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Progettavano attentato durante il G8 Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, si è congratulato con il Capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli, e con il questore di Roma, Giuseppe Caruso, per l’arresto di sei presunti terroristi appartenenti a un’organizzazione di stampo marxista-leninista. «L’operazione condotta questa mattina dalla Digos - ha dichiarato il ministro Maroni - è di eccezionale importanza, perché è stata impedita la riorganizzazione della lotta armata in Italia. Le persone arrestate, infatti, si accingevano a ricostituire una struttura operativa delle Brigate rosse, pronta a colpire con azioni eclatanti». Secondo gli inquirenti stavano organizzando un attentato in vista del G8 alla Maddalena. Così, il blitz della Digos di Roma in varie regioni d'Italia è scattato, questa mattina, dopo due anni d'indagini. Sei le persone finite in manette. I soggetti fermati dalla Digos sono ritenuti dagli inquirenti eredi delle vecchie Brigate Rosse, pronti a riprendere la lotta armata e a ricostruire il Partito Comunista Combattente. Nella capitale, sono finiti in carcere Luigi Fallico, 57 anni, ex esponente degli UCC negli anni Ottanta, Bruno Bellomonte, 60, rappresentante di spicco dell’indipendentismo sardo e Bernardino Vincenzi, 38. Nel capoluogo ligure invece le manette sono scattate ai polsi di Riccardo Porcile, 39 anni, e Gianfranco Zoia, 55, quest’ultimo raggiunto da un provvedimento di fermo emesso dalla procura e che dovrà essere convalidato dal gip di Genova. Arresti domiciliari, a Roma, per un anziano di cui ancora non si conosce il nome. I reati contestati, a vario titolo, vanno dall’associazione eversiva, alla banda armata, alla detenzione di armi. Gli indagati a piede libero, alcuni dei quali fermati a Milano per accertamenti o perquisiti, sono una quindicina. Secondo i magistrati della procura di Roma e gli agenti della Digos al lavoro dal 2007, questa operazione ha stroncato «sul nascere e sul crescere una formazione che si proponeva come erede del disegno eversivo sviluppato dalle Brigate Rosse». Ciò emergerebbe dal ritrovamento di armi, di documenti, cartacei e informatici e dal contenuto di intercettazioni ambientali. Tra questi Luigi Fallico, esponente delle brigate Rosse della prima generazione. SCHEDA: CHI E' LUIGI FALLICO - LE INTERCETTAZIONI Fallico è accusato dagli inquirenti di riannodare le fila della lotta armata. Negli anni ‘80, era comparso marginalmente in alcune inchieste su gruppi satelliti che ruotavano intorno alla brigate rosse. Nell’operazione sono coinvolti esponenti genovesi, di Milano e un sardo. Quest’ultimo e’ stato bloccato a Roma dove era arrivato per incontrare Fallico. Ai domiciliari e’ finita una persona anziana, perche’ trovata in possesso di alcune armi. Nel corso delle perquisizioni sarebbe stata scoperta anche una bomba. Ruotava dunque attorno alla sua figura il nuovo movimento eversivo che secondo Digos e procura di Roma intendeva perseguire un solco di continuità con le Brigate Rosse. Proprio Fallico, esponente negli anni Ottanta dell’Unione Comunisti Combattenti (era uno della colonna del Prenestino), avrebbe vantato «rapporti personali e diretti» con l’irriducibile Nadia Desdemona Lioce, reduce da due condanne definitive all’ergastolo per gli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi. «Un rivoluzionario non può riconoscersi in questo Stato e deve continuare la lotta fino a quando non muore. O sei dentro l'arco e riconosci questo Stato o invece dici di no ‘questo Stato non mi sta bene', lo voglio totalmente abbattere«. Sono parole di Luigi Fallico, intercettate il 9 febbraio scorso dalla Digos e riportate nelle ottanta pagine di custodia cautelare del gip Maurizio Caivano. Fallico, esponente dell’Ucc negli anni Ottanta, ha 57 anni e l’interlocutore gli ricorda che l’età ormai è quella che èe quasi lo provoca: "Ma tu la tua lotta non l’hai fatta?". E Fallico di rimando: "Io in pensione? Io in pensione nun ce vado, ce vado quanno moro. Ahò ma che a 50 anni vado in pensione?". L’altro ancora insiste, quasi a sfotterlo: "Ma non hai più la forza fisica per poterlo fare, gli anni della lotta li hai fatti". E l’irriducibile: "No! La lotta non finisce mai! Se sei rivoluzionario lo sei a vita". C’è poi un altro colloquio, intercettato dagli investigatori, tra Fallico e la sorella di Paolo Broccatelli, Stefania, nel negozio di cornici del presunto terrorista. I due commentano la decisione della Cassazione che ha prosciolto Broccatelli dal delitto del giuslavorista. "Belle notizie, eh?", esordisce Fallico e Stefania: "La Cassazione ha rigettato la richiesta della procura per mio fratello per i fatti di D’Antona". Fallico chiede informazioni sulla detenzione di Paolo e apprende che si trova a Catanzaro. Stefania gli dice: "Il fine pena è nel 2012 ma forse esce prima". I due parlano pure di Federica Saraceni, la brigatista condannata dalla Cassazione per l’omicidio D’Antona e commentano il fatto che tra i suoi avvocati (almeno inizialmente) ci fosse durante il processo il padre Luigi, ex magistrato. Fallico poi si raccomanda con Stefania "di salutagli Paolo", circostanza che, secondo la Digos, che presuppone una conoscenza tra i due. Nell’ordinanza sono trascritti i testi di alcuni messaggi criptati per i "recuperi strategici", lasciati nella segreteria telefonica del cellulare di Fallico: le telefonate sembrano partite da cabine telefoniche e ufficialmente fanno riferimento alla sua attività di corniciaio e venditore di quadri. "Mi servono diversi tipi di cornici - dice uno in un messaggio - le solite, quelle antiche 20 per 30" . "Ho telefonato - è il testo di un altro messaggio - per sapere se posso ritirare quei quadri, grazie a presto". Resto del Carlino 11 giugno 2009
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