di Battipaglia, di Genova o il nome di Ardizzone, Pinelli, Saltarelli,
Serrantini, Franceschi, Giuseppe Tavecchio, Giannino Zibecchi, Giorgiana Masi,
Piero Bruno, Walter Rossi, Pierfrancesco Lo Russo...Carlo Giulian e tantissimi
altri giovani che hanno pagato con la vita l'ostinata caparbietà di non volere
una democrazia solamente formale.
Non erano questi giovani dei terroristi, non erano degli scalmanati, non erano
capipopolo, ma non erano neppure sudditi, erano giovani preparati e
consapevoli che volevano un mondo più giusto, dove la ricchezza non fosse
appannaggio di pochi, dove i bambini fossero rispettati e non sfruttati e dove
l'eguaglianza economica diventasse realtà per molti popoli.
Questi sono i cittadini italiani di cui non si parla mai o se ne parla per
criminalizzarli, facendo di ogni erba un fascio per bollarli e liquidarli come
pericolosi sovversivi. ESSI RAPPRESENTANO LA NON-MEMORIA DI QUESTA NAZIONE.
Afferma Sabina Rossa :" Manca nel nostro Paese una memoria storica collettiva
sugli anni dello stragismo e del terrorismo.
Manca la consapevolezza di ciò che ha significato e ha rappresentato il
terrorismo come pericolo per la democrazia.(...)
Terrorismo e stragismo di cui la storia ci restituisce tanti casi irrisolti,
tante vicende mai chiarite, tante, troppe famiglie che ancora oggi piangono i
loro cari senza conoscere i nomi dei loro assassini.
Occorre aprire un dibattito nelle scuole, nella cultura italiana, occorre
parlare ai giovani e raccontare loro che cosa è stato lo stragismo e il
terrorismo.(...)
I giovani studenti dovranno divenire i primi interlocutori di un processo di
chiarificazione storica ad oggi tutt 'altro che concluso.(...)"
Mi sia permesso risponderle:
La storia non potrà mai essere obiettiva se si accetteranno i buchi delle
memoria, se saremo circondati da notizie che non possiamo verificare, se si
cercherà di omettere o di cancellare le tracce che possono portare verso la
vera verità sui fatti di sangue che hanno caratterizzato il nostro Paese.
Noi parenti delle vittime delle forze dell'ordine, usate come braccio armato
dei potenti, chiediamo di non essere più le ombre degli scheletri dimenticati
nell'armadio degli orrori di questo Stato, di non essere più vittime di questo
assurdo sistema che smembra ed esaurisce, quotidianamente, le nostre energie,
che sfugge ad ogni tipo di spiegazione comprese quelle che cerchiamo
disperatamente di darci, un assurdo che non ci permette di vivere con pienezza
nessuno dei sentimenti umani come l'amore, il dolore e anche la ricerca di un
po' di felicità.
Vogliamo tornare ad essere cittadini nella pienezza dei diritti che la nostra
Costituzione ci garantisce ma che il sistema di potere ci nega.
Come potete entrare nelle scuole e parlare di stragismo e di terrorismo se non
presentate il quadro storico dove queste abominevoli deviazioni sono maturate
spesso con il consenso , tacito naturalmente, di chi doveva svolgere un
compito di educazione al senso civico delle coscienze dei giovani o prevenire
lo svilupparsi di situazioni di insofferenza e malcontento dovute a negligenza
o a tornaconto politico.
Uniamoci affinché il 12 dicembre diventi il giorno della memoria per quanti
hanno portato o portano il lutto per la morte e per la mancanza di verità
sulle circostanze che hanno determinato tali morti .
Finché il politici, i governanti, le alte cariche dello Stato non faranno
questo sforzo di coerenza con i principi costituzionali e di onestà
intellettuale cercando di divider persino i morti in categorie spendibili per
la loro propaganda il nostro Paese rimarrà con una democrazia non solo
incompiuta ma cieca, sorda e faziosa .
Non si conquistano così le nuove generazioni
Lydia Franceschi